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I PATTI PARASOCIALI NELLE START-UP INNOVATIVE

I patti parasociali nelle start-up innovative

Cosa sono e come si applicano alle start up innovative i patti parasociali tra governo societario e investimenti.

Ascolta la versione audio dell'articolo

I patti parasociali sono accordi sottoscritti tra tutti o parte dei soci con il fine di regolare gli assetti proprietari o di governo della società.  Si tratta di accordi “molto forti” che necessitano di un’attenta valutazione del socio prima di essere stipulati. 

Mediante la loro stipula si realizza un incontro di volontà tra i soci che vincola i soli sottoscrittori degli stessi e con cui è possibile adottare decisioni ed assumere obblighi in relazione a questioni rilevanti per la vita della società. 

Di seguito  analizziamo  natura generale e finalità dei patti parasociali, soffermandoci in dettaglio sull'applicazione  alle start  up innovative  nelle quali spesso accedono nella compagine societaria investitori con quote di minoranza, per i quali si rende necessaria una particolare attenzione nel bilanciamento degli  interessi  nel consiglio di amministrazione.

l'articolo è scritto dagli stessi autori di Guida operativa alla creazione di una Start up

L'articolo continua dopo la pubblicità

Per approfondire vedi il nuovissimo e-book, degli stessi autori, Guida operativa alla creazione di una Start up 

1) Patti parasociali: possibili utilizzi

Lo statuto è applicabile a chiunque acquisti la quota societaria, dunque ha una efficacia erga omnes, i patti parasociali invece non sono previsti all’interno del contratto sociale avendo così il vantaggio, per coloro che li stipulano, di non far conoscere a soggetti esterni l’esistenza del patto stesso ed il suo contenuto.

Attraverso i patti parasociali è possibile, ad esempio, creare dei limiti nel trasferimento di quote stabilendo appunto con una clausola di lock-up che per un dato periodo di tempo non è consentito vendere le quote, creando dunque un sindacato di blocco al fine di blindare la compagine societaria, oppure inserire clausole che regolano la circolazione delle azioni in favore dei soci fondatori (c.d. clausole di prelazione). Spesso sempre in un’ottica protezionistica è possibile che i paciscienti sottoscrivano degli accordi all’interno del patto sulla base dei quali l’ingresso di un nuovo socio è subordinato al gradimento da parte degli altri soci anche mediante la previsione di appositi requisiti.

In riferimento a quelli che sono gli accordi che regolano la composizione della compagine societaria, attraverso la regolamentazione della circolazione delle partecipazioni, è possibile che il patto parasociale contempli particolari tutele in favore della minoranza o della maggioranza nel caso di cessione della partecipazione a terzi (tag along e drag along). Spesso chi investe nelle società ha interesse a rivendere la quota per avere un certo ritorno senza però possedere l’intera partecipazione. In questo caso è necessario prevedere meccanismi che consentano di trascinare anche gli altri soci nella vendita delle partecipazioni in modo da cedere l’intero capitale sociale e valorizzare la partecipazione ceduta in quanto consente di avere il totale controllo della società al terzo acquirente.

Questo meccanismo di trascinamento, che è volto a favorire l’exit, può essere soggetto a limiti di tempo (ad esempio può essere esercitato prima di 5 anni dall’investimento) e a limiti monetari mediante la previsione di una soglia minima di prezzo che consente di esercitare il trascinamento. 

Sempre nell’ambito di una co-vendita forzata spesso nasce l’esigenza di tutelare un socio (che può essere anche l’investitore) nel caso in cui l’altro socio abbia la possibilità di vendere a terzi. Si pensi alla posizione dell’investitore nel caso in cui i soci fondatori riescano a liquidare la loro quota anche grazie ai suoi sforzi oppure ai soci fondatori che non hanno interesse a continuare la società con nuovi soggetti.

Si può dunque venire incontro a tali esigenze prevedendo nell’accordo parasociale la clausola di tag along con la quale si stabilisce che, in caso di offerta di acquisto da parte di un terzo verso un socio, quest’ultimo ha l’obbligo di procurare un’offerta di acquisto della partecipazione dell’altro socio proporzionale alla quota che il terzo intende acquistare.

Sotto il profilo della governance un patto parasociale può contemplare la composizione degli organi di gestione, le materie da attribuire a determinate figure ed il diritto di veto su determinate materie all’interno del consiglio di amministrazione e/o dell’assemblea dei soci.

2) Patti parasociali e organi amministrativi delle start up innovative

Più nello specifico assumono particolare rilevanza le clausole che determinano la composizione dell’organo amministrativo e quindi nel consiglio di amministrazione delle start-up innovative

In esse, come noto, accedono nella compagine societaria investitori con quote di minoranza. Pertanto, si pone il problema di bilanciare gli interessi dei fondatori che detengono la maggioranza con le esigenze di controllo degli investitori che rappresentano, in genere, la minoranza nel capitale sociale. 

Normalmente il cda sarà espressione degli equilibri societari e quindi, come in genere accade, saranno i fondatori ad avere la maggioranza mentre l’investitore avrà diritto ad esprimere un minor numero di consiglieri. Nel caso in cui gli investitori siano diversi non sarà possibile attribuire a tutti il diritto ad esprimere un consigliere nel consiglio di amministrazione. Ecco che in questo caso il patto può includere il diritto di alcuni soci investitori a designare un rappresentante presso l’organo di gestione con la facoltà di interloquire con gli amministratori e di informare i soci designanti senza però avere alcun potere gestorio.

L’organo amministrativo è dunque un luogo in cui gli equilibri e le dinamiche societarie trovano la loro espressione, ecco perché normalmente la sua disciplina è minuziosamente prevista nell’accordo parasociale e in particolar modo nelle start- up, laddove è nota l’esigenza del socio investitore di inserirsi nell’amministrazione della società affinché gli investimenti effettuati possano generare valore nel tempo. In tale ottica è frequente la prassi di inserire negli accordi parasociali un’elencazione esaustiva di materie le cui decisioni dovranno essere rimesse all’approvazione favorevole di un numero qualificato di amministratori. Si pensi ad esempio a quelle materie strategiche per la crescita della società come il business plan e gli obiettivi di investimento fissati oppure operazioni straordinarie che incidano sul business. In questi come in altri casi gli investitori pretendono che le decisioni debbano essere assunte con il voto favorevole degli amministratori da loro designati.

3) Patti parasociali e operazioni di investimento nelle start up

Come visto dunque, il contenuto di un patto parasociale è tipico e comune a tutte le società, tuttavia, nelle start-up innovative che come noto necessitano di investimenti da parte di fondi specializzati (venture capital) spesso il contenuto del patto comprende alcune dinamiche legate all’operazione di investimento.

Pertanto, specularmente all’accordo di investimento in cui l’investitore si impegna all’apporto di equity a fronte di un aumento di capitale si sottoscrive anche un patto parasociale il quale spesso confluisce nell’accordo di investimento stesso formando un unicum.

Una particolare clausola che accede al patto parasociale tra soci di una start-up innovativa può essere la c.d. clausola anti-diluizione. Lo scopo è quello di evitare l’effetto diluitivo della partecipazione di un socio di minoranza (un primo investitore) per effetto di nuovi aumenti di capitale a pagamento per favorire l’ingresso di un nuovo socio (secondo investitore) sulla base di una valorizzazione della società inferiore rispetto a quella di riferimento dell’investimento del socio di minoranza e cioè quindi del primo investitore. Tra i criteri più comuni per evitare l’effetto diluitivo vi è il c.d. full ratchet; si tratta di un meccanismo che prevede l’assegnazione al socio che gode della protezione  anti-diluitiva, all’atto del nuovo aumento di capitale, di tante azioni quante ne avrebbe ottenute se le partecipazioni che egli ha acquisto originariamente fossero state offerte al medesimo prezzo e senza operare alcun conferimento. Secondo questo criterio si protegge il primo investitore sulla base di un criterio non proporzionale di assegnazione delle partecipazioni che consente quindi di mantenere inalterato il peso della partecipazione nella società.

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