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QUADRO RW E PRESUNZIONE DI REDDITIVITÀ DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE ESTERE NON DICHIARATE

Quadro RW e presunzione di redditività delle attività finanziarie estere non dichiarate

La mancata dichiarazione di una attività detenuta all’estero comporta la quantificazione presuntiva del reddito di capitale, salvo prova contraria

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Il quadro RW del modello Redditi è quel quadro della dichiarazione annuale dedicata al monitoraggio fiscale: deve essere compilato “per indicare la consistenza delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero nel periodo d'imposta di riferimento”, usando le parole della Circolare numero 38/2013 dell’Agenzia delle Entrate.

In relazione alle attività di natura finanziaria, l’articolo 6 del DL 167/1990 ( denominato “Rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori”) stabilisce che “gli investimenti esteri e le attività estere di natura finanziaria, trasferiti o costituiti all'estero, senza che ne risultino dichiarati i redditi effettivi, si presumono, salvo prova contraria, fruttiferi in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d'imposta”.

Quindi, quando il contribuente non espone sul quadro RW del modello Redditi un’attività finanziaria detenuta all’estero, che avrebbe dovuto dichiarare, scatta la presunzione di fruttuosità della stessa, salvo prova contraria da parte del contribuente.

Ogni imposta, che sia a determinazione analitica o presuntiva (come in questo caso), si configura sempre come l’applicazione di una aliquota a una base imponibile.

L’articolo 6 del DL 167/1990 definisce con una certa precisione l’aliquota, pari al TUR, acronimo di Tasso Ufficiale di Riferimento; ma poco ci dice sulla base imponibile a cui applicare il tasso, costituita, con definizione generica, dall’attività estera o dall’investimento estero.

Le attività di natura finanziaria, per loro natura, sono tendenzialmente fluide: il loro ammontare sono la fotografia, in un determinato momento, della differenza tra flussi in entrata e flussi in uscita. Ciò, talvolta, e a seconda delle situazioni, può rendere difficile fotografare l’ammontare dell’attività finanziaria in un determinato momento, e di conseguenza definire la base imponibile su cui applicare il TUR.

Della base imponibile, nella situazione in trattazione, si occupa l’ordinanza numero 16701 della Corte di Cassazione, pubblicata il 14 giugno 2021: la Corte, partendo dalla constatazione che i redditi che derivano dalla presunzione di fruttuosità originano da una attività finanziaria, qualifica tali redditi come redditi di capitale, i quali, nell’ordinamento italiano, sono redditi lordi (per i quali non è prevista le possibilità per il contribuente di portare in diminuzione eventuali spese); sulla base di ciò, l’ordinanza considera corretto l’operato dell’Agenzia delle Entrate, che aveva costruito la base imponibile (su cui applicare l’aliquota) semplicemente sommando i flussi finanziari in entrata, a nulla potendo le doglianze del contribuente che aveva cercato di dimostrare minori consistenze finanziare, giustificate dal suo dispendioso tenore di vita.

Un quadro così delineato costituisce una configurazione particolarmente punitiva per il contribuente e basata su una doppia presunzione: un reddito presunto in base al TUR, e una quantificazione presunta del capitale detenuto all’estero (la base imponibile), da cui il contribuente può sfuggire solo fornendo prova contraria, cioè esibendo tutti i documenti necessari per la determinazione analitica ed effettiva del reddito estero non dichiarato.

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