News Pubblicata il 31/12/2021

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Malattia: cambio di indirizzo da comunicare anche all'azienda

Obbligo di comunicare eventuali cambi di residenza o domicilio non solo all'INPS ma anche al datore di lavoro : sentenza della Cassazione 36729-2021



Il dipendente che cambia domicilio o residenza durante la malattia è tenuto a comunicarlo al datore di lavoro, oltre che all'INPS. Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n.  36729 del 25 novembre 2021.

 Il caso analizzato riguardava  la dipendente  di una società che applica il CCNL Confcommercio,  licenziata per assenza ingiustificata dopo che era risultata assente a una visita INPS, sia per un errore dell'istituto che per la mancanza di informazioni  in azienda.

Il licenziamento veniva dichiarato nullo dal tribunale e la società condannata alla reintegra e al pagamento dell'indennità di 12 mensilità ( Art 18 comma 4 L. 300 1970)   mentre per la Corte di appello il rapporto di lavoro poteva essere risolto con la tutela dell'indennità risarcitoria di 15 mensilità (art 18 quinto comma L 300 1970)

La Corte territoriale riteneva  infatti che la comunicazione  della variazione del proprio indirizzo di reperibilità soltanto all'Inps e non anche al datore di lavoro, violasse l'art. 224  del CCNL di settore applicabile, infatti era   sanzionata disciplinarmente dall'art. 225  anche se solo con una multa. La Corte di appello considerava  rilevante  tale obbligo " in quanto rispondente alla finalità di consentire al datore di lavoro il pieno esercizio del potere di controllo (anche in periodo di congedo del lavoratore per malattia),  rispetto alla diversa finalità della comunicazione all'Inps, competente all'esecuzione concreta del controllo, in funzione della fruizione dal lavoratore dell'indennità di malattia, qualificabile piuttosto come onere" .

La decisione della Suprema Corte   accoglie parzialmente il ricorso della lavoratirce in particolare giudicando sproporzionata la sanzione del licenziamento , dato  che il  CCNL applicabile (nel caso di specie: art. 224 CCNL Commercio) prevede per tale violazione una sanzione conservativa (la multa):."Qualora il lavoratore abbia comunicato detta variazione all'Inps e la visita di controllo sia stata tentata a indirizzo diverso da quello correttamente comunicato per fatto dell'Istituto, deve essere esclusa la ricorrenza di un'assenza ingiustificata del lavoratore nei confronti del proprio datore, deve essergli applicata la tutela reintegratoria stabilita dall'art. 18, quarto comma, come novellato dalla legge n. 92/2012"

Nel contempo però  gli Ermellimi  confermano  quanto  enunciato  dalla corte territoriale sul fatto che  il datore di lavoro ha il diritto di conoscere l'indirizzo di effettiva reperibilità del lavoratore anche nei periodi di congedo  per consentire il pieno esercizio del  suo potere di controllo. La sentenza rimarca infatt che il datore di lavoro finche permane il vincolo di subordinazione, può "procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa e quindi a giustificare l'assenza, in difetto di una preclusione comportata dall'art. 5 I. 300/1970, in materia di divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore (Cass. 26 novembre 2014, n. 25162; Cass. 21 settembre 2016, n. 18507; Cass. 17 giugno 2020, n. 11697)."

Si ricorda che  è stato affermato dalla Cassazione anche   il potere del datore di effettuare controlli attraverso agenzie di investigazione che possono verificare lo svolgimento di altre attività lavorative durante la malattia , in possibile violazione dei i doveri di buona fede, collaborazione e correttezza nel rapporto di lavoro . 

Questo  il principio di diritto  affermato dalla Corte nella sentenza :"Anche durante il periodo dí congedo per malattia, il lavoratore è tenuto all'obbligo di reperibilità e pertanto a comunicare la variazione del relativo indirizzo al datore dí lavoro, permanendo il regime di subordinazione."

Fonte: Corte di Cassazione



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