News Pubblicata il 11/02/2021

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La piccola impresa deve dimostrare che accrediti e addebiti bancari non sono imponibili

Legittimo l’accertamento bancario se la ditta individuale in semplificata, per superare la presunzione legale, non ha fornito prova liberatoria analitica



La Corte di Cassazione con ordinanza n 27642 del 3 dicembre 2020 ha accolto il ricorso verso una ditta individuale presentato dalla agenzia delle Entrate che lamentava una violazione di legge delll'onere della prova (ex art 32, 51 DPR 633/72 E art 2696 codice civile).

La Cassazione in risposta al ricorso ha affermato che:

 “in tema di accertamenti bancari, … ove il contribuente fornisca prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti in modo da superare la presunzione di cui al DPR 600/1973 ART 32 , il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione delle suddette movimentazioni per categorie o per gruppi” 

Vediamo i dettagli

Ad una impresa individuale, un idraulico installatore, a seguito di un processo verbale (pvc) della Guardia di Finanza venivano rilevati:

Non trovando tali movimenti riscontro nella contabilità dell'impresa veniva emesso avviso di accertamento.

L'accertamento veniva annullato dalla CTP e dalla CTR che in particolare rilevava quanto segue:

L’Agenzia delle entrate aveva allora proposto ricorso in Cassazione per una violazione di legge in particolare degli articoli 51, Dpr n. 633/72, 32 Dpr n. 600/73, e 2696 codice civile, in quanto la sentenza della Commissione tributaria regionale aveva posto a carico dell’Ufficio un onere probatorio che gravava, invece, per legge sul contribuente.

Secondo la Cassazione è legittimo l’accertamento bancario se il contribuente, titolare di una ditta individuale, al fine di superare la presunzione legale di imputazione a ricavi dei prelevamenti e dei versamenti, non ha assolto all’onere di fornire la prova liberatoria analitica in relazione a ogni singola movimentazione e, nei gradi di merito, il giudice si è limitato ad una constatazione “parziale” delle stesse movimentazioni.
Vediamo le osservazione dalla pronuncia della Cassazione
L’articolo 32 del Dpr n. 600/1973 e l’articolo 51, comma 2, n. 2, del Dpr n. 633/1972, prevedono una presunzione legale relativa, in base alla quale vanno imputati a ricavi:

  1. sia i prelevamenti 
  2. che i versamenti 

operati su conti correnti. 

Sussiste per il legislatore un margine rilevante di probabilità che il contribuente si avvalga del conto corrente bancario per effettuare rimesse e prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività d’impresa. 

Qualora l’accertamento si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto ai sensi dell'articolo 32, comma 1, n. 2, Dpr n. 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dagli stessi conti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente (Cassazione, n. 4829/2015, n. 5758/2018 e n. 27110/2020). Spetta a quest’ultimo superare la presunzione legale dimostrando di aver tenuto conto nelle dichiarazioni:

La Cassazione ha affermato che il contribuente deve fornire una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cassazione n. 26768/2020).
Inoltre, il principio di analiticità della ‘prova contraria’ non risulta essere in contrasto con il regime di contabilità fiscale semplificata adottato dai contribuenti minori, tra i quali anche la piccola impresa, cui è consentito di beneficiare di semplificazioni  per la tenuta delle scritture contabili, ma di certo non in ordine al regime probatorio in materia di accertamenti bancari (Cassazione n. 5579/2019 e n. 5580/2019). 

Secondo i provvedimenti della Cassazione n 1519/2017 e n 29572/2018 gli  articoli 32 Dprn. 600/1973 e 51 Dpr n. 633/1972 trovano applicazione nei confronti della generalità dei contribuenti e non hanno rilievo, tra l’altro in questo caso specifico le limitazioni riscontrabili in presenza dei soli versamenti per compensi da lavoro autonomo.
All' onere di prova contraria che grava sul contribuente corrisponde l’obbligo del giudice di merito di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e di dare conto in sentenza delle risultanze della verifica.
Nel caso di specie la Commissione regionale si è limitata a constatare che il contribuente “con la documentazione presentata ha giustificato la gran parte delle voci in entrata e in uscita…” senza specificare:

Inoltre la stessa Commissione, riconoscendo esplicitamente che solo “gran parte” delle movimentazioni bancarie erano state giustificate, non ha esplicitato le ragioni sulla base delle quali ha escluso che il contribuente dovesse fornire la prova, posta a suo carico ex lege, per giustificare le movimentazioni rimanenti e di conseguenza, ha erroneamente confermato l’integrale annullamento dell’accertamento. 

Fonte: Fisco Oggi



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