Speciale Pubblicato il 05/09/2021

Tempo di lettura: 4 minuti

Finanziamenti titolare e presunzione ricavi in nero

di Pellecchia dott. Luigi

I finanziamenti per esigenze di cassa o il pagamento diretto di debiti dell'impresa da parte del titolare possono far presumere ricavi in nero



Nella gestione corrente di un'attività imprenditoriale può succedere che il titolare, per far fronte ad esigenze di cassa, effettui versamenti dal proprio conto personale a favore di quello dell'azienda con la registrazione in contabilità "Finanziamenti del Titolare", o addirittura saldi il debito dell'azienda direttamente dal proprio conto. Questi finanziamenti che supportano l'imprenditore per far fronte a temporanee carenze di liquidità, senza ricorre a prestiti ed indebitamenti, se   non sono giustificati sotto il profilo della provenienza  costituiscono senz'altro  un'atipicità contabile.

Inoltre, tale condotta, ha dei riflessi anche dal punto di vista tributario in quanto in fase  di accertamento analitico-induttivo, in linea generale, fa supporre la presenza di ricavi non registrati.

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Il punto della giurisprudenza sulla presunzione di ricavi

La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, ha avuto modo di dibattere su questo aspetto (Cass. sent. n. 25289 del 25.10.2017, Cass sent.26260 del 29/12/2010), rafforzando un filone giurisprudenziale che si è ormai formato e consolidato.   

L'origine della presunzione dei ricavi in nero può venire fuori in sede di controllo da parte degli organi di riferimento (AdE o GdF),o dall'attribuzione di un maggior reddito attribuito, o da un maggior gettito iva dovuto e non versato proprio a seguito dei maggiori ricavi non dichiarati.

La normativa fiscale di riferimento è il D.P.R. 600/1973 per le imposte sui redditi, in modo particolare l'art.39 c.1 lett.d recita come segue "se l'incompletezza, la falsita' o l'inesattezza degli elementi indicati  nella   dichiarazione  e  nei   relativi   allegati   risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre  verifiche  di cui all'articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e   veridicita'  delle  registrazioni   contabili  sulla  scorta   delle fatture e degli altri atti e documenti relativi  all'impresa   nonche' dei dati e delle notizie   raccolti  dall'ufficio  nei   modi  previsti dall'articolo 32.  L'esistenza   di  attivita'  non   dichiarate  o  la inesistenza di passivita' dichiarate e' desumibile anche  sulla  base di presunzioni  semplici,   purche'  queste  siano   gravi,  precise  e concordanti ".

In relazione all'imposta sul valore aggiunto,  il dettato normativo è il D.P.R. 633/1972 e all'Art 54 dispone "L'ufficio  dell'imposta  sul valore aggiunto procede alla rettifica della   dichiarazione  annuale   presentata  dal  contribuente   quando ritiene  che  ne   risulti un'imposta inferiore a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. 

L'infedeltà  della   dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal  contenuto   di  essa  o dal confronto con gli elementi di calcolo delle  liquidazioni  di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni  annuali,  deve   essere accertata mediante il confronto tra  gli   elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri  di  cui   agli  articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della  completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta  delle   fatture  ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture   contabili  e  degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti  negli  articoli   51  e  51-bis . 

Le omissioni e le false o inesatte  indicazioni  possono   essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni    semplici,   purchè   queste   siano  gravi,  precise   e concordanti. 

L'ufficio  può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla  previa   ispezione  della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato  nella  dichiarazione,  o   l'inesattezza  delle  indicazioni relative  alle   operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo   certo  e  diretto,   e  non  in  via presuntiva, da verbali, questionari  e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell'articolo  51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti   o  da   verbali  relativi  ad   ispezioni  eseguite  nei confronti di altri contribuenti, nonchè da altri atti e documenti in suo possesso".

Con la recente ordinanza della  Corte di Cassazione (la n° 7638 del 18/03/2021) è stato inoltre evidenziato che censurare l'operato dei giudici di merito perchè non è stata fatta una ricostruzione dei fatti concreta, non è ammissibile. Inoltre, nell'ambito della gestione economica di un'attività, la presenza di un saldo negativo di cassa generato da costi di entità superiore rispetto ai ricavi registrati, oltre ad essere un'anomalia contabile, fa certamente presumere la presenza di ricavi non contabilizzati, almeno nella misura del disavanzo stesso,   Cass. sent. n. 11988 del 31.05.2011.

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