Speciale Pubblicato il 21/06/2021

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Condominio, colonie feline e gattari: quali responsabilità

di Dott. Giuseppe Bordolli

Le colonie feline possono essere presenti nell’ambito di un condominio creando spesso discussioni e problemi. Vediamo a chi spettano decisioni, responsabilità, risarcimenti



Anche per i  condomini la presenza di colonie feline  può essere  importante per contenere il proliferare di topi e limitare le derattizzazioni, attività dispendiose e spesso inefficaci. Si può infatti mettere in atto attraverso i gatti  una sorta di derattizzazione naturale  per limitare questo problema. 

Le colonie feline: di che cosa si tratta

Le colonie feline sono riconosciute e tutelate dalla l. 14 agosto 1991, n. 281 (si tratta di una legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo che delega alle Regioni la possibilità di attuare i principi in essa contenuti tramite leggi regionali o provinciali). La “colonia felina” è composta da un gruppo di gatti (minimo due) che vivono in libertà e frequentano abitualmente lo stesso luogo. L'habitat di una colonia felina è, invece, il territorio urbano ed edificato o no, pubblico o privato, nel quale risulti vivere stabilmente la colonia felina, indipendentemente dal numero di soggetti che la compongono e dal fatto che sia accudita o meno da cittadini. 

Le colonie feline possono essere presenti anche nell’ambito di un condominio creando spesso  notevoli discussioni e problemi.

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Il gattaro e le sue responsabilità

Non è raro che un condomino accudisca (anche saltuariamente) per puro spirito umanitario e senza averne un ritorno economico, una colonia felina nella sua proprietà esclusiva.

Si consideri che, in ambito comunale, è prevista la tutela dei gatti liberi attraverso il riconoscimento del ruolo dei gattari attraverso un patentino e un corso, il divieto di ostacolare la corretta gestione delle colonie, il censimento dei gatti liberi.

Tuttavia (che sia dotato di patentino o meno) il gattaro è tenuto ad adottare tutte le necessarie precauzioni volte ad evitare disagi e problemi ai condomini. Del resto, attirare gatti randagi con ciotole di cibo può costituire molestia se i gatti non solo vagano nelle parti comuni ma si introducono negli appartamenti e relative pertinenze degli altri condomini, limitandone il possesso: in altre parole, sempreché non sia proibito dal regolamento, dare da mangiare ai gatti randagi non è vietato, ma è necessario adottare tutte le precauzioni idonee ad impedire che la presenza degli amici animali possa recare molestia al resto del condominio (App. Roma, Sezione IV civile, 29 aprile 2013).

L’intervento del Sindaco e la responsabilità penale

I gatti randagi si considerano come esseri viventi titolari di diritti quali la “vita” e la “cura”. Questi diritti incontrano il limite della salute pubblica.

 A tale proposito occorre rilevare che molto spesso le colonie feline vengono nel tempo trascurate dai gattari, causando gravi problemi igienico-sanitari all’interno del caseggiato. A seguito dell’esposto di una collettività condominiale e del conseguente sopralluogo spesso si scopre, ad esempio, la presenza di gatti denutriti, l’abbondante presenza di deiezioni, fonte di problemi igienico-sanitari, la mancanza di un’adeguata assistenza veterinaria per i gatti malati facenti parte della colonia, l’assenza di idonea recinzione atta ad impedire lo sconfinamento dei gatti e la presenza di altri animali attratti dal cibo abbandonato. In tali casi il Sindaco può imporre, a chi accudisce tali colonie animali, l'adozione di misure idonee a risolvere le eventuali criticità fonte di pericolo per l'igiene o per l'incolumità pubblica (Tar Sicilia 15 aprile 2021).

Infatti l'art. 54, comma 4, del Dlgs n. 267/2000 attribuisce al Sindaco, quale ufficiale del Governo, il potere di adottare "con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana".

L’Amministrazione soddisfa in tal modo esigenze di natura pubblicistica, di propria competenza, quali la prevenzione, l’igiene, la sanità e la salute pubblica, non ravvisandosi una violazione dei principi generali della ragionevolezza, della proporzionalità e dell'imparzialità. Naturalmente è pienamente legittima anche l'ordinanza contingibile e urgente adottata per ragioni igienico-sanitarie che, invece di richiedere al condomino gattaro misure volte a contenere gli inconvenienti igienico sanitari, arrivi a disporre lo spostamento di animali tenuti presso la residenza del proprietario in altro luogo idoneo. Del resto, il gattaro può essere riconosciuto responsabile del reato di getto pericoloso di cose (674 c.p.) se le esalazioni maleodoranti, provenienti dai luoghi in cui sono ricoverati animali in numero rilevante e promananti da escrementi prodotti dagli stessi, costituiscono offesa al benessere dei vicini, si tratta di grave pregiudizio per il tranquillo svolgimento della loro vita di relazione (Cass. pen., Sez. III, 22/11/2012, n. 49298: i giudici supremi hanno riconosciuto la responsabilità penale dell'imputata - condomina che deteneva, all'interno del proprio appartamento, 70 gatti in pessime condizioni igieniche).

Naturalmente, i condomini, a fronte di tali situazioni, non possono certo “farsi giustizia da sé” (procurando lesioni ai gatti o, addirittura, cercando di sopprimerli), perché, oltre alla condanna penale, rischiano anche il risarcimento dei danni morali.



TAG: Il condominio 2024