Speciale Pubblicato il 07/02/2018

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Fatture passive non annotate, l'IVA è detraibile

di Dott. Giuseppe Di Franco

La mancata annotazione/registrazione delle fatture passive non priva il contribuente del diritto alla detrazione d'imposta



Nel generale meccanismo dell’IVA, la detrazione dell’imposta ricopre un ruolo primario, rappresentandone un principio cardine. E l’attenzione per la numerosa casistica che negli anni si è generata sull’argomento è stata molto alta. Una situazione particolare, che è stata esaminata dalla giurisprudenza di legittimità, riguarda l’esercizio del diritto a detrazione nel caso in cui le fatture passive non risultano annotate nel registro degli acquisti.

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La detrazione dell’IVA

Nel nostro ordinamento, la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto è contenuta negli articoli nn. 19, 19-bis, 19-bis1, 19-bis2 e 19-ter del D.P.R. n. 633/1972.
L’esercizio alla detrazione dell’imposta, riconosciuto ai soggetti passivi (quindi i soggetti esercenti imprese, arti e professioni), fa sì che questi possano recuperare l’IVA addebitata (in via di rivalsa) da altri soggetti passivi (fornitori) a fronte di acquisti di beni o di servizi.
Affinché la detrazione dell’IVA possa essere esercitata, a mente dell’art. 25 del citato D.P.R. n. 633/1972 il contribuente deve: “numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’art. 17 e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta e comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.
A ciò si aggiunge che il terzo comma dell’art. 25 prevede una serie di adempimenti di ordine formale, sempre afferenti la registrazione delle fatture passive.
In tal senso, la norma tributaria precisa che dalla registrazione devono risultare:
- la data della fattura (o della bolletta doganale);
- il numero progressivo attribuito;
- la ditta, denominazione o ragione sociale del cedente del bene o del prestatore del servizio (o il nome e cognome del fornitore nel caso in cui non si tratti di un soggetto passivo);
- l’ammontare imponibile;
- l’ammontare dell’imposta.
Nonostante l’espressa previsione normativa, la mancata annotazione/registrazione delle fatture passive nel registro IVA degli acquisti, così come la mancata trasposizione delle fatture in formato digitale su supporto cartaceo, non priva il contribuente del diritto alla detrazione dell’imposta.

Le indicazioni giurisprudenziali

Come evidenziato anche nella recente circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (“Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”), la Corte di Cassazione, seguendo il medesimo crinale della giurisprudenza comunitaria, ha affermato che l’omessa annotazione delle fatture passive nel registro degli acquisti non incide sul diritto alla detrazione dell’imposta, a condizione che il contribuente possa dimostrare la sussistenza delle condizioni sostanziali alle quali è ricollegato tale diritto.
A livello comunitario la Corte di giustizia europea ha affermato che non può essere negato il diritto alla detrazione dell’IVA nel caso in cui il soggetto passivo detenga una fattura passiva che non soddisfi i requisiti formali previsti dalla Direttiva e nel contempo le Autorità tributarie nazionali dispongano delle informazioni necessarie per accertare i requisiti sostanziali riguardanti appunto il diritto a detrazione dell’imposta (Corte di giustizia europea, decisione 15 settembre 2016, C-516/14).
La Corte ha tra l’altro precisato, in un altro arresto, che l’inadempimento o l’inesatto adempimento di obblighi "formali" non legittima tuttavia gli Stati membri ad escludere il diritto alla detrazione laddove risultino osservati tutti gli obblighi "sostanziali", fatto salvo il caso in cui la violazione degli obblighi formali "implichi un rischio di perdite di entrate fiscali" o sottenda una operazione inficiata da frode fiscale, od integrante uso abusivo delle norme comunitarie (Corte giustizia sent. 8 maggio 2008, cause riunite C- 95 e 96/07).
A livello nazionale, la Corte di Cassazione, pur con interpretazioni altalenanti rilasciate negli anni sull’argomento, si è assestata sul solco della giurisprudenza comunitaria stabilendo prima (sentenza del 21 maggio 2014 n. 11168) che: “ove il contribuente non si attenga alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall'ordinamento interno, sarà onere dello stesso, a fronte della contestazione di omessa od irregolare tenuta delle scritture contabili (nella specie dei registri IVA dei corrispettivi e degli acquisti), fornire adeguata prova della esistenza delle "condizioni sostanziali" cui la normativa comunitaria ricollega la insorgenza del diritto a detrazione”.
Per gli ermellini ne consegue che: “la violazione dell'obbligo di annotazione progressiva delle fatture passive nel registro acquisto, nello specifico caso concreto, non è venuto ad incidere sulla prova della esistenza delle condizioni essenziali per l'esercizio del diritto a detrazione”.
Successivamente e specularmente i giudici di legittimità (sentenza del 24 settembre 2015 n. 18924) hanno affermato che: “il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione IVA deve individuarsi esclusivamente nella duplice condizione essenziale:

a) che la obbligazione avente ad oggetto la imposta dovuta in rivalsa, da portare in detrazione, sia stata adempiuta dal soggetto passivo ovvero, sia comunque divenuta esigibile (articolo 17, paragr. 1, 6 dirett. n. 388/1977; articolo 167, dirett. n. 112/2006);

b) che il soggetto passivo abbia destinato i beni e servizi acquistati/utilizzati per i quali è tenuto in rivalsa al pagamento della imposta, "ai fini di sue operazioni soggette ad imposta" (articolo 17, paragr. 2, 6 dirett. n. 388/1977; articolo 168, paragr. 1, dirett. n. 112/2006). Le altre formalità che caratterizzano le modalità' di esercizio del diritto rimangono estranee alla fattispecie costituiva del diritto a detrazione, configurando meri "obblighi formali a fini di controllo" (volti a prevenire ed eliminare il rischio di frode e di evasione) la cui violazione non autorizza affatto gli Stati membri "a precludere al soggetto passivo l'esercizio di tale diritto".



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