Speciale Pubblicato il 29/01/2018

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Web Tax: la nuova Imposta sulle transazioni digitali

di Baroni Dott. Alberto

La legge di stabilità 2018 ha istituito l’Imposta sulle transazioni digitali, meglio conosciuta come Web tax, vediamo le sue caratteristiche



La legge di stabilità 2018 (legge n. 205 del 27/12/2017) ha istituito l’Imposta sulle transazioni digitali, meglio conosciuta come Web tax (commi da 1011 a 1019).

Vediamo brevemente le sue caratteristiche, tenendo presente che alcuni aspetti operativi saranno stabiliti da un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze da emanarsi entro il 30/04/2018, e che la stessa imposta entrerà in vigore soltanto dal 1° gennaio successivo 2019.

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Natura dell'imposta e ambito soggettivo e oggettivo

Natura dell'imposta

Si tratta di un'imposta indiretta, del tipo Iva, che va a colpire le transazioni effettuate tramite internet o altre reti elettroniche, in modo che la prestazione nel suo insieme sia “essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione” (c. 1012) .

Ambito soggettivo

L'imposta sarà prelevata dall'acquirente/committente all'atto del pagamento del corrispettivo, con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto prestatore del servizio (residente o non residente), che diviene il contribuente di fatto. L'obbligo del prelievo è posto in capo al soggetto acquirente/committente purché rivesta la qualifica di sostituto d'imposta, come individuato dall'art. 23, comma 1 del Dpr 600/1973, ovvero sia una stabile organizzazione di soggetti non residenti. Sono tuttavia esclusi dall'obbligo del prelievo i soggetti che usufruiscono del regime forfettario di cui all'art. 1, commi da 54 a 89, della legge 190/2014, nonché i soggetti che usufruiscono del regime dei minimi di cui all'art. 27, commi 1 e 2, del decreto legge 98/2011 conv. in legge 111/2011 (c. 1011).

Il fatto che l'imposta “si applica nei confronti del soggetto prestatore” (c. 1013) ma “è prelevata … dai soggetti committenti dei servizi” (c. 1014) pare rendere preferibile l'identificazione del contribuente di diritto nel prestatore, mentre il committente funge da sostituto d'imposta.

L'imposta si applica indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione.

Restano dunque escluse dal campo di applicazione della Web tax le transazioni relative a prestazioni effettuate nei confronti dei privati cittadini che non rivestono la qualifica di sostituto d'imposta.

Ambito oggettivo

Come già detto, l'imposta va a colpire le transazioni effettuate via internet. Tuttavia la definizione del comma 1012 appare piuttosto generica, tanto che lo stesso comma demanda l'individuazione puntuale delle prestazioni oggetto dell'imposta ad un decreto del Ministro dell'Economia e finanze da emanarsi entro il 30/04/2018. La definizione sopra citata (che è tratta da vari documenti normativi Ue, es. articolo 7, comma 1 del Regolamento UE 282/2011) fa comunque salvo il commercio elettronico indiretto (off-line) (1) quello cioè per il quale il web funge da vetrina e da luogo di effettuazione dell'ordine di acquisto, svolgendosi poi la restante parte del contratto in forma tradizionale (prelievo bene dal magazzino, spedizione via canali usuali quali posta, corriere, etc.).

In altre parole, la nuova Web tax dovrebbe andare a colpire solo le prestazioni di servizi immateriali resi tramite canali informatici (pubblicità on line, web-hosting, download e similari).

Aliquota

L'imposta si applicherà nella misura del 3% del valore (Iva escluso) della singola transazione (c. 1013).

Esonero

L'imposta non si applicherà qualora i prestatori di servizi indichino (in fattura o altro documento idoneo, anche individuato in base all'emanando decreto Mef) di non superare le 3.000 transazioni in un anno (c. 1013).

Modalità applicative e commento

Modalità applicative

Fermo restando che l'imposta andrà versata entro il giorno 16 del mese successivo a quello del pagamento del corrispettivo, gli altri adempimenti (modalità versamento, dichiarazione, eventuali altri casi di esonero, ulteriori modalità di attuazione della nuova disciplina) saranno stabiliti con il già citato decreto Mef da emanarsi entro aprile 2018. Per quanto riguarda invece i profili di accertamento, sanzioni, riscossione e contenzioso, il comma 1016 specifica che si applicano le disposizioni Iva, per quanto compatibili.

Non viene specificato se gli obblighi dichiarativi incomberanno su entrambi i soggetti o solo su uno di essi. Il fatto che l'eventuale esonero debba essere indicato dal prestatore in fattura lascia comunque intuire che debba prevedersi una analoga ordinaria indicazione, sempre in fattura, dell'imposta dovuta, anche per consentire in contabilità la corrispondenza tra importo della fattura e importo riscosso. Ciò porta a presupporre che il prestatore sarà chiamato a dichiarare la Web tax di cui ha subìto il prelievo nel corso dell'esercizio.

Tuttavia anche il committente, in quanto soggetto versante dell'imposta all'erario, sarà comunque con tutta probabilità anch'esso chiamato ad assolvere degli obblighi dichiarativi circa la Web tax versata.

Profilo generale e commento

L'imposta si applicherà indistintamente alle prestazioni di servizi resi da imprese italiane ed estere. Il tributo, pur avendo la struttura di un'imposta indiretta (significativo in tal senso è rimando alla normativa Iva effettuato dal comma 1016), nasce in effetti quale strumento per prelevare quote di reddito ai soggetti non residenti che, attraverso la prestazione di servizi immateriali via Internet, producono profitti nel nostro paese senza pagare Irpef/Ires, in quanto privi di stabile organizzazione (2), anche se ciò andrà a costituire un appesantimento tributario per i contribuenti italiani che già pagavano l'Irpef/Ires sul proprio fatturato digitale. Per quanto concerne l'Iva, infatti, nei rapporti c.d. B2B (“business to business”: entrambi gli operatori sono soggetti passivi dell'imposta sui consumi) in cui l'acquirente è residente in Italia, l'Iva viene in ogni caso assolta nel nostro paese, sia in modalità classica (se il prestatore è anch'esso residente in Italia), sia nella modalità del reverse charge (se il prestatore è stabilito in un paese Ue o extra-Ue).

L'introduzione di tale nuova imposta è l'esito di un lungo dibattito sulla opportunità di tassare la web economy: significativa in tal senso è la dichiarazione congiunta dei ministri economici di Francia, Germania, Italia e Spagna del 9 settembre 2017. (3)

Questa tendenza politica trova inoltre significativo riscontro nel comma 1010 , il quale modificando l'art. 162 Tuir sulle stabili organizzazioni, introduce una nuova modalità di individuazione delle stesse, basato non più solamente su una presenza fisica nel territorio, bensì su “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.” (4)

E' evidente l'intenzione di dare rilevanza fiscale al volume d'affari del commercio elettronico diretto praticato dai soggetti non residenti, per prelevare imposte sui profitti che ne scaturiscono. Questa novella legislativa sarebbe già stata di per sé sufficiente per attrarre nelle maglie del fisco i profitti dei big del web, ma evidentemente le ipotetiche difficoltà pratiche relative ai contraddittori tra amministrazione finanziaria e companies sull'effettivo riconoscimento della predetta “significativa e continuativa presenza economica” hanno indotto il legislatore ad accompagnare tale provvedimento con l'istituzione di un tributo ad hoc, prelevato alla fonte.

La norma in esame presenta un aspetto controverso relativo al rispetto del principio costituzionale della capacità contributiva. Non viene previsto, quale parametro applicativo, il volume d'affari espresso in euro, bensì il parametro della quantità di transazioni effettuate (oltre 3.000); in tal modo, a seconda dell'importo delle singole transazioni, potrebbero verificarsi distorsioni tra soggetti assoggettati e non assoggettati (il numero delle transazioni, considerato da solo, non garantisce infatti equivalenza tra i volumi d'affari). Sarebbe stato in tal senso più opportuno fissare un importo in euro (al di sotto del quale l'imposta non fosse dovuta), quale parametro per i prestatori/venditori sulla base del volume d'affari dell'anno precedente, con possibilità tuttavia per gli stessi contribuenti di modificare la propria posizione in corso d'anno od alla fine dello stesso in relazione al volume d'affari effettivo (prevedendo la compensazione in F24).

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(1) Circa la distinzione tra commercio elettronico diretto e indiretto si veda Raffaele Pellino, “Il commercio elettronico: normativa e adempimenti” , in Fiscotasse.com, https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/11798-il-commercio-elettronico-normativa-e-adempimenti.html

(2) Come si evince da documentazione parlamentare, in http://www.camera.it/leg17/522?tema=evasione_fiscale#5053

(3)http://www.tesoro.it/inevidenza/article_0305.html

(4)Così la nuova lettera f-bis aggiunta al comma 2 dell'art. 162 Tuir.



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