Speciale Pubblicato il 17/03/2016

Tempo di lettura: 8 minuti

La nuova Società Benefit prevista dalla Legge di Stabilità 2016

di Baroni Dott. Alberto

Caratteristiche e perseguimento del beneficio comune nelle nuove società benefit, previste dalla Legge di Stabilità 2016



Come indicato nel comma 376 della Legge di Stabilità 2016, si tratta di un tipo di società che “nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.”

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Vediamo cosa si intende per beneficio comune e il suo perseguimento

Il beneficio comune può anche essere una riduzione di effetti negativi nei confronti dei soggetti e degli ambiti predetti.

Il perseguimento della finalità di beneficio comune deve essere indicato nell'oggetto sociale e la società può aggiungere alla propria denominazione le parole “società benefit” o anche semplicemente “SB”. Ciascuna delle società di cui al libro V, titolo V del codice civile (società semplice, società di persone, società di capitali) e titolo VI (società cooperative e mutue assicurazioni) può costituirsi oppure trasformarsi (previa modifica dello statuto e dell'oggetto sociale) in società benefit.

Le norme sopracitate non prevedono alcun vantaggio economico specifico per la società benefit in sé stessa (né minori imposte, né sussidi e/o contributi); tuttavia, con l'inclusione della finalità di beneficio comune nell'oggetto sociale, tali società fruiranno della deducibilità dal reddito d'impresa dei costi sostenuti per perseguire la predetta finalità, secondo le regole previste dalle norme fiscali applicabili per ciascun tipo societario.

Il perseguimento del beneficio comune deve avvenire “nell'esercizio di una attività economica”, bilanciando tale perseguimento con gli interessi dei soci e degli altri soggetti nei confronti dei quali la società possa avere un impatto. Tale beneficio pare dunque non necessariamente concretizzarsi in un “qualcosa” di distinto dall'attività principale dell'azienda, ma anche in un “come” l'attività imprenditoriale viene svolta, ammesso ovviamente di poter illustrare nell'oggetto sociale (e di comprovare ogni anno) che il modus operandi della società (per l'appunto il “come”) sia effettivamente in grado di procurare un beneficio comune.

La costituzione di una società benefit consente quindi di stabilizzare la vocazione al perseguimento del beneficio comune (essendo gli amministratori vincolati dall'oggetto sociale). Inoltre consente di far conoscere a tutti coloro che sono influenzati dall'attività sociale (a vario titolo ed in diversa misura: gli “stakeholders” ) che si ha a che fare con un'entità che non mira esclusivamente al profitto, ma anche ad uno o più interessi di utilità comune.
In aggiunta si ha un vantaggio economico, in termini di deducibilità dei costi specifici per il raggiungimento del beneficio comune.

Da quanto precede verrebbe da dire che la normativa sulle società benefit abbia, in un certo senso, la caratteristica di “legge-vetrina”, tale da consentire alla società orientata al profitto di distinguersi dalle altre imprese e farsi accreditare verso la comunità in modo più favorevole, presentandosi come ente la cui attività - in qualche misura - si riversa con effetti benefici verso uno o più soggetti da essa distinti.

In tal modo, quasi rispondendo ab origine alle istanze di CSR (Corporate Social Responsability, ovvero Responsabilità Sociale delle Imprese (1)) formulate dalla comunità e dalle istituzioni (e sempre più avvertite nel nostro contesto socio-economico), la società benefit potrebbe avere migliori possibilità di attirare capitale da parte di investitori “etici” (2), intendendo con tale termine tutti coloro che considerano elementi qualificanti dell'attività d'impresa (non solo la produzione di un profitto ma anche) il perseguimento di obiettivi concernenti adeguati standard di condizioni lavorative, corresponsione di equi compensi a dipendenti e fornitori, promozione e diffusione del benessere in azienda e sul territorio, riduzione dell'impatto ambientale, etc.

Con l'istituzione di tale modello societario il legislatore parrebbe dunque voler incentivare una gestione d'impresa informata dalla responsabilità sociale, elevando in tal modo – direttamente e/o indirettamente - la sensibilità degli imprenditori riguardo ai fini sociali dell'attività economica (richiamati dall'art. 41 della Costituzione).

La società benefit è tenuta a redigere annualmente una relazione, da allegare agli atti del bilancio, in cui si descrivono gli obiettivi perseguiti, le modalità di perseguimento degli stessi ed il loro grado di raggiungimento, la valutazione dell'impatto positivo generato, nonché una descrizione degli eventuali obiettivi da perseguire l'anno successivo.

Quanto alla valutazione dell'impatto, questa deve avvenire attraverso uno standard di valutazione le cui caratteristiche generali sono previste nell'allegato 4 alla legge di stabilità (3), e che sostanzialmente richiedono che lo standard sia “sviluppato da un ente che non è controllato dalla società benefit o collegato con la stessa” e che abbia caratteristiche di completezza, credibilità e trasparenza; inoltre la valutazione dell'impatto deve comprendere le aree definite dall'allegato 5 alla legge di stabilità (4), vale a dire governo d'impresa, lavoratori, altri portatori d'interesse ed ambiente.

La relazione ha molti punti di contatto con un bilancio sociale, soprattutto nella fase descrittiva dell'impatto generato dall'attività aziendale, misurato secondo le prescrizioni del citato allegato 5. Si può pertanto dire che anche la relazione della SB produce gli effetti del bilancio sociale, ossia contribuisce a rendere più trasparente la comunicazione, ad accrescere il valore della propria immagine, a rafforzare il marketing, ad irrobustire la propria legittimità nei confronti degli stakeholders. (5)

Qualora la società non persegua il beneficio comune, essa è assoggettata alle sanzioni previste in caso di pubblicità ingannevole (d. lvo n. 145/2007), nonché alle disposizioni sanzionatorie del codice del consumo (d. lvo n. 206/2005). L'Autorità garante della concorrenza e del mercato svolge i relativi compiti in ordine alle predette sanzioni.

Da quanto sopra esposto si può ritenere che il modello della società benefit possa risultare interessante per quegli imprenditori dotati di una mentalità di gestione aziendale orientata alla responsabilità sociale d'impresa e non solo al profitto. Fruendo in tal modo di un migliore apprezzamento da parte della comunità, potrebbe aversi un effetto-stimolo nei confronti del management delle realtà imprenditoriali meno attente alla responsabilità sociale d'impresa, magari alla lunga inducendole – per imitazione – ad adottare un diverso stile aziendale, anch'esso sensibile alle istanze di CSR ed alla realizzazione di benefici comuni originariamente non previsti dall'oggetto sociale.

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(1) Una prima definizione istituzionale di Responsabilità Sociale delle Imprese (e delle organizzazioni) o secondo l'acronimo inglese CSR, Corporate Social Responsibility, fu quella della Commissione UE del 2001 che così recitava: "l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate" (Commissione delle Comunità Europee, Libro Verde - Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese , 18 luglio 2001).
Tale definizione è stata recentemente innovata dalla stessa Commissione: la CSR è “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società" (Commissione delle Comunità Europee, Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese , n. 681, 25 ottobre 2011)

(2) Ad esempio i fondi d'investimento comune c.d. “etici”.

(3)“ Allegato 4: STANDARD DI VALUTAZIONE ESTERNO - Lo standard di valutazione esterno utilizzato dalla società benefit deve essere:
1. Esauriente e articolato nel valutare l'impatto della società e delle sue azioni nel perseguire la finalita' di beneficio comune nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse;
2. Sviluppato da un ente che non è controllato dalla società benefit o collegato con la stessa;
3. Credibile perchè sviluppato da un ente che:
a) ha accesso alle competenze necessarie per valutare l'impatto sociale e ambientale delle attivita' di una società nel suo complesso;
b) utilizza un approccio scientifico e multidisciplinare per sviluppare lo standard, prevedendo eventualmente anche un periodo di consultazione pubblica.
4. Trasparente perchè le informazioni che lo riguardano sono rese pubbliche, in particolare:
a) i criteri utilizzati per la misurazione dell'impatto sociale e ambientale delle attività di una società nel suo complesso;
b) le ponderazioni utilizzate per i diversi criteri previsti per la misurazione;
c) l'identità degli amministratori e l'organo di governo dell'ente che ha sviluppato e gestisce lo standard di valutazione;
d) il processo attraverso il quale vengono effettuate modifiche e aggiornamenti allo standard;
e) un resoconto delle entrate e delle fonti di sostegno finanziario dell'ente per escludere eventuali conflitti di interesse.” (legge n. 208 del 28/12/2015)

(4) “Allegato 5 - AREE DI VALUTAZIONE - La valutazione dell'impatto deve comprendere le seguenti aree di analisi:
1. Governo d'impresa, per valutare il grado di trasparenza e responsabilita' della societa' nel perseguimento delle finalita' di beneficio comune, con particolare attenzione allo scopo della societa', al livello di coinvolgimento dei portatori d'interesse, e al grado di trasparenza delle politiche e delle pratiche adottate dalla societa';
2. Lavoratori, per valutare le relazioni con i dipendenti e i collaboratori in termini di retribuzioni e benefit, formazione e opportunita' di crescita personale, qualita' dell'ambiente di lavoro, comunicazione interna, flessibilita' e sicurezza del lavoro;
3. Altri portatori d'interesse, per valutare le relazioni della societa' con i propri fornitori, con il territorio e le comunita' locali in cui opera, le azioni di volontariato, le donazioni, le attivita' culturali e sociali, e ogni azione di supporto allo sviluppo locale e della propria catena di fornitura;
4. Ambiente, per valutare gli impatti della societa', con una prospettiva di ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, in termini di utilizzo di risorse, energia, materie prime, processi produttivi, processi logistici e di distribuzione, uso e consumo e fine vita.” (legge n. 208 del 28/12/2015)

(5) Cfr. LAPERUTA L. (a cura di), Compendio di Scienza dell'amministrazione , III ed. 2005, Edizioni Simone, Napoli, pag. 78.



TAG: Terzo Settore e non profit