Con l'entrata in vigore del Titolo X del Codice del Terzo Settore prevista per il 1° gennaio 2026, subordinata all'autorizzazione della Commissione Europea finalmente intervenuta con la comfort letter dell'8 marzo 2025, il sistema fiscale degli Enti del Terzo Settore subisce una trasformazione radicale.
Si abbandona definitivamente l'impianto normativo precedente, costituito dal TUIR e dalla Legge 398/91, per approdare a un regime che sposta l'attenzione dalla mera qualifica soggettiva dell'ente alla valutazione oggettiva e analitica delle modalità operative con cui l'attività viene concretamente esercitata.
Al centro di questa rivoluzione copernicana si colloca l'articolo 79 del D.Lgs. 117/2017, che introduce il cosiddetto "Test di Commercialità": uno strumento matematico-contabile determinante per stabilire se un ETS debba essere considerato fiscalmente come ente non commerciale, beneficiando del regime agevolato e della decommercializzazione dei corrispettivi, oppure come ente commerciale, con conseguente assoggettamento all'IRES secondo le regole ordinarie.
Il cambio di paradigma non è meramente tecnico: rappresenta il riconoscimento legislativo del fatto che la meritevolezza fiscale di un ente non profit non può più fondarsi esclusivamente sulla sua natura giuridica o sulla formulazione statutaria, ma deve radicarsi nelle concrete modalità di gestione economica. Un'associazione culturale che genera sistematicamente margini rilevanti dalla propria attività, pur perseguendo finalità ideali, opera di fatto in regime di concorrenza con gli operatori commerciali e, come tale, deve essere trattata fiscalmente. (...)
L'articolo 79, commi 2 e 2-bis, del CTS introduce il criterio fondamentale per la qualificazione delle attività di interesse generale come non commerciali: i corrispettivi non devono superare i costi effettivi, con una soglia di tolleranza pari al 6%.
Tale margine, originariamente fissato al 5% dal legislatore del 2017, è stato innalzato al 6% dal D.L. 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito con L. 122/2022, al fine di garantire maggiore flessibilità gestionale agli enti.
Per ciascuna attività di interesse generale, l'ETS deve verificare annualmente la seguente disuguaglianza:
Corrispettivi ≤ Costi Effettivi × 1,06
Oppure, in forma equivalente:
Corrispettivi / Costi Effettivi < 1,06
Dove i termini della formula assumono i seguenti significati specifici:
- corrispettivi: ricavi derivanti da prestazioni di servizi o cessione di beni nell'ambito delle attività ex art. 5 (rette, biglietti, tariffe, quote di partecipazione), al netto di contributi pubblici, quote associative e donazioni.
- costi Effettivi: somma di costi diretti, costi indiretti imputabili, costi generali e di struttura, costi finanziari e tributari, nonché i costi figurativi (valore delle risorse gratuite).
Per comprendere appieno l'impatto del test di commercialità sulla gestione degli ETS, si propone l'analisi di un caso pratico relativo a un'Associazione di Promozione Sociale che organizza corsi di formazione culturale, attività rientrante nell'articolo 5, lettera d), del CTS.
Scenario A: senza valorizzazione dei costi figurativi
Voce | Importo |
|---|---|
Ricavi da corsi (Corrispettivi) | € 45.000 |
Costi monetari (affitto, rimborsi, materiali) | € 40.000 |
Margine reale | + € 5.000 |
Verifica del Test:
Soglia di tolleranza (6% sui costi): € 40.000 × 6% = € 2.400
Limite massimo ricavi ammissibili: € 40.000 + € 2.400 = € 42.400
Rapporto: € 45.000 / € 40.000 = 1,125 (superiore a 1,06)
Esito: I corrispettivi (€ 45.000) superano il limite ammissibile (€ 42.400). L'attività si configura come COMMERCIALE e l'avanzo di € 5.000 è soggetto a tassazione IRES.
Su blastonline.it leggi l'articolo integrale di Pamela Rinci con approfondimenti e altri esempi
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