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PATTO DI NON CONCORRENZA NULLO SE IL COMPENSO È INADEGUATO

2 minuti, Redazione , 29/10/2018

Patto di non concorrenza nullo se il compenso è inadeguato

Una sentenza del Giudice del lavoro di Perugia evidenzia che il compenso per il patto di non concorrenza non può basarsi sull'anzianità del rapporto di lavoro

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Il patto di non concorrenza firmato da un lavoratore  sulla limitazione alla sua eventuale attività dopo la cessazione del rapporto di lavoro è nullo se il compenso pattuito non è adeguato al sacrificio richiesto  e se non è determinato al momento della pattuizione 

Lo ha affermato il Tribunale di  Perugia, sez. lavoro, nella sentenza n. 369 del 10 Ottobre 2018  ricordando  che l'art. 2125 c.c prevede che "il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo." 

Nel caso specifico ha affermato  la nullità di un  patto di non concorrenza post contrattuale  che prevedeva

  1. il divieto di svolgere "attività di promozione, di vendita, di assistenza tecnica e comunque in generale attività commerciale in concorrenza con quella svolta dalla stessa società, sia in proprio che in collaborazione con altri, sia in forma subordinata che autonoma o associata, e quindi in alcun modo o forma e neppure per interposta persona e in generale con alcun comportamento o alcun rapporto di qualunque natura",
  2.  che il patto aveva "validità per l'intero territorio nazionale ed in tale ambito per tutta la clientela, già sussistente o potenziale, della società e per tutti i prodotti dalla stessa commercializzati o commercializzabili nell'ambito merceologico dei prodotti per l'alimentazione animale";
  3.  che tale patto prevedeva, in caso di violazione, il pagamento di una penale pari 18 mensilità della retribuzione lorda;
  4.  che il patto prevedeva, quale corrispettivo, l'erogazione di una somma lorda annua pari a E 7.000,00 erogata, in frazioni mensili di E 500,00 per quattordici mensilità;
  5.  che il rapporto di lavoro è cessato a seguito di dimissioni del convenuto;
  6. che questi ha violato il patto in quanto ha immediatamente intrapreso un nuovo rapporto lavorativo con un’altra società, in diretta concorrenza con la ricorrente.

Il compenso per il patto era dunque  collegato all'anzianità del lavoratore  e pertanto non rispondeva al requisito di determinabilità imposto dagli artt. 1346 e 2125 c.c.. La determinabilità della prestazione, ha affermato il giudice,   "va infatti valutato ex ante, dovendo, peraltro, risultare congruo rispetto al sacrificio imposto al lavoratore. Risulta, invece, indeterminabile un corrispettivo legato essenzialmente alla durata del rapporto lavorativo e, quindi, ad una variabile incerta e indeterminabile al momento della stipulazione del patto".  Viene anche condivisa una sentenza del tribunale di Milano  che ribadiva lo stesso principio  per cui  la " variabile legata alla durata del rapporto di lavoro conferisce al patto un inammissibile elemento di aleatorietà e indeterminatezza e (...)  finisce di fatto per attribuire a tale corrispettivo la funzione di premiare la fedeltà del lavoratore, anziché di compensarlo per il sacrificio derivante dalla stipulazione del patto" .

Tag: LAVORO DIPENDENTE LAVORO DIPENDENTE LA RUBRICA DEL LAVORO LA RUBRICA DEL LAVORO GIURISPRUDENZA GIURISPRUDENZA

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