Con Risposta a interpello n 10 del 24 gennaio si chiarisce che la variazione della categoria catastale dell'immobile rileva solo ai fini del riconoscimento della natura abitativa dell'immobile e al conseguente utilizzo dello stesso come abitazione principale per la maggior parte del periodo di tempo intercorrente tra l'acquisto (o costruzione) dell'immobile e la successiva rivendita.
Nel caso di specie l'agenzia evidenzia che eventuali plusvalenze derivanti dalla vendita dell'immobile non sono imponibili ex articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir dato che, il cambio di categoria catastale effettuato «senza opere», non rileva ai fini del computo del quinquennio indicato nella norma sulla plusvalenza in quanto, non configura né l'«acquisto» né la «costruzione» dell'immobile.
In altre parole, la vendita dell'immobile, avvenuta più di 5 anni dopo il suo acquisto, ma a meno di 5 anni dalla variazione catastale, non configura né acquisto né costruzione e, pertanto, è irrilevante ai fini del computo del quinquennio.
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1) Cambio categoria catastale: non rileva per la plusvalenza da cessione prima dei 5 anni
L'Istante dichiara di essere proprietario di un immobile accatastato in categoria catastale C/2 che, tre anni dopo, è stato oggetto di una «variazione per il cambio di destinazione d'uso da magazzino a civile abitazione con intervento SENZA OPERE».
In particolare, in base al permesso di costruire «PDC Permesso di costruire CAMBIO D'USO SENZA OPERE DA DEPOSITO/RICOVERO ATTREZZI IN CIVILE ABITAZIONE» rilasciato dal Comune competente, l'immobile è stato oggetto di due rettifiche di «errore di calcolo dell'altezza media del corpo più basso», che hanno comportato altrettante rettifiche della volumetria dell'immobile.
L'Istante ha manifestato l'intenzione di vendere l'immobile e, in seguito a specifica richiesta di chiarimenti, ha chiarito di voler sottoscrivere «un preliminare (non ancora sottoscritto!!!) con un probabile acquirente che corrisponderebbe un importo di caparra confirmatoria pari a circa il 10% dell'importo della vendita».
Tanto premesso, chiede se l'eventuale plusvalenza derivante dalla compravendita è assoggettabile a tassazione ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) e, in particolare se, ai fini del computo del quinquennio indicato nella norma, rilevi la data di acquisto dell'immobile o quella di cambio di destinazione d'uso da magazzino a civile abitazione nonché l'incasso di una caparra confirmatoria.
L'agenzia replica che ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 sono redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, «le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.».
In base a tale disposizione, pertanto, le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immobili sono redditi diversi se la cessione è effettuata prima del decorso di un quinquennio dall'acquisto o dalla costruzione dell'immobile.
Con la risoluzione 31 maggio 2007, n. 105/E, con specifico riferimento alla verifica del periodo di utilizzo dell'immobile quale abitazione principale ai fini dell'esclusione dalla tassazione della plusvalenza derivante dalla vendita dell'immobile medesimo, è stato chiarito che «non assume rilievo l'utilizzazione di fatto diversa dalla classificazione catastale, come esempio l'uso ad ufficio di una unità immobiliare classificata nella categoria A2. Per la determinazione del concetto di idoneità del fabbricato o porzione di fabbricato, non sono, quindi, utilizzabili parametri di ordine soggettivo, riferiti cioè a valutazioni connesse con le composizioni del nucleo familiare e con qualsiasi tipo di esigenza dell'acquirente».
Da ciò deriva, quindi, che un immobile oggetto di modifica catastale da C2 ad A7 «possa essere considerato idoneo all'uso abitativo solo dalla data in cui sia stato effettivamente iscritto nella categoria catastale A7»
In sostanza, la variazione della categoria catastale dell'immobile rileva solo ai fini del riconoscimento della natura abitativa dell'immobile medesimo e al conseguente utilizzo dello stesso come abitazione principale per la maggior parte del periodo di tempo intercorrente tra l'acquisto (o costruzione) dell'immobile e la successiva rivendita.
Ciò al fine di applicare l'esclusione della tassazione della plusvalenza derivante dalla vendita dell'immobile, indipendentemente dal decorso del quinquennio dall'acquisto o dalla costruzione, qualora l'immobile sia stato adibito, per la maggior parte del periodo intercorrente tra l'acquisto o costruzione e la vendita, ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Nel caso di specie quindi l'agenzia evidenzia che eventuali plusvalenze derivanti dalla vendita dell'immobile non sono imponibili ex articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir atteso che, in base ai principi e alla normativa sopra richiamata, il cambio di categoria catastale rappresentato in istanza, effettuato «senza opere», non rileva ai fini del computo del quinquennio indicato nella norma in quanto, come sopra precisato, non configura né l'«acquisto» né la «costruzione» dell'immobile
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