Secondo la Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, Ordinanza n. 5611 del 3 marzo 2025), i permessi previsti dall’art. 33, comma 3, della Legge 104/1992 non necessitano di autorizzazione da parte del datore di lavoro. Tuttavia, anche se non esiste un obbligo esplicito di "richiedere" il permesso, il lavoratore è tenuto a comunicare l'intenzione di usufruirne, per consentire al datore di lavoro di organizzare l’attività lavorativa.
La sentenza ha stabilito che l’eventuale mancata comunicazione non può automaticamente essere equiparata a un’assenza ingiustificata, salvo specifiche previsioni contrattuali. Nel caso concreto esaminato dalla Corte, la mancata comunicazione del lavoratore non è stata considerata motivo valido per il licenziamento, poiché non era prevista né dalla legge né dal CCNL applicato.
La decisione della Cassazione conferma quindi che, pur non essendo richiesta un’autorizzazione, la comunicazione è un dovere derivante dai principi generali di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro, ma la sua omissione non equivale automaticamente a un’assenza ingiustificata.
Di seguito vediamo più in dettaglio la vicenda e la massima della Suprema Corte.
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1) Permessi 104 e licenziamento per mancata comunicazione: Il caso
Il caso riguarda un lavoratore dipendente di una Srl, licenziato per assenza ingiustificata dal lavoro nel periodo dall’8 al 16 aprile 2020. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo di aver usufruito dei permessi ex art. 33, comma 3, della Legge 104/92, in particolare dei 12 giorni aggiuntivi concessi dal Decreto "Cura Italia" (D.L. 18/2020) per l'assistenza a un familiare disabile.
La società, ritenendo che il lavoratore non avesse comunicato formalmente la fruizione dei permessi, ha equiparato la sua assenza a un’assenza ingiustificata e ha proceduto al licenziamento disciplinare.
Nel giudizio di Primo Grado il Tribunale di Mantova ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento. Secondo il Tribunale:
- La mancata comunicazione della fruizione dei permessi 104 configurava un'assenza ingiustificata.
- L’azienda aveva diritto di sanzionare il lavoratore, equiparando tale assenza a un’assenza arbitraria dal lavoro.
- Il licenziamento era dunque giustificato.
In seguito la Corte d’Appello ha invece ribaltato la decisione del Tribunale e ha accolto il ricorso del lavoratore, annullando il licenziamento e condannando la società alla reintegrazione del lavoratore e al risarcimento di 12 mensilità. La Corte ha ritenuto che:
- I permessi ex art. 33, co. 3, L. 104/92 non necessitano di autorizzazione del datore di lavoro.
- La legge e il CCNL applicato (Autotrasporto Merci e Logistica) non prevedono specifiche modalità di comunicazione della fruizione di tali permessi.
- Il lavoratore aveva comunque un obbligo di informare il datore di lavoro per consentire l’organizzazione aziendale, ma la mancata comunicazione non poteva essere automaticamente equiparata a un’assenza ingiustificata.
- L’assenza del lavoratore era giustificata dal fatto che la sua fruizione dei permessi era comunque deducibile dalle circostanze (es. il contatto con l’azienda a fine marzo per l’utilizzo dei 12 giorni aggiuntivi previsti dal decreto "Cura Italia").
2) Permessi 104 e licenziamento: la sentenza della Cassazione
La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando il ricorso della Srl.
In particolare, ha chiarito che:
- Non esiste un obbligo di autorizzazione per i permessi 104, ma il lavoratore è tenuto a comunicare la loro fruizione per ragioni di correttezza e buona fede.
- L’assenza del lavoratore non era ingiustificata, poiché il licenziamento era basato esclusivamente sulla mancata comunicazione della fruizione dei permessi, e non sulla loro legittimità.
- Non era legittimo equiparare automaticamente la mancata comunicazione a un’assenza ingiustificata, poiché né la legge né il CCNL disciplinavano le modalità e le tempistiche di comunicazione di tali permessi.
- L’azienda era comunque a conoscenza della situazione, perché il lavoratore aveva già discusso con la società la possibilità di usufruire dei 12 giorni aggiuntivi concessi dal decreto "Cura Italia".
- La sanzione del licenziamento era sproporzionata, in quanto al massimo si poteva configurare una violazione del dovere di comunicazione, che non giustificava un provvedimento così grave.
La Cassazione ha definitivamente stabilito che la mancata comunicazione della fruizione dei permessi 104 non equivale automaticamente a un’assenza ingiustificata e che il licenziamento del lavoratore era illegittimo.
Il lavoratore ha ottenuto la reintegrazione e il risarcimento economico, mentre la società è stata condannata anche al pagamento delle spese legali.
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3) La Massima di Cassazione 5611 2025
Il lavoratore che usufruisce dei permessi ex legge 104/92 è tenuto a comunicare al datore di lavoro la propria assenza, anche se non è necessario ottenere una previa autorizzazione. Tale comunicazione, seppur non formalmente disciplinata né dalla legge né dal contratto collettivo applicabile, è dovuta in base ai generali doveri di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro. L'assenza di un'espressa disposizione contrattuale o legale che preveda l'equiparazione tra mancata comunicazione e assenza ingiustificata rende il licenziamento per tale motivazione illegittimo
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