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LA RAPPRESENTANZA IN DOGANA NELLA RIFORMA DEL D.LGS. 141.24: FORME, ISTITUTI, EVOLUZIONE

La rappresentanza in dogana nella riforma del d.lgs. 141.24: forme, istituti, evoluzione

La rappresentanza doganale nel D.Lgs. 141/2024: abilitazione, responsabilità e nuovi equilibri dichiarante–autorità doganale

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Gli schemi della rappresentanza in dogana determinano le reali forme di responsabilità per l’obbligazione doganale, sia per dazio, sia per IVA ed altri diritti di confine, e sono stati profondamente modificati dalla riforma del diritto nazionale doganale. Per questo la loro profonda conoscenza determina forme di tutela preventiva per il player del commercio internazionale, a cominciare dai profili contrattuali che regolano i rapporti tra rappresentante e rappresentato per quanto attiene alle responsabilità erariali e per quelle professionali.

1) Introduzione – il setting dell’operatività doganale

La questione della rappresentanza in dogana è uno dei temi più discussi e complessi in materia di diritto doganale, perché il sistema di tutela delle risorse proprie e di quelle interne intende individuare anzitutto il soggetto o i soggetti responsabili per l’obbligazione tributaria e, di seguito, mantiene tradizionalmente un approccio estremamente rigoroso che, oltre ai dazi, viene ormai esteso anche all’IVA ed agli altri diritti di confine, come ridefiniti in sede di riforma doganale con il D.Lgs. n. 141 del 2024 (recante le Disposizioni Nazionali Complementari al Codice Doganale dell’UE – DNC).

In questo contesto, così come si individua in ogni sistema doganale, un ruolo preminente è dunque quello svolto dal customs broker, ossia dal doganalista intermediario che, a determinate condizioni, è il soggetto che viene chiamato in solidarietà per il pagamento dei tributi.

Precedendo dapprima dal piano nazionale, occorre richiamare qui le recenti disposizioni della riforma doganale italiana, varata con l’adozione del D.Lgs. n. 141 del 2024, che ha confermato anzitutto il setting unionale previsto dal Reg. UE n. 952 del 2013 (CDU), dove per la gestione delle formalità di importazione (ed esportazione), chiunque può farsi assistere da un terzo soggetto, distinguendosi la rappresentanza in diretta (si agisce "in nome e per conto" del rappresentato, unico responsabile) ed indiretta (si agisce "in nome proprio per conto" del rappresentato, con responsabilità solidale tra rappresentante e rappresentato). 

2) La rappresentanza in dogana – regole e sviluppi

In questo contesto, la Riforma nazionale ha inteso ridefinire alcuni aspetti di particolare rilievo e che, essenzialmente, sono riconducibili a due temi: (i) le modalità e le condizioni di accesso, ora per abilitazione rilasciata dall’Agenzia Dogane Monopoli, alla rappresentanza diretta; (ii) l’individuazione dei tributi sui quali insiste un regime di potenziale solidarietà.

Quanto al primo tema, nel solco della continuità, il sistema correttamente continua a riconoscere le figure privilegiate del rapporto doganale, ossia i doganalisti, i Centri di Assistenza Doganale (CAD) e i soggetti AEO, seppure si giunga oggi alla generale apertura e liberalizzazione della rappresentanza (cfr. Determinazione Direttoriale Agenzia Dogane Monopoli n. 506849/25), diretta ed indiretta. 

In altre parole, mentre la rappresentanza indiretta è libera ed esercitabile da chiunque, la seconda è riservata ai soggetti abilitati, tra i quali, però, oltre ai tradizionali doganalisti e CAD, si annoverano ora i soggetti AEO e tutti coloro che offrono sufficienti garanzie di professionalità e capacità, come declinate dall’autorità doganale nel provvedimento citato.

Si giunge dunque ad una apertura che, nel panorama nazionale, non ha mai avuto precedenti e che consente la rappresentanza diretta sostanzialmente in maniera liberalizzata, senza restrizione soggettiva alcuna, salvo il necessario processo di abilitazione incardinato all’interno dell’amministrazione finanziaria; tuttavia, è anche vero che, poste queste premesse, non è tanto nella forma di rappresentanza che si gioca la partita di rilievo per quanto attiene all’evoluzione del ruolo del dichiarante, che si deve oggi misurare con le novità previste dal Codice doganale ed in corso di forte analisi in questa fase storica di riforma del diritto doganale UE.

Il riferimento è, anzitutto, all’attuazione dell’art. 19 CDU, che conferisce la possibilità di essere abilitati a prestare i servizi di sdoganamento in uno Stato membro diverso da quello in cui si è stabiliti; allo sdoganamento centralizzato, per cui le dichiarazioni doganali sono presentate nel luogo in cui un operatore ha sede, pur essendo le merci presso una dogana di confine; all’istituto dell’iscrizione nelle scritture del dichiarante, che modificherà radicalmente il rapporto doganale, muovendolo dalla base dichiarativa a quella contabile, ritenendosi una dichiarazione in dogana accettata al momento dell'iscrizione delle merci nelle scritture, che diventeranno il centro del rapporto tra imprese e data hub doganale UE.

Quanto al secondo tema, relativo all’individuazione dei tributi sui quali insiste un regime di potenziale solidarietà, non può non rilevarsi il carattere senz’altro più rigoroso, introdotto dalla riforma, del sistema di responsabilità degli operatori impegnati negli scambi internazionali, dove si registra un generale inasprimento delle sanzioni doganali, con ipotesi di riconoscimento di maggiori fattispecie penalmente rilevanti e misure accessorie, come la confisca, sempre attuali, e dove l’obbligazione solidale è ora attivabile sia per i dazi, sia per gli altri diritti di confine, tra i quali si annovera l’IVA (come annoverata dall’articolo 27 dell’all. 1 del D.Lgs. 141.24 tra i diritti di confine). 

Qui è l’art. 30 DNC a rilevare, allorquando dispone che, per i diritti di confine, i soggetti obbligati al pagamento sono individuati in base alla normativa doganale unionale che regola l’obbligazione doganale, norma questa esplicitamente prevista per rispondere al principio (ormai superato) enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, 12 maggio 2022, causa C-714/20, con cui è stato affermato che “l’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta”.

Il warning, però, resta tutto sulla configurazione della responsabilità, perché l’individuazione dei soggetti passivi dell’obbligazione doganale è effettuata in conformità alla corrispondente disciplina unionale di cui agli articoli 77, 78 e 79 del codice doganale dell’Unione, norme particolarmente rigorose e che spesso rischiano di essere utilizzate in forme iper-estensive della responsabilità, che possono arrivare a chiamare in solido anche il dichiarante rappresentante diretto.

In altre parole, non sempre la rappresentanza diretta esclude la solidarietà e, prima ancora, non sempre si rende eseguibile; questo perché, per esercitarla, occorre che il rappresentato sia stabilito nell’UE, che accetti tale modalità di esecuzione dell’operazione, che non si verifichino ipotesi di estensione della responsabilità ex art. 79.3 CDU, che esista un mandato corretto e completo o, ancora, che i regimi siano puntualmente appurati ed eseguiti, come per le ipotesi di utilizzo di regimi di esenzione dei dazi e anche solo dell’IVA, come per il deposito IVA o per le operazioni in regime 42, ossia con trasferimento diretto dalla dogana al territorio di altro stato membro.

3) Il ruolo del mandato

Questa complessità rende necessario valorizzare il rapporto contrattuale (ossia, il mandato) tra dichiarante e soggetto rappresentato, atto che è l’unica vera possibilità per gestire correttamente il rapporto pubblico e quello privato, derivanti da un’operazione doganale.

A norma dell’art. 31 DNC, in coerenza con il dato normativo UE (cfr. art. 18 e ss. CDU), per l’espletamento di procedure e adempimenti previsti dalla normativa doganale si può agire personalmente o avvalendosi di un rappresentante doganale che esercita il suo potere sulla base di un contratto di mandato, che può essere con o senza rappresentanza. In particolare, come sopra diffusamente illustrato, la rappresentanza doganale, diretta e indiretta, e i poteri del rappresentante sono definiti dalla normativa unionale.

L’atto principale, dunque, che regolamenta il rapporto tra rappresentante e rappresentato è il mandato che, quando conferisce il potere di spendita del nome, deve avere forma scritta e puntuale individuazione dei poteri conferiti. 

Questo atto ha, anzitutto, effetti di tipo, per così dire, pubblicistico, nei rapporti con l’autorità. L’art. 19 CDU, del resto, è chiaro nel rammentare che, nei rapporti con le autorità doganali, il rappresentante doganale dichiara di agire per conto della persona rappresentata e precisa se la rappresentanza è diretta o indiretta, mentre le persone che non dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali o che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali senza disporre del potere di rappresentanza sono considerate agire in nome proprio e per proprio conto. A ciò si aggiunga che le autorità doganali possono imporre alle persone che dichiarano di agire in veste di rappresentanti doganali di fornire le prove della delega conferita loro dalla persona rappresentata. 

A ciò si aggiungano, per qualunque forma di rappresentanza utilizzata, i profili civilistici, ossia privati, tra le parti, che possono ovviamente – come avviene in ogni rapporto professionale, fiduciario e/o tra mandante e mandatario – eccepire forme di errore, negligenza, o responsabilità per le modalità con le quali si dà seguito ed esecuzione ad un contratto.

 

Fonte immagine: Foto di Yvonne Huijbens da Pixabay
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