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CONCORDATO SEMPLIFICATO: TASSAZIONE SOPRAVVENIENZE DA ESDEBITAZIONE

Concordato semplificato: tassazione sopravvenienze da esdebitazione

Sopravvenienze da esdebitazione nel concordato semplificato: cosa cambia con la nuova detassazione

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Le sopravvenienze attive generate da esdebitazione sono uno snodo cruciale nella fiscalità della crisi d’impresa. 

Una lettura sistematica, rivolta a chi assiste imprese in crisi, curatori, advisor e consulenti fiscali.

1) Il quadro di partenza: art. 88, comma 4-ter, TUIR e nuovi strumenti della crisi

L’articolo 88, comma 4-ter, TUIR disciplina il trattamento fiscale delle sopravvenienze attive derivanti da esdebitazione in sede di procedure concorsuali e strumenti di regolazione della crisi.

La struttura è nota: il primo periodo prevede la detassazione integrale delle sopravvenienze da riduzione dei debiti in sede di concordato fallimentare e concordato preventivo liquidatorio, nonché di procedure estere equivalenti; il secondo periodo introduce un regime di detassazione parziale per le sopravvenienze da concordato “di risanamento”, accordi di ristrutturazione omologati e piani attestati, imponendo il concorso al reddito solo per la parte eccedente perdite, ACE e interessi passivi deducibili. 

Su questo impianto, nato in epoca pre–Codice della crisi, si sono innestati dal 2021 in avanti nuovi istituti: 

  • composizione negoziata, 
  • concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio,
  • piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, 
  • concordato minore.

L’articolo 88 non è stato però contestualmente aggiornato, se si eccettua il rinvio operato alla composizione negoziata tramite l’articolo 14, comma 5, del D.L. 118/2021 prima, e l’articolo 25-bis, comma 5, CCII poi, che hanno esteso il regime di detassazione alle sopravvenienze da esdebitazione conseguite tramite determinati contratti o accordi pubblicati nel registro delle imprese. 

Il concordato semplificato liquidatorio è rimasto invece fuori dal testo dell’articolo 88, comma 4-ter.

Il punto è tutt’altro che marginale: parliamo di una procedura giudiziale concepita proprio come esito estremo della composizione negoziata, alternativa alla liquidazione giudiziale e funzionale a produrre un effetto esdebitatorio controllato dal tribunale. 

Da qui il nodo: le sopravvenienze da esdebitazione generate dal concordato semplificato sono imponibili oppure possono beneficiare del regime di detassazione previsto per i concordati liquidatori?

2) L’interpello 179/2025: la posizione dell’Agenzia e il rischio di “non convenienza” fiscale

Con la risposta a interpello n. 179 del 7 luglio 2025, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che le sopravvenienze attive da esdebitazione derivanti dall’omologazione di un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio non rientrano nell’ambito applicativo dell’articolo 88, comma 4-ter, TUIR. 

L’argomento è formalmente lineare: la norma non menziona tale istituto, né il legislatore ha ancora provveduto a inserirlo espressamente, a differenza di quanto fatto, per esempio, per gli accordi connessi alla composizione negoziata.

In assenza di un chiaro rinvio testuale, l’Agenzia ritiene di non poter applicare in via estensiva o analogica il regime di detassazione a una procedura non contemplata

La conseguenza pratica, nella ricostruzione dell’Amministrazione, è che le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti generate in sede di concordato semplificato concorrono integralmente a formare il reddito d’impresa secondo le regole ordinarie. 

Ciò determina un evidente cortocircuito sistemico. 

Il concordato semplificato può essere omologato solo se non arreca pregiudizio ai creditori rispetto alla liquidazione giudiziale, e se assicura a questi un trattamento non deteriore in termini di soddisfacimento.

Tuttavia, se la riduzione dei debiti genera sopravvenienze imponibili, il debitore deve destinare una quota delle risorse disponibili al pagamento delle imposte, riducendo il montante distribuibile ai creditori.

In termini economici, a parità di valori di liquidazione, il concordato semplificato diverrebbe meno conveniente per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale, proprio per l’effetto distorsivo della tassazione delle sopravvenienze. Si arriverebbe così a un paradosso: uno strumento pensato per evitare la liquidazione giudiziale diverrebbe, per effetto della fiscalità, sistematicamente non omologabile perché peggiorativo per i creditori. 

È questo il punto su cui dottrina e operatori hanno concentrato le critiche, sottolineando l’incoerenza tra la funzione dell’istituto e l’impostazione dell’interpello.

3) La natura del concordato semplificato liquidatorio: tra “concordato giudiziale” e procedura autonoma

Per capire dove stia il problema (e come ne esce il legislatore) occorre interrogarsi sulla natura del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. 

In una prima fase, sulla base della Relazione al D.L. 118/2021, sembrava naturale ricondurlo nell’alveo delle tipologie di concordato preventivo, come species di un genus già noto.

La stessa Relazione lo definiva “nuova tipologia di concordato preventivo”, affiancando gli strumenti della composizione negoziata ai rimedi disciplinati allora dalla legge fallimentare. 

Su questa linea, si sarebbe potuto sostenere che l’articolo 88, comma 4-ter, già si applicasse anche al concordato semplificato, qualificabile come concordato preventivo liquidatorio a struttura semplificata. 

La detassazione delle sopravvenienze attive da esdebitazione sarebbe stata il riflesso naturale della funzione liquidatoria del concordato, concepito per riassorbire il deficit patrimoniale e non per generare nuova capacità contributiva. 

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha colto le specificità procedurali del concordato semplificato, riconoscendone l’autonomia strutturale rispetto al concordato preventivo. 

L’ordinanza Cass. 9730/2023 ha individuato alcune caratteristiche che ne segnano la differenza: accesso subordinato al previo esperimento della composizione negoziata; assenza di fase di ammissione e di voto dei creditori; ausiliario in luogo del commissario giudiziale; esclusiva finalità liquidatoria; regime semplificato di controllo giudiziale. Il concordato semplificato viene così collocato tra le procedure concorsuali autonome, pur restando un “concordato giudiziale” soggetto a omologazione. 

Questo dato, paradossalmente, ha contribuito a rafforzare la posizione prudenziale dell’Agenzia nell’interpello: se il concordato semplificato è diverso dal concordato preventivo, e se l’articolo 88 continua a parlare di “concordato preventivo liquidatorio”, la detassazione non può estendersi in via automatica.

Il livello della discussione diventa quindi interpretativo: i riferimenti a “concordati fallimentari o preventivi liquidatori o procedure estere equivalenti” vanno letti come descrittivi di una funzione (concordato giudiziale liquidatorio), oppure come tassativi? 

Su un piano di sistema, numerosi argomenti depongono a favore della prima lettura: il concordato semplificato è una procedura concorsuale liquidatoria, con effetto esdebitatorio coattivo e controllo giudiziale; la riduzione dei debiti serve a colmare il deficit patrimoniale e non esprime di per sé capacità contributiva; la stessa Agenzia, in passato, ha ampliato la portata della norma a fattispecie non espressamente nominate, come il concordato nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese. 

La risposta 179/2025 ha però scelto una linea differente, imponendo un intervento esplicito del legislatore.

4) Il “Decreto Terzo settore”: l’estensione espressa della detassazione e il ruolo del professionista

Per evitare che l’impostazione dell’interpello paralizzasse di fatto l’operatività del concordato semplificato, il legislatore è intervenuto inserendo nel cosiddetto “Decreto Terzo settore” una modifica diretta dell’articolo 88, comma 4-ter, TUIR. Lo schema di decreto, in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111, estende espressamente la detassazione delle sopravvenienze attive da esdebitazione anche alle riduzioni dei debiti conseguite in sede di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, nonché di concordato minore liquidatorio. La logica è duplice.

Da un lato, si aggiorna il lessico della norma fiscali all’architettura del Codice della crisi, includendo gli strumenti introdotti dopo la riforma del 2019–2022; dall’altro, si ristabilisce equilibrio fra strumenti di regolazione della crisi, evitando che la scelta tra concordato semplificato e liquidazione giudiziale sia alterata da differenze di trattamento fiscale prive di giustificazione sostanziale.

Resta aperto il tema temporale. 

La modifica ha natura meramente ricognitiva di un principio già insito nel sistema, oppure introduce ex novo un’agevolazione?

Se la si considera ricognitiva, il professionista potrebbe sostenere, già per le procedure omologate prima dell’entrata in vigore del decreto, che le sopravvenienze da concordato semplificato fossero comunque non imponibili in base alla ratio dell’articolo 88, letta alla luce dell’evoluzione degli strumenti concorsuali. 

Se la si considera invece innovativa, la questione si sposta sul piano del diritto intertemporale: la nuova detassazione si applica solo alle omologhe successive, con il rischio di creare trattamenti differenziati a parità di fattispecie sostanziale. In pratica, chi assiste un’impresa che ha già concluso un concordato semplificato dovrà valutare attentamente tempi di omologa, contenuto delle dichiarazioni presentate, eventuali contestazioni in corso e possibilità di riliquidazione o istanza di rimborso.

Per le operazioni future, la strada appare invece più lineare: il beneficio fiscale può essere considerato ormai parte integrante del “pacchetto normativo” che disciplina il concordato semplificato, restituendo coerenza alla funzione di strumento alternativo alla liquidazione giudiziale.

5) Implicazioni operative: pianificazione fiscale, convenienza delle soluzioni e ruolo delle sopravvenienze

Per il professionista, il cambio di regime sulle sopravvenienze da esdebitazione nel concordato semplificato non è un mero dettaglio fiscale, ma un elemento che incide sulla strutturazione complessiva del percorso di regolazione della crisi. 

La detassazione delle sopravvenienze attive consente, infatti, di destinare integralmente ai creditori il differenziale generato dall’abbattimento dei debiti rispetto al valore di realizzo dell’attivo, evitando erosioni dovute al carico d’imposta. 

Questo dato è determinante nella comparazione ex ante tra diverse opzioni: piano attestato, accordo di ristrutturazione, concordato in continuità, concordato semplificato, liquidazione giudiziale.

 Nel caso specifico del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, poter contare sulla neutralità fiscale dell’esdebitazione significa rafforzare la possibilità di dimostrare al tribunale la maggiore convenienza della proposta rispetto alla liquidazione giudiziale, requisito essenziale per l’omologa. 

Senza la detassazione, la simulazione comparativa avrebbe quasi sempre premiato la liquidazione, rendendo lo strumento sostanzialmente inutilizzabile.

Sul piano contabile e dichiarativo, il professionista dovrà presidiare alcuni passaggi chiave: corretta qualificazione delle riduzioni dei debiti come sopravvenienze da esdebitazione derivanti da provvedimento giudiziale; riconciliazione tra valori di bilancio pre–e post–procedura, con evidenza del riassorbimento del deficit patrimoniale; indicazione coerente delle componenti di reddito nella dichiarazione, alla luce del nuovo testo dell’articolo 88, comma 4-ter. Nelle procedure miste, in cui coesistono elementi liquidatori e di continuità, occorrerà distinguere le diverse componenti: sopravvenienze da concordato liquidatorio (non imponibili) e sopravvenienze da strumenti di risanamento in continuità (per le quali opera il meccanismo di detassazione parziale e prioritaria imputazione a perdite, ACE e interessi deducibili). 

Infine, occorre considerare le implicazioni sulla responsabilità degli organi sociali. 

Un assetto informativo e consulenziale che non tenga conto del differente trattamento fiscale delle soluzioni concorsuali può incidere sulla valutazione ex post dell’adeguatezza delle scelte compiute dagli amministratori. In un contesto in cui il Codice della crisi richiede assetti organizzativi idonei a rilevare tempestivamente la crisi e ad attivare strumenti adeguati, anche la dimensione tributaria delle sopravvenienze da esdebitazione diventa parte integrante del dovere di diligenza gestoria.

In sintesi, l’intervento sul regime delle sopravvenienze da concordato semplificato chiude una frattura che rischiava di rendere l’istituto inapplicabile. 

Ma non si esaurisce in un tecnicismo: ridisegna le condizioni economico–fiscali entro cui imprese, advisors e creditori costruiscono i percorsi di uscita dalla crisi. È su questo terreno che i professionisti saranno chiamati, nei prossimi anni, a svolgere un ruolo decisivo di traduzione tra diritto concorsuale, fiscalità d’impresa e sostenibilità dei piani.

Fonte immagine: Foto di Catkin da Pixabay
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