Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il mandato negoziale per una revisione mirata dell’EUDR, il regolamento che vieta l’immissione nel mercato UE di prodotti legati alla deforestazione.
È un passaggio decisivo: l’Europa non arretra sugli obiettivi ambientali, ma riconosce che l’impianto originario rischiava di essere ingestibile per migliaia di imprese.
La scelta è pragmatica: salvaguardare la finalità climatica, ma adattare le regole alla realtà dei flussi commerciali globali, dove la tracciabilità perfetta è difficile da ottenere e la due diligence, così come concepita inizialmente, avrebbe bloccato intere filiere.
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1) Proroghe, responsabilità definite e obblighi ridotti: cosa cambia davvero
Il primo intervento di rilievo è il rinvio di ulteriori 12 mesi per l’applicazione piena dell’EUDR al 30 dicembre 2026 per operatori medi/grandi e al 30 giugno 2027 per micro e piccole imprese.
Non si tratta di una concessione ma a livello operativo il sistema informativo europeo non era pronto, e molte autorità nazionali non avevano ancora predisposto strutture in grado di sostenere l’ondata di dichiarazioni.
La modifica davvero sostanziale sembrerebbe però un’altra: la due diligence completa sarà richiesta solo al soggetto che immette il prodotto nel mercato europeo.
Gli operatori successivi dovranno unicamente conservare il numero della dichiarazione iniziale.
È un ritorno alla logica: la responsabilità grava su chi introduce la merce nel mercato UE; gli altri garantiscono continuità documentale.
Per micro e piccole imprese viene introdotta una dichiarazione semplificata una tantum, evitando di imporre gli stessi oneri previsti per gruppi multinazionali.
È una correzione attesa: l’EUDR originario trattava allo stesso modo chi importa 10 container al mese e chi ne importa 2 l’anno.
La revisione non andrebbe a smontare l’impianto del regolamento.
Rimangono i requisiti fondamentali: geolocalizzazione delle parcelle produttive, tracciabilità lungo la supply chain, valutazione del rischio Paese e responsabilità dell’operatore in caso di dichiarazioni scorrette.
Ma ora l’EUDR diventa un sistema che può essere applicato davvero, integrandosi con la riforma del Customs Code 2.0, con gli obblighi ESG e con il crescente peso della due diligence nelle filiere globali.
Il messaggio per importatori e trade compliance è chiaro: la complessità resta, ma dovrebbe essere gestibile.
E sicuramente chi si struttura nei prossimi diciotto mesi potrà trasformare l’obbligo in un vantaggio competitivo, soprattutto nelle relazioni con clienti e fornitori che chiedono trasparenza documentale.
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2) Sanzioni Eudr: il vero rischio per chi non si adegua
Vale la pena ricordare che l’apparato sanzionatorio dell’EUDR resta tra i più impattanti mai introdotti nel settore commercio.
1. Multe fino al 4% del fatturato UE
Le violazioni della due diligence comportano sanzioni proporzionate e dissuasive, fino al 4% del fatturato annuo realizzato nell’Unione europea. Non una penalità simbolica: per un importatore medio significa cifre in grado di impattare il bilancio.
2. Confisca, blocco delle merci e re-export forzato
Se la dichiarazione EUDR è incompleta o non supportata da prove, l’autorità può disporre:
- sequestro del lotto,
- confisca,
- blocco in dogana,
- obbligo di ri-esportazione.
È il rischio più concreto è trovarsi la merce ferma, supply chain paralizzata e penali contrattuali a cascata.
3. Sospensione dell’attività sul mercato UE
Nei casi più gravi l’operatore può vedersi sospesa temporaneamente la possibilità di immettere prodotti nel mercato europeo.
4. Pubblicazione delle violazioni
Il naming & shaming è previsto dal regolamento: la violazione può essere resa pubblica, con impatto diretto sulla reputazione commerciale.
5. Effetti indiretti: contratti, banche, assicurazioni, status AEO
Una violazione EUDR può comportare:
- contestazioni dei clienti,
- revisione o revoca delle polizze assicurative su credito e trasporto,
- problemi di rating bancario,
- impatti sullo status AEO in caso di difetti strutturali.
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3) Le priorità operative per gli importatori
L’eventuale proroga, dunque, offre ancora una finestra temporale utile affinché le aziende interessate in questa fase possano:
- verificare i codici doganali dei prodotti rientranti nell’EUDR;
- pretendere dai fornitori coordinate geografiche precise e documentabili;
- aggiornare contratti e ordini d’acquisto con clausole EUDR;
- classificare il rischio Paese e il rischio fornitore;
- creare un protocollo aziendale di due diligence con prove verificabili.
L’EUDR, anche nella versione semplificata dal Consiglio, rimane uno degli adempimenti più rilevanti per chi importa in UE.