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TRANSIZIONE 5.0: FONDI ESAURITI E STRATEGIE ALTERNATIVE PER LE PMI

Transizione 5.0: fondi esauriti e strategie alternative per le PMI

Affrontiamo il problema dell'esaurimento delle risorse di Transizione 5.0 e vediamo le alternative possibili

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Il Piano Transizione 5.0 – nato per sostenere la trasformazione digitale ed ecologica delle imprese – ha subito una brusca frenata nell’autunno 2025. Un inatteso rimpasto delle risorse finanziarie ha portato allo spostamento di quasi 4 miliardi di euro di fondi precedentemente destinati al Piano, lasciando la misura a corto di finanziamenti e costringendo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) a dichiararne l’esaurimento anticipato. L’annuncio della chiusura dello sportello a inizio novembre ha colto di sorpresa molte aziende, interrompendo bruscamente un’iniziativa che stava finalmente stimolando innovazione tecnologica e sostenibilità nel tessuto produttivo italiano.

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I principali argomenti trattati:

  • come trovare e selezionare il bando;
  • come partecipare alla selezione;
  • come avviare il progetto e rendicontare;
  • analisi di diversi casi operativi.

1) La fine anticipata di Transizione 5.0: cosa è successo?

Varato operativamente solo nel 2024 dopo ritardi nei decreti attuativi, il Piano Transizione 5.0 disponeva inizialmente di 6,3 miliardi di euro finanziati anche tramite il programma europeo REPowerEU. Tuttavia, a metà 2025 il Governo ha rivisto le priorità del PNRR e rimodulato le risorse, destinandone una parte ad altre iniziative. Di conseguenza il budget effettivamente disponibile per Transizione 5.0 è sceso a 2,5 miliardi, circa 3,8 miliardi in meno rispetto al piano originario. Questo drastico taglio di fondi ha fatto sì che, dopo un avvio lento, le domande presentate dalle imprese raggiungessero in poche settimane il nuovo tetto di spesa, esaurendo completamente la disponibilità finanziaria già al 6 novembre 2025. Il MIMIT, preso atto del rapido raggiungimento del (ridotto) obiettivo di spesa, ha quindi disposto la chiusura anticipata della piattaforma GSE per l’invio di nuove richieste, sancendo di fatto la fine del bonus Transizione 5.0 per il 2025.

Vale la pena notare che il mancato utilizzo dei fondi originari non era dovuto a disinteresse delle imprese, bensì ai ritardi e alla complessità iniziale della misura. Solo ad agosto 2024 erano uscite le regole attuative definitive, e fino alla primavera 2025 le adesioni erano rimaste modeste. In risposta, la Legge di Bilancio 2025 aveva semplificato alcuni requisiti (ad esempio introducendo una “presunzione” di risparmio energetico per chi sostituiva macchinari obsoleti) per rendere il bonus più accessibile. Queste correzioni, insieme alla crescente familiarità di imprese e consulenti con il meccanismo, hanno impresso una forte accelerazione nell’uso dell’incentivo nella seconda metà del 2025. Si stima che nelle ultime settimane le richieste abbiano assorbito oltre 12 milioni di euro al giorno e che, senza la chiusura anticipata, si sarebbe potuto arrivare a circa 3,4 miliardi di utilizzo complessivo. Insomma, Transizione 5.0 stava finalmente decollando – segno che l’interesse delle imprese c’era eccome – ma il taglio dei fondi ne ha stroncato la corsa per motivi essenzialmente di riallocazione finanziaria e tempi stretti di attuazione.


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2) Imprese in lista d’attesa: quale destino per le domande non accolte?

Con il Decreto Direttoriale del 6 novembre 2025, il MIMIT ha ufficializzato che tutte le nuove domande presentate dopo tale data riceveranno una “ricevuta di indisponibilità delle risorse”. In altri termini, le imprese possono ancora inoltrare la richiesta di credito d’imposta entro il 31 dicembre 2025 (termine formale di chiusura dello sportello) e otterranno dal portale GSE una ricevuta di avvenuto deposito. Tuttavia, nessun nuovo credito potrà essere effettivamente concesso salvo che si liberino risorse aggiuntive in futuro (ad esempio per rinunce o ulteriori stanziamenti). Le pratiche già presentate fino al momento dello stop, molte delle quali con acconti già versati (requisito minimo del 20% per validare la prenotazione), verranno istruite normalmente; ma se il totale delle richieste supererà il plafond disponibile, le eccedenze resteranno sospese in una sorta di limbo, in attesa di eventuali fondi integrativi.

Il Governo ha cercato di rassicurare le aziende rimaste in coda: il Ministro Adolfo Urso ha dichiarato che si sta lavorando per reperire nuove risorse al fine di finanziare almeno in parte i progetti rimasti esclusi. Si ipotizzano soluzioni di continuità nella Legge di Bilancio, magari attraverso un rifinanziamento mirato o l’attivazione di un meccanismo alternativo per non lasciare a mani vuote chi aveva programmato investimenti confidando nel bonus. Al momento, però, nessuna certezza è stata fornita sulle tempistiche o sulle modalità di un eventuale intervento correttivo. Le imprese che avevano fatto affidamento su Transizione 5.0 si trovano dunque davanti a un bivio: da un lato mantenere la speranza di un ripescaggio futuro, dall’altro attrezzarsi subito con soluzioni alternative per sostenere finanziariamente gli investimenti in corso.


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3) Soluzioni alternative per sostenere gli investimenti in corso

Di fronte a questa situazione, le PMI devono rivedere i propri piani e adottare un approccio proattivo. Ecco alcune soluzioni pratiche da considerare per chi aveva puntato su Transizione 5.0 ma non ha ottenuto la conferma del credito d’imposta:

  • Presentare comunque domanda e mantenere la posizione su Transizione 5.0 – Anche se le risorse attuali sono esaurite, inviare la prenotazione sul portale GSE entro fine anno può avere un senso, perché in caso di rifinanziamento si conserverà lordine cronologico di presentazione. In pratica, ci si mette in lista dattesa: il vantaggio è quello di mantenere una priorità qualora vengano stanziati nuovi fondi (o si liberi capienza per scorrimento). Di contro, bisogna esserne consapevoli, non vi è alcuna garanzia che il bonus venga effettivamente riconosciuto, né chiarezza sui tempi di un eventuale ripristino. Questa opzione è dunque un atto di fiducia nelle istituzioni: ha senso perseguirla soprattutto se linvestimento è già avviato e lazienda è disposta ad attendere, tenendo monitorati gli aggiornamenti ufficiali. In ogni caso è fondamentale conservare tutta la documentazione (ordini, contratti, pagamenti, collaudi) relativa al progetto, sia per eventuali controlli futuri sia per farsi trovare pronti nellipotesi di un ripescaggio.
  • Ripiegare sul Credito dImposta Beni Strumentali 4.0 – Unalternativa immediata, ove possibile, è sfruttare il precedente credito dimposta Transizione 4.0” ancora vigente nel 2025. Si tratta del bonus per investimenti in beni 4.0 (macchinari, attrezzature e software con requisiti Industria 4.0) con aliquote però più basse rispetto al Piano 5.0: ad esempio, si passa da crediti del 45%-35% (previsti dal 5.0 per PMI) a crediti intorno al 20%. Il vantaggio è che questa misura era già collaudata e formalmente attiva, quindi permette di recuperare almeno una parte dei benefici fiscali sugli investimenti tecnologici in corso. Occorre però verificare attentamente la cumulabilità e lammissibilità: se lazienda aveva già impostato la pratica sul 5.0, bisognerà adeguare la documentazione ai requisiti del 4.0 (che sono in parte diversi e meno focalizzati sugli aspetti green”). Inoltre, va segnalato che anche il plafond del Piano 4.0 si è rapidamente prosciugato a fine 2025, complice l’“effetto domino” generato dalla chiusura del 5.0: secondo il GSE, al 7 novembre residuavano appena 200 milioni di euro e le ultime richieste hanno assorbito anche queste risorse. Dunque chi intende avvalersi del credito 4.0 deve muoversi con tempestività (valutando le scadenze normative per leffettuazione dellordine e del pagamento acconto) e mettere in conto che potrebbe trovarsi anchesso in lista dattesa se il plafond annuale risulta esaurito. In prospettiva, comunque, il credito 4.0 per beni strumentali non verrà prorogato oltre il 2025: le imprese dovranno quindi guardare ad altri strumenti nel medio termine.
  • Posticipare linvestimento e sfruttare liperammortamento – Per chi ha margine di manovra sui tempi di realizzazione, unopzione è rinviare linvestimento al 2026 così da usufruire della nuova agevolazione di iper-ammortamento prevista dal Governo in sostituzione dei crediti dimposta. Liperammortamento, che tornerà in vigore con la Legge di Bilancio 2026, consiste in una maggiorazione extracontabile del costo dei beni acquisiti, permettendo una deduzione fiscale più ampia delle quote di ammortamento. In pratica, invece di un credito immediato, si ottiene un risparmio sulle imposte diluito negli esercizi successivi. Le aliquote proposte per questa maxi-deduzione” sono molto interessanti: ad esempio 180% del costo per investimenti fino a 2,5 milioni che, con unaliquota IRES al 24%, equivale al 19,2% di risparmio fiscale (aggiuntivo sull’80% di maggiorazione fiscale del costo), percentuale aumentabile fino al 220% che equivale al 28,8% di risparmio fiscale (aggiuntivo sul 120% si maggiorazione fiscale del costo) se linvestimento comporta miglioramenti misurabili in termini di efficienza energetica. Numeri comunque non paragonabili al credito dimposta 5.0 perduto. Questa soluzione peraltro presenta delle criticità da valutare con attenzione. Anzitutto i tempi di recupero sono più lunghi: il vantaggio fiscale si spalma su più anni, richiedendo pazienza e continuità di utile dimpresa (bisogna avere profitti tassabili sufficienti per assorbire la deduzione extra). Inoltre loperatività delliperammortamento dipenderà da futuri decreti attuativi e chiarimenti normativi, essendo un meccanismo nuovo che coinvolgerà di nuovo il GSE per la gestione delle comunicazioni. Chi sceglie questa strada deve quindi pianificare con cura: verificare se è fattibile posticipare ordini e pagamenti al 2026, calcolare limpatto finanziario del differimento e predisporre un solido business plan che consideri il diverso timing del beneficio fiscale. Per alcuni, attendere liperammortamento potrebbe rivelarsi conveniente, per altri – specie se la liquidità è un problema – potrebbe essere troppo penalizzante in termini di cash flow nel breve periodo.
  • Sfruttare altri incentivi e strumenti finanziari – Infine, le imprese possono esplorare misure agevolative alternative già esistenti o di prossima attivazione, per ottenere sostegni finanziari complementari o sostitutivi al credito 5.0. Ad esempio, la Nuova Sabatini rimane uno strumento molto utile per chi investe in macchinari: consente di abbattere il costo degli interessi sui finanziamenti bancari e, nella manovra 2026, è stata rifinanziata e potenziata in quanto considerata una misura di successo. In parallelo, il Governo ha annunciato il rafforzamento dei Contratti di sviluppo, che offrono contributi e finanziamenti agevolati per progetti di investimento di più ampia portata, nonché la proroga triennale del Credito dimposta ZES per chi opera nelle Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno. Anche questi strumenti possono rappresentare una valvola di sfogo per sostenere iniziative industriali rimaste senza il traino del Piano 5.0. Sul fronte dellinnovazione sostenibile, vanno monitorati i bandi nazionali e regionali finanziati da fondi UE: per esempio il Fondo Transizione Industriale (dotato di 400 milioni) per progetti di efficienza energetica e circular economy, oppure i programmi Investimenti Sostenibili 4.0 dedicati alle PMI del Sud Italia, capaci di coprire fino al 75% delle spese ammissibili. Questi nuovi strumenti, introdotti con la Legge di Bilancio 2025, testimoniano la volontà politica di supportare la transizione verde e digitale delle imprese e potrebbero offrire opportunità concrete a chi, perso il treno di Transizione 5.0, ha comunque progetti validi in ambito tecnologico o ambientale. Vale inoltre la pena valutare incentivi fiscali settoriali: ad esempio, chi investe in impianti ad energia rinnovabile potrebbe beneficiare di crediti dimposta specifici (come il bonus per il fotovoltaico previsto dalle normative recenti), mentre chi punta su ricerca e sviluppo può ancora contare – almeno fino al 2025 – sul Credito R&S (seppur con aliquote ridotte negli ultimi anni). Infine, strumenti finanziari come il Fondo di Garanzia PMI possono facilitare laccesso al credito bancario coprendo il rischio dei finanziamenti: una leva importante per ottenere liquidità immediata e portare avanti gli investimenti in attesa di incassare gli incentivi promessi.


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4) Conclusioni: agire con strategia nella finanza agevolata

La vicenda della Transizione 5.0 insegna alle PMI una lezione cruciale: nel mondo della finanza agevolata occorre pianificazione strategica e flessibilità. Affidarsi a un solo incentivo, per quanto allettante, può rivelarsi rischioso quando il quadro normativo muta improvvisamente. Meglio dotarsi di una vera e propria “cassetta degli attrezzi” fatta di conoscenze, metodi e piani alternativi, così da affrontare con successo le opportunità di finanziamento pubblico anche in scenari incerti. L’approccio vincente non consiste in una sterile elencazione di bandi, ma nella capacità di individuare e utilizzare al meglio gli strumenti agevolativi disponibili, massimizzando le chance di successo delle proprie iniziative. Ciò significa selezionare gli incentivi più coerenti con gli obiettivi specifici dell’impresa e del progetto, evitando dispersioni di energie e concentrandosi sulle opportunità più adatte. In questo modo l’impresa può reagire ai cambi di rotta (come la chiusura di un bando nazionale) riallocando i propri sforzi su misure alternative, senza dover rinunciare ai propri piani di crescita.

In definitiva, se la chiusura improvvisa di Transizione 5.0 rappresenta un colpo duro, non segna certo la fine delle opportunità di finanza agevolata per le nostre PMI. Sarà fondamentale nei prossimi mesi monitorare gli sviluppi – dall’eventuale rifinanziamento del credito 5.0 all’entrata in vigore dei nuovi incentivi 2026 – e farsi trovare pronti a coglierli. Ogni impresa dovrà valutare con attenzione la propria situazione (capienza fiscale, fabbisogni di liquidità, stato di avanzamento degli investimenti) per scegliere la combinazione ottimale di misure da attivare. Le decisioni, in questa fase, non possono essere improvvisate: serve un mix di informazione aggiornata, analisi tecnica e visione strategica. Con un approccio adeguato – magari affiancati da consulenti esperti o facendo riferimento a guide operative autorevoli – anche una crisi come quella del “bonus scomparso” può trasformarsi in un’occasione per riprogrammare gli investimenti in modo ancor più efficace e resiliente, mantenendo l’innovazione al centro dei piani di sviluppo aziendale.



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Fonte immagine: Foto di wal_172619 da Pixabay
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