Il DM 8 agosto 2025 rende operativa l’IRES premiale, riducendo l’aliquota dal 24% al 20% per il 2025 a favore delle imprese che accantonano almeno l’80% dell’utile 2024 e investono in beni 4.0 e 5.0.
Il decreto chiarisce:
- le modalità di calcolo delle soglie,
- i requisiti di interconnessione e di efficienza energetica,
- nonché le condizioni occupazionali e il divieto di ricorso alla CIG.
Previsti il cumulo con altre agevolazioni e la possibilità di non compensare le perdite pregresse per massimizzare il beneficio.
Stringenti le cause di decadenza, attenuate da una clausola di salvaguardia per gli investimenti sostitutivi. Fondamentale una pianificazione integrata di bilancio, investimenti e risorse umane per non perdere il vantaggio fiscale.
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1) IRES premiale 2025: regole, opportunità e insidie dopo il DM 8 agosto 2025
Con la pubblicazione in data 8 agosto 2025 del decreto attuativo firmato dal Viceministro all’Economia Maurizio Leo, prende finalmente corpo la cosiddetta IRES premiale, agevolazione introdotta dalla legge n. 207/2024 (art. 1, commi 436-444) e destinata a ridurre, per un solo esercizio, l’aliquota ordinaria dal 24% al 20% a favore delle imprese che investono e assumono.
Il beneficio si applica al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 (per i soggetti “solari”, il 2025) ed è subordinato a una serie di condizioni che, per complessità e interconnessione, impongono una pianificazione meticolosa e un monitoraggio costante.
Il DM non si limita a replicare la norma primaria, ma interviene su punti interpretativi rimasti sospesi, in parte anticipati dal dibattito tecnico degli ultimi mesi, fornendo una cornice attuativa che integra e coordina il beneficio con altre misure agevolative.
La Relazione illustrativa, pubblicata contestualmente, ha un ruolo essenziale perché chiarisce la ratio delle scelte regolamentari e ne indica la portata concreta.
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2) Accantonare utili: la chiave di accesso all’IRES premiale
Il primo e più importante requisito per fruire dell’IRES premiale è rappresentato dalla destinazione di almeno l’80% dell’utile dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024 a una destinazione diversa dalla distribuzione ai soci dell’utile 2024.
L’articolo 4 del DM 8 agosto 2025, interpretando in senso ampio il concetto di “apposita riserva”, chiarisce che non è necessario istituire un fondo ad hoc dedicato all’agevolazione: sono ammesse tutte le destinazioni che non comportino distribuzione, come la riserva legale, la riserva straordinaria, le riserve statutarie, la copertura di perdite pregresse, il riporto a nuovo dell’utile e persino l’aumento di capitale.
Questa elasticità consente alle imprese di rispettare il vincolo senza modificare in modo artificioso le proprie politiche di bilancio.
Tuttavia, il decreto precisa che, ai fini del calcolo, sono considerati distribuiti anche eventuali acconti di dividendo deliberati ai sensi dell’art. 2433-bis c.c., il che impone attenzione già nelle scelte di fine esercizio.
In termini sostanziali, la regola equivale a dire che la quota di utili distribuita non può superare il 20% dell’ammontare disponibile, calcolato al netto delle somme utilizzate per coprire perdite obbligatorie.
Per esempio, se l’utile 2024 ammonta a 1 milione di euro e si utilizzano 50.000 euro per coprire perdite di esercizi precedenti, la base di calcolo scende a 950.000 euro.
In questo scenario, la distribuzione di 180.000 euro (18,94%) mantiene intatto il diritto all’agevolazione, mentre una distribuzione di 210.000 euro (22,10%) lo comprometterebbe definitivamente.
L’approccio adottato dal DM sottolinea la natura eminentemente fiscale del vincolo: ciò che rileva è la quota di utile trattenuta, indipendentemente dal fatto che le riserve abbiano già vincoli civilistici di indisponibilità.
Per questo, anche una riserva legale – che il codice civile rende obbligatoria – concorre alla formazione della riserva “premiale”.
Il rispetto di questa condizione, quindi, va monitorato con precisione fin dalla redazione del progetto di bilancio, per evitare che scelte di distribuzione effettuate in assemblea vanifichino mesi di programmazione sugli investimenti e sulle assunzioni.
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3) Investimenti rilevanti: soglie minime e requisiti tecnici
Il secondo pilastro per l’accesso all’IRES premiale riguarda l’impegno a destinare una quota minima degli utili accantonati a investimenti “qualificati”, cioè ad alto contenuto tecnologico e coerenti con gli obiettivi di transizione digitale ed ecologica.
Tali investimenti devono essere realizzati a partire dal 1° gennaio 2025 e completati entro il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2025 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il 31 ottobre 2026).
L’articolo 5 del DM stabilisce che la soglia minima si calcola scegliendo il maggiore tra tre parametri:
- il 30% dell’utile accantonato,
- il 24% dell’utile 2023 oppure un importo fisso di 20.000 euro.
Questa impostazione garantisce un livello di investimento proporzionato alle dimensioni dell’impresa, ma allo stesso tempo impone un minimo inderogabile.
Per le imprese che nel 2023 hanno registrato una perdita, la verifica si riduce a due soli parametri: il 30% dell’utile 2024 e il minimo assoluto, rendendo comunque obbligatoria una spesa significativa rispetto alla capacità reddituale più recente.
Quanto alla tipologia di beni ammissibili, il perimetro è ben definito: rientrano i beni materiali e immateriali 4.0 indicati negli Allegati A e B alla legge 232/2016 – già noti per il credito d’imposta investimenti – e i beni ricompresi nell’art. 38, commi 4 e 5, del DL 19/2024, che caratterizzano la cosiddetta “transizione 5.0”.
Questi ultimi, oltre a possedere un’elevata componente tecnologica, devono contribuire alla riduzione dei consumi energetici, requisito centrale per la componente green della misura.
Il DM, in linea con le regole dei crediti d’imposta 4.0, impone per i beni 4.0 l’interconnessione con il sistema di gestione della produzione o con la rete di fornitura, precisando che tale requisito deve essere reso possibile sin dalla progettazione del bene.
L’interconnessione può avvenire anche in un momento successivo all’acquisto, ad esempio dopo l’adeguamento dei sistemi informatici aziendali, ma deve essere mantenuta per almeno la metà del periodo di sorveglianza, che si estende a cinque anni dall’investimento.
Per i beni 5.0, invece, oltre all’interconnessione, è necessario che, nell’esercizio successivo alla messa in funzione, si registri una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva di almeno il 3% o, in alternativa, dei processi interessati dall’investimento di almeno il 5%, rispetto ai valori del 2024.
Da un punto di vista operativo, la norma invita a pianificare con attenzione sia i tempi sia le modalità di acquisizione e messa in funzione dei beni, poiché il mancato rispetto anche di uno solo dei requisiti – ad esempio il ritardo nell’interconnessione o l’insufficiente riduzione dei consumi – comporta la decadenza dal beneficio. Inoltre, essendo cumulabile con altri incentivi, la scelta dell’impresa dovrà coordinare le regole dell’IRES premiale con quelle dei crediti d’imposta 4.0 e 5.0, per massimizzare il ritorno fiscale senza incorrere in limiti di spesa non ammissibile.
4) Incremento occupazionale e divieto di ricorso alla CIG
Oltre ai requisiti patrimoniali e di investimento, l’IRES premiale impone il rispetto di precise condizioni occupazionali, disciplinate dall’art. 6 del DM 8 agosto 2025.
Il legislatore ha voluto legare il vantaggio fiscale non solo alla capacità dell’impresa di reinvestire gli utili, ma anche al suo contributo alla crescita dell’occupazione stabile.
La prima condizione richiede che, nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024, non si verifichi alcuna riduzione delle unità lavorative annue (ULA) rispetto alla media dei tre esercizi precedenti.
La misurazione avviene confrontando il numero di lavoratori a tempo pieno equivalenti dell’ultimo mese dell’anno con la media aritmetica calcolata sui 36 mesi antecedenti, escludendo però dal computo le cessazioni dovute a dimissioni volontarie, pensionamento, invalidità, riduzione dell’orario su richiesta del lavoratore o licenziamento per giusta causa.
Questo filtro consente di neutralizzare le uscite non imputabili alla volontà dell’impresa, evitando penalizzazioni ingiustificate.
La seconda condizione prevede un incremento occupazionale “netto”, ottenuto mediante nuove assunzioni a tempo indeterminato, pari ad almeno l’1% del numero di dipendenti stabili presenti nel 2024 e, in ogni caso, non inferiore a una unità. In pratica, anche le realtà più piccole devono inserire almeno un lavoratore stabile in più, mentre per le imprese con organici più consistenti il requisito si traduce in un aumento proporzionato. Il calcolo dell’incremento segue le regole già adottate per la super deduzione sulle assunzioni (art. 4 del D.Lgs. 216/2023), garantendo uniformità con altre misure incentivanti.
Il rispetto di entrambe le soglie è imprescindibile: la mancanza di una sola di esse comporta la perdita del beneficio, anche se tutti gli altri requisiti – accantonamento utili e investimenti qualificati – sono stati rispettati.
A ciò si aggiunge un divieto specifico: non possono accedere alla misura le imprese che abbiano fatto ricorso alla cassa integrazione guadagni (CIG) nel 2024 o nel 2025, fatta eccezione per l’integrazione salariale ordinaria concessa nei casi di eventi transitori e non imputabili all’azienda o ai lavoratori, come previsto dall’art. 11, lett. a), del D.Lgs. 148/2015.
Il ricorso alla CIG per motivi diversi, ad esempio situazioni temporanee di mercato, è invece causa di esclusione immediata.
Questa impostazione evidenzia l’obiettivo strategico della norma: sostenere non solo investimenti e innovazione, ma anche la stabilità e la crescita dell’occupazione, premiando le imprese che dimostrano una gestione virtuosa delle risorse umane anche in periodi di transizione economica.
5) Le altre regole per avere l'agevolazione Ires premiale
Uno degli aspetti più rilevanti del DM 8 agosto 2025, disciplinato dall’art. 12, è la possibilità di cumulare l’IRES premiale con altri incentivi, in particolare con i crediti d’imposta per investimenti 4.0 e 5.0. La cumulabilità rappresenta un’opportunità strategica per le imprese, poiché consente di integrare la riduzione dell’aliquota con misure già inserite nei propri piani di investimento e innovazione. Tuttavia, il decreto introduce un limite stringente: la riduzione dell’aliquota IRES può essere applicata esclusivamente sulla parte di costo effettivamente sostenuta dall’impresa, ossia al netto di contributi, sovvenzioni o altri incentivi già fruiti in relazione al medesimo investimento. In questo modo si evita il rischio di sovra-compensazione e si assicura che il beneficio premiale premi realmente l’esborso economico rimasto a carico del contribuente.
Questa previsione ha una duplice finalità: da un lato, evitare fenomeni di sovra-compensazione che potrebbero distorcere l’effetto economico della misura; dall’altro, assicurare che il beneficio premiale premi realmente l’impegno finanziario dell’impresa e non vada a coprire costi già interamente sovvenzionati da altri strumenti pubblici.
Ne consegue che sarà fondamentale, in fase di rendicontazione e controllo, dimostrare chiaramente la quota di investimento che ha generato il vantaggio IRES, distinguendola da quella agevolata con altre misure.
Per garantire la massima trasparenza e semplificare le attività di verifica, l’Agenzia delle Entrate istituirà codici tributo specifici, consentendo di monitorare in maniera puntuale l’utilizzo dell’aliquota ridotta.
Questo tracciamento, che si affianca agli obblighi dichiarativi previsti dal DM, non ha solo una valenza amministrativa ma rappresenta anche uno strumento di analisi per valutare l’impatto della misura nel tempo. Per i professionisti, ciò significa che la gestione contabile e fiscale degli investimenti dovrà essere estremamente ordinata e documentata, in modo da superare senza criticità eventuali controlli successivi.
Gestione strategica delle perdite pregresse
Uno degli aspetti più interessanti del DM 8 agosto 2025 è l’attenzione alla gestione delle perdite fiscali pregresse, elemento che, in condizioni ordinarie, potrebbe neutralizzare il vantaggio dell’aliquota ridotta. In base alla disciplina generale dell’art. 84 del TUIR, le perdite vengono compensate automaticamente nei limiti consentiti, riducendo il reddito imponibile e, di conseguenza, l’imposta dovuta. Questo meccanismo, se applicato rigidamente, rischierebbe di azzerare l’imponibile sul quale applicare l’IRES premiale, vanificando di fatto il beneficio.
Per ovviare a tale criticità, l’art. 13 del decreto introduce una deroga significativa: le imprese che accedono all’agevolazione possono scegliere di non utilizzare le perdite pregresse, rinviandone la compensazione a esercizi futuri, così da “liberare” un reddito imponibile su cui applicare l’aliquota agevolata del 20%. Questa flessibilità consente un’ottimizzazione fiscale mirata, soprattutto per le realtà che prevedono di generare utili consistenti negli anni successivi e desiderano sfruttare al massimo il beneficio nel 2025.
Nel caso di adesione a un regime di consolidato fiscale, il DM prevede una regola di imputazione prioritaria delle perdite: queste vanno compensate prima con gli imponibili che non beneficiano dell’IRES ridotta, lasciando intatta la quota di reddito agevolabile.
Si tratta di una previsione tecnica ma strategica, che richiede una pianificazione accurata dei flussi fiscali all’interno del gruppo. Per i professionisti e i responsabili amministrativi, ciò significa valutare attentamente la convenienza tra l’utilizzo immediato delle perdite e il differimento, tenendo conto sia dell’orizzonte temporale del beneficio sia delle prospettive reddituali future.
Cause di decadenza e meccanismo di salvaguardia
Il DM 8 agosto 2025 individua con precisione le situazioni che comportano la perdita integrale del beneficio, rendendo necessario il riversamento dell’intera imposta risparmiata.
Oltre alla distribuzione, entro il secondo esercizio successivo al 2024, delle riserve vincolate formate con l’utile agevolato, rientrano tra le cause di decadenza la cessione a terzi, la dismissione, la destinazione a finalità estranee all’attività d’impresa o la delocalizzazione stabile all’estero dei beni oggetto di investimento, se avvenute entro il quinto periodo d’imposta successivo all’acquisto (ad esempio, fino al 2030 per un bene acquistato nel 2025).
La disciplina adotta un approccio coerente con quanto già previsto per i crediti d’imposta 4.0 e 5.0, introducendo la cosiddetta “clausola di salvaguardia” per gli investimenti sostitutivi.
In pratica, la decadenza non si verifica se, nello stesso esercizio in cui avviene la dismissione o l’uscita del bene dal ciclo produttivo, l’impresa procede all’acquisto di un nuovo bene strumentale con caratteristiche tecnologiche almeno analoghe, o superiori, rispetto a quelle del bene originario.
Per gli investimenti riconducibili alla transizione 5.0, il nuovo bene deve anche garantire il raggiungimento degli stessi obiettivi di efficienza energetica, ossia una riduzione dei consumi della struttura produttiva di almeno il 3% o dei processi interessati del 5%.
Elemento imprescindibile, in entrambi i casi, è che il bene sostitutivo risulti interconnesso e che tale condizione sia attestata, unitamente al rispetto di tutti i requisiti tecnici e fiscali previsti. La clausola, oltre a salvaguardare il beneficio, incentiva le imprese a reinvestire rapidamente, mantenendo un elevato standard tecnologico e, nel caso del 5.0, continuando a perseguire obiettivi di sostenibilità energetica.
Si tratta di una soluzione che, pur non prevista dalla norma primaria (L. 207/2024), è stata introdotta in sede attuativa per evitare che operazioni di rinnovo tecnologico o esigenze produttive fisiologiche si traducano in una perdita ingiustificata dell’agevolazione; in ogni caso, gli importi delle riserve vincolate e le loro variazioni devono essere indicati in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi.
Pianificazione strategica e presidi operativi
Il DM 8 agosto 2025 delinea un impianto agevolativo che richiede, da parte delle imprese e dei loro consulenti, un approccio integrato alla gestione di bilancio, investimenti e risorse umane. Il rispetto congiunto di vincoli patrimoniali, requisiti tecnici e condizioni occupazionali impone un’analisi preventiva di fattibilità, non solo per verificare l’accesso al beneficio, ma anche per garantirne la conservazione nel tempo.
L’obbligo di mantenere l’interconnessione tecnologica e il livello occupazionale per più anni rende necessaria una pianificazione che travalica il perimetro dell’esercizio agevolato, richiedendo un orizzonte pluriennale di controllo.
Per i professionisti, il presidio dovrà concentrarsi su quattro assi portanti: la corretta determinazione dell’utile 2024 e la sua destinazione conforme ai vincoli di legge; la verifica puntuale dei requisiti occupazionali a fine 2025; la predisposizione e conservazione della documentazione tecnica sugli investimenti e sull’interconnessione; la valutazione dell’impatto combinato con altre misure incentivanti.
Se impostata con rigore, l’IRES premiale può tradursi in un risparmio fiscale netto di rilievo.
Tuttavia, la fruizione del beneficio resta subordinata a un rispetto scrupoloso delle regole, poiché eventuali irregolarità comportano il recupero integrale dell’agevolazione, maggiorata di interessi e sanzioni. In un contesto di controlli fiscali sempre più stringenti, la strategia vincente sarà sintetizzata in tre parole: programmare, documentare e monitorare, ricordando che la riduzione al 20% si applica esclusivamente al reddito dichiarato nella dichiarazione originaria 2025, restando esclusi i maggiori imponibili derivanti da dichiarazioni integrative o accertamenti.