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ABUSO DEL DIRITTO E LEGITTIMO RISPARMIO DI IMPOSTA: CHIARIMENTI MEF

Abuso del diritto e legittimo risparmio di imposta: chiarimenti MEF

Il MEF ha chiarito il perimetro dell'abuso del diritto con l'atto di indirizzo dello scorso 27 febbraio: approfondiamone i contenuti per il legittimo risparmio di imposta

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Con Atto di indirizzo del 27 febbraio 2025 del MEF, vengono forniti chiarimenti relativamente all’istituto dell’abuso del diritto, con particolare riferimento alla questione del legittimo risparmio di imposta.

1) La fattispecie dell’abuso del diritto

In premessa, l’atto di indirizzo in esame ricorda come con l’articolo 10-bis, introdotto nella legge 27 luglio 2000, n. 212 (recante Statuto dei diritti del contribuente) dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, il legislatore abbia introdotto una definizione dei presupposti costitutivi dell’abuso del diritto, predisponendo altresì le garanzie di ordine sostanziale e procedurale necessarie ad assicurare certezza e trasparenza reciproca nel rapporto tra contribuenti e Amministrazione finanziaria.

Al riguardo, la collocazione della disciplina dell’abuso del diritto all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente conferisce ad essa la forza di principio preordinato alle regole previste nelle discipline dei singoli tributi, come è stato più volte riconosciuto dalla Corte di Cassazione relativamente alle altre disposizioni contenute nello statuto.

Ora, a distanza di dieci anni dall’introduzione della suddetta disciplina e alla luce delle particolari complessità emerse in relazione alla sua applicazione rispetto alle fattispecie concrete, il presente atto di indirizzo intende fornire agli uffici le indicazioni metodo logiche necessarie per un’applicazione dell’ art. 10-bis che sia, al tempo stesso, coerente con la sua ratio e rispettosa delle scelte negoziali del contribuente, comprese quelle che consentono a quest’ultimo un legittimo risparmio d’imposta.

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2) Il legittimo risparmio di imposta: natura residuale dell’abuso del diritto

Sul piano normativo, il risparmio d’imposta deve essere considerato sempre legittimo:

  • sia quando derivi dalla scelta di un regime opzionale, previsto dall’ordinamento ma meno oneroso sul piano fiscale, 
  • sia quando derivi da un’operazione alternativa ad un’altra, parimenti legittima, ma comportante un diverso e (più ridotto) carico fiscale.

In sostanza, l’art. 10-bis traccia la linea di confine tra tale libertà e quelle condotte che, pur senza violare espressamente alcuna norma tributaria e, dunque, senza configurare ipotesi di evasione fiscale  vìolano lo spirito delle norme tributarie o i principi dell’ordinamento tributario.

Al comma 12 dell’art. 10-bis in esame, si precisa inoltre che “in sede di accertamento l’abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie”. 

Con tale previsione si è voluto chiarire che non si configura abuso del diritto in ipotesi di risparmi di imposta “illeciti”, cioè, realizzati infrangendo una disposizione fiscale: nei suddetti casi si configura più propriamente un’evasione che, come tale, va perseguita. 

Solo il risparmio d’imposta “indebito”, cioè, ottenuto rispettando formalmente la lettera della norma, ma tradendone lo spirito, determina l’abuso. 

Per tale ragione, come chiarito dalla relazione illustrativa all’art. 10-bis, “la disciplina dell’abuso del diritto ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare l’evasione e la frode; queste fattispecie vanno perseguite con gli strumenti che l’ordinamento già offre”.

Ad ogni buon conto: 

Risparmi di imposta illeciti 

Evasione 

Violazione diretta di una disposizione fiscale (simulazione, frode fiscale ….) 

Risparmi di imposta indebiti 

Abuso del diritto 

La lettera della norma formalmente è rispettata, ma viene raggirata, tradendone la ratio 

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3) Gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto

L’Amministrazione finanziaria che intende contestare l’abuso del diritto, deve dimostrare la contemporanea presenza nei “fatti, atti e contratti anche tra loro collegati” posti in essere dal contribuente dei tre elementi costitutivi dell’abuso, rappresentati da: 

  1. il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti;
  2. l’assenza di sostanza economica dell’operazione o della sequenza di operazioni effettuate dal contribuente;
  3. l’essenzialità del vantaggio fiscale indebito.

La verifica della sussistenza di tali requisiti va condotta dando priorità alla ricerca del vantaggio fiscale indebito perché proprio questo rappresenta il discrimine tra abuso del diritto e lecito risparmio d’imposta.

Di seguito una sintesi delle nozioni sopra richiamate come elementi costitutivi della fattispecie elusiva che mettono chiarezza sulla questione.

Vantaggi fiscali indebiti

Sul punto, occorre evidenziare come l’art. 10-bis non fornisca una definizione espressa; sotto questo profilo, dunque, appaiono suscettibili di rientrare nella nozione di “vantaggi fiscali” 

  • le riduzioni di imposta o i rimborsi, 
  • i crediti d’imposta, 
  • le maggiori perdite fiscalmente rilevanti, 
  • l’applicazione di regimi d’ imposizione sostitutiva, 
  • le deduzioni o detrazioni d’imposta. 

Inoltre, il riferimento normativo ai benefici “anche non immediati” può indurre a ricomprendere nel vantaggio fiscale anche i differimenti di imposizione, cioè le situazioni nelle quali il contribuente consegue un vantaggio finanziario, purché si tratti di un rinvio della tassazione sine die o significativamente posticipato, dunque non meramente temporaneo. 

Quanto alla natura indebita, la lett. b) del comma 2 dell’art. 10-bis chiarisce che per poter contestare l’abuso del diritto occorre verificare in primis se, pur nel rispetto formale delle norme tributarie, il contribuente abbia costruito il negozio o la sequenza negoziale che hanno condotto all’applicazione del regime fiscale di vantaggio tradendo le finalità delle norme fiscali o ponendosi in contrasto con i principi dell’ordinamento tributario.

Dal momento che le finalità delle norme coincidono con la ratio delle stesse, è opportuno chiedersi se nelle contestazioni per abuso del diritto, si debba guardare:

- alla ratio della norma fiscale applicata dal contribuente 

- viceversa, alla ratio della norma o delle norme astrattamente applicabili all’operazione alternativa mediante la quale si sarebbe potuto conseguire, in modo più lineare, il medesimo risultato giuridico ed economico dell’operazione o della sequenza di operazioni effettuata.

La risposta varia in base alle fattispecie concrete che si possono presentare, di seguito una breve disamina.

Caso di singole operazioni

Nel caso (più semplice) dell’effettuazione di una singola operazione, per poter contestare la componente elusiva, occorre guardare alla ratio della norma applicata dal contribuente al fine di verificare appunto se tale ratio sia stata rispettata.

Se è vero che il contribuente può scegliere, fra due regimi alternativi offerti dalla legge quello fiscalmente più favorevole, il metro di giudizio per verificare l’abusività delle scelte compiute non può poi ricercarsi nella ratio del regime fiscale più oneroso che non sia stato adottato.

ESEMPIO: non è possibile configurare una condotta abusiva laddove il contribuente scelga, per dare luogo all’estinzione di una società, di procedere a una fusione anziché alla liquidazione. È vero che la prima operazione è a carattere neutrale e la seconda ha, invece, natura realizzativa, ma nessuna disposizione tributaria mostra “preferenza” per l’una o l’altra operazione; sono due operazioni messe sullo stesso piano, ancorché disciplinate da regole fiscali diverse. Affinché si configuri un abuso andrà dimostrato il vantaggio fiscale indebito concretamente conseguito e, cioè, l’aggiramento della ratio legis o dei principi generali dell’ordinamento tributario

3.2. Applicazione di norme o regimi fiscali di favore

In tale caso, il contribuente non si trova nella situazione di poter fruire immediatamente dell’opzione di favore e modifica la propria situazione e/o le proprie precedenti scelte negoziali proprio per realizzare legittimamente le condizioni necessarie a fruire della norma di favore. In assenza di precisazioni normative e/o di indicazioni in senso contrario rinvenibili nei lavori preparatori appare illogico che un determinato regime fiscale possa essere adottato solo ab origine, potendo invece essere configurato come abusivo se acquisito in un momento successivo.

ESEMPIO: non configura abuso del diritto il comportamento che il contribuente abbia adottato, rispettando lettera e ratio delle norme, in vista del futuro riconoscimento di un vantaggio tributario: in questa prospettiva, va inquadrata la rivalutazione delle partecipazioni al fine di ridurre il prelievo sulla plusvalenza emergente dalla successiva cessione a terzi delle stesse.

Ipotesi di operazioni complesse 

Le operazioni complesse sono costituite da più fatti, atti o contratti tra loro collegati e riconducibili al perseguimento (e all’attuazione) di un interesse del contribuente: in tal caso, ai fini della sussistenza di un “collegamento” tra più atti, fatti e contratti diversi occorre individuare, dunque, l’obiettivo concretamente perseguito dal contribuente nell’attuazione del disegno unitario e la riconducibilità degli stessi a detto disegno, anche tenuto conto della loro concatenazione sul piano temporale.

Il vantaggio fiscale indebito non va ricercato necessariamente in capo al risultato dei singoli atti, fatti e contratti posti in essere, ma nel risultato del collegamento tra gli stessi con cui si è esplicato o attuato il disegno unitario perseguito dal contribuente.

Di conseguenza, in tale ipotesi può essere opportuno riferirsi, oltre che alla ratio delle norme applicate dal contribuente, anche ai principi dell’ordinamento tributario: ad esempio, il principio di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, il divieto di doppia deduzione, il divieto di salti d’imposta non voluti dal legislatore.

Verificata dunque la presenza del vantaggio fiscale indebito - in quanto, si ripete, ottenuto in contrasto con lo spirito delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento - per poter qualificare come abusivo il comportamento del contribuente è necessario proseguire nella ricerca degli ulteriori requisiti coessenziali dell’abuso: l’assenza di sostanza economica e l’essenzialità del vantaggio fiscale indebito.

Assenza di sostanza economica 

Quanto all’assenza di sostanza economica, la lett. a) del comma 2 dell’art. 10-bis precisa che si considerano “operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”.

La Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 128 del 2015, dopo aver sottolineato che i due indici di mancanza di sostanza economica sono a titolo esemplificativo, qualifica come elementi necessari della condotta abusiva:

  •  l’oggettivo contrasto dell’operazione con lo spirito e la finalità delle norme fiscali 
  • e la presenza di una costruzione abusiva (di “puro artificio”, dice la raccomandazione), nel senso di operazione priva di sostanza economica". 

Da queste indicazioni si desume che devono considerarsi potenzialmente abusive, in quanto prive di sostanza economica, le sequenze di atti negoziai i che, nella loro concatenazione, non producono, né hanno la funzione di produrre, modifiche significative nella sfera economico-giuridica del soggetto, in quanto i diversi negozi che compongono la sequenza sono disposti in modo da elidersi vicendevolmente, riportando il soggetto all’assetto economico-giuridico originario (le c.d. operazioni circolari). Vi rientrano anche le operazioni caratterizzate da un uso “distorto”, cioè non fisiologico, degli strumenti giuridici utilizzati.

Ne consegue che ai fini della verifica dell’assenza della sostanza economica, si ravvisa una oggettiva inidoneità dell’atto o della sequenza di atti a produrre nella sfera del contribuente effetti di rilievo diversi dai vantaggi fiscali; i due elementi costitutivi dell’abuso rappresentati dall’assenza di sostanza economica e dall’essenzialità del vantaggio fiscale finiscono quindi per rivelarsi tra loro speculari: il vantaggio fiscale indebito può dirsi essenziale - dunque non necessariamente esclusivo, ma comunque più che prevalente - proprio quando l’operazione risulta priva di sostanza economica, in quanto inidonea a produrre significativi effetti extrafiscali.

Le valide ragioni extrafiscali 

Tale aspetto attiene alla ripartizione dell’onere della prova.

Al riguardo, all’ufficio accertatore che abbia dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto, il contribuente può comunque opporre la rispondenza delle scelte negoziati effettuate a finalità ulteriori e non marginali rispetto al mero risparmio d’imposta; il comma 3 dell’art. 10-bis stabilisce infatti che “non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da validen ragioni extrafiscati, non marginali, anche di ordine organizzativo e gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”. 

Sotto il profilo della ripartizione dell’onere della prova, l’Amministrazione dovrà dunque provare - oltre alla natura indebita del vantaggio fiscale conseguito - l’assenza di sostanza economica sulla base dei suddetti indici o della circolarità dell’operazione, mentre spetterà al contribuente descrivere (nell’eventuale istanza di interpello) o comunque dimostrare, in sede di risposta alla richiesta di chiarimenti o in sede contenziosa, la sussistenza di valide ragioni extrafiscali non marginali a base delle scelte negoziali operate.

Per cogliere la non marginalità delle ragioni extrafiscali occorra guardare all’intrinseca valenza di tali ragioni, rispetto al compimento dell’operazione di cui si sindaca l’abusività. In questo senso, le valide ragioni economiche extrafiscali non marginali sussistono solo se l'operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza. 

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4) Quadro definitorio di sintesi


Vantaggio fiscale indebito 

Costruzione di un negozio o di una sequenza negoziale, per ottenere l’applicazione del regime fiscale di vantaggio, tradendo le finalità delle norme fiscali o ponendosi in contrasto con i principi dell’ordinamento tributario (pur nel rispetto formale delle norme tributarie)

 

Assenza di sostanza economica 

Oggettivo contrasto dell’operazione con lo spirito e la finalità delle norme fiscali; 

 

Presenza di una costruzione abusiva (di “puro artificio”)

 

Oggettiva inidoneità dell’atto o della sequenza di atti a produrre nella sfera del contribuente effetti di rilievo diversi dai vantaggi fiscali

Valide ragioni extrafiscali non marginali

Onere del contribuente provare che l’operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza

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Fonte immagine: Foto di Ezequiel Octaviano da Pixabay
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