I commi da 16 a 27 dell’articolo 1 del DL 73/2021, il Decreto Sostegni-bis, hanno istituito un contributo a fondo perduto per gli operatori economici, con ricavi o compensi che non superano i dieci milioni di euro, che hanno visto peggiorare il proprio risultato economico d’esercizio del 2020 rispetto a quello del 2019.
Dato che il fine del contributo è quello di “sostenere gli operatori economici maggiormente colpiti dall'emergenza epidemiologica”, il beneficio ha assunto il nome di contributo perequativo.
Come ormai tutti gli interessati sapranno, il sostegno avverrà dietro presentazione di apposita istanza, in funzione della cui predisposizione è stata richiesta ai contribuenti che ne vorranno beneficiare di presentare la propria dichiarazione dei redditi del 2021 (relativa all’anno fiscale 2020) entro la data del 30 settembre 2021 (l’originaria data del 10 settembre è stata prorogata).
Il motivo per cui è stato richiesto ai contribuenti di anticipare l’invio della dichiarazione dei redditi è per permettere all’Agenzia delle Entrate di verificare i dati più importanti contenuti nell’istanza: il risultato economico d’esercizio del 2019, che è un dato ormai acquisito, e quello del 2020.
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1) La correzione delle dichiarazioni dei redditi
In questo contesto si inserisce però un potenziale problema: le dichiarazioni dei redditi degli esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo sono divenute, di anno in anno, sempre più complesse; e la complessità, se combinata a una scadenza anticipata, può portare all’errore, anche in buona fede.
In caso di errore, le dichiarazioni dei redditi possono essere corrette:
- senza sanzioni con dichiarazione correttiva, entro il termine ordinario di scadenza dell’invio, che per il 2021 è fissato al 30 novembre;
- con sanzioni, oltre tale data, con dichiarazione integrativa.
La correzione spontanea dell’errore rappresenta sia un diritto che un dovere del contribuente; il problema, in questo caso, sono le conseguenze della correzione sull’istanza di contributo perequativo e sulla sua successiva erogazione.
Ovviamente prendiamo in esame i casi in cui la correzione sia avvenuta dopo la trasmissione dell’istanza; in quanto, se avviene prima, questa conterrà già il dato corretto e la correzione non avrà implicazioni.
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2) Le conseguenze sull’istanza
In relazione alla predisposizione dell’istanza occorrerà distinguere due situazioni: che la correzione della dichiarazione:
- abbia come conseguenza la modifica del risultato economico d’esercizio;
- non abbia come conseguenza la modifica del risultato economico d’esercizio.
Se il risultato economico d’esercizio non subisce modifiche, in mancanza di impatto sulla quantizzazione del contributo perequativo, in quanto il valore di riferimento rimane valido e invariato, si può presumere che la correzione della dichiarazione non avrà effetti sull’istanza.
Diverso è il caso in cui l’invio della nuova dichiarazione, correttiva o integrativa che sia, abbia come conseguenza la modifica del risultato economico d’esercizio, in quanto il valore dichiarato sull’istanza non coinciderà con il risultato realmente conseguito; in questa situazione si dovranno distinguere altri due casi:
- l’errore del contribuente comporta un risultato economico d’esercizio minore di quello dichiarato con la prima dichiarazione;
- l’errore del contribuente comporta un risultato economico d’esercizio maggiore di quello dichiarato con al prima dichiarazione.
Nella prima situazione, il contribuente, avendo in origine e sull’istanza dichiarato un risultato economico d’esercizio minore di quello realmente conseguito, avrà di fatto commesso un errore che va a suo sfavore, dato che il contributo perequativo ha come base di calcolo la differenza tra il risultato del 2019 e quello del 2020; in questo caso, non arrecando svantaggio né all’erario né alla collettività, non potrà essere sanzionato.
Diverso è il caso in cui la correzione della dichiarazione, da parte del contribuente, comporti un risultato economico d’esercizio maggiore.
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3) L’impianto sanzionatorio
Nel caso in cui la correzione della dichiarazione avvenga dopo l’invio dell’istanza ma prima dell’erogazione del contributo, non è dato sapere se il dato dichiarato sul modello sarà rettificato dai sistemi informatici dell’Agenzia delle Entrate, oppure no; ma, basandosi sulle modalità operative adoperate nel contesto pandemico per questo genere di erogazioni, è possibile che la verifica delle istanze sia solo di tipo formale, rinviando a un momento successivo la verifica della spettanza del contributo e della sua misura.
Se ciò non avviene, nel caso in cui il contributo venga erogato in base al dato dichiarato dal contribuente prima della correzione della dichiarazione, e per effetto di ciò venga erogato un contributo di importo maggiore rispetto a quello effettivamente spettante, entra in gioco l’impianto sanzionatorio previsto dalla normativa.
Il comma 26 dell’articolo 1 del DL 73/2021 sul tema rimanda, “in quanto compatibili”, alle disposizioni previste dal comma 9 dell’articolo 1 del DL 41/2121; questo, a sua volta, rimanda, sempre “in quanto compatibili”, alle previsioni contenute nel comma 12 dell’articolo 25 del DL 34/2020, il quale prevede che “qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante […] l'Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni in misura corrispondente a quelle previste dall'articolo 13, comma 5, del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n.471 e gli interessi dovuti ai sensi dell'articolo 20 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.602”.
Quindi, in definitiva, il contribuente, in questa situazione, dovrebbe attendere l’avviso dell’Agenzia delle Entrate con l’ammontare di contributo non spettante da restituire, al quale saranno applicate le sanzioni e gli interessi previsti per il versamenti effettuati in ritardo o omessi.
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