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L’ESERCIZIO ABUSIVO DELLE ATTIVITÀ DI NOLEGGIO/LOCAZIONE DI UNITÀ DA DIPORTO NAUTICO

L’esercizio abusivo delle attività di noleggio/locazione di unità da diporto nautico

Nonostante siano frequenti i casi di abuso della disciplina finalizzati all’indebita fruizione di imbarcazioni da diporto, esistono modalità di utilizzo lecite

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Giuseppe Napoli[1] e Lorenzo Sacchetti[2]

Ogni anno le cronache giornalistiche riportano l’esecuzione di controlli in materia di nautica da diporto con evidenza di numerosi illeciti relativi, in particolar modo, al distorto utilizzo della disciplina in materia di “Locazione e Noleggio di imbarcazioni da diporto” al fine di ottenere vantaggi fiscali indebiti e, sempre più spesso, di destinare illecitamente l’imbarcazione al godimento personale e familiare del proprietario. Tali condotte, in presenza di precise condizioni, comportano numerose conseguenze sanzionatorie, sia in ambito tributario, sia in relazione all’applicazione della norma sanzionatoria di cui all’art. 55 del “Codice della nautica da diporto”. A tale riguardo, è utile l’esame di alcune tra le principali condotte illecite oggetto di contestazione da parte degli Organi di controllo, così da porre in evidenza come le sanzioni contemplate dalla norma citata, non possano applicarsi in caso di utilizzo non prevalente dell’unità da diporto da parte del proprietario, in forza di regolare contratto a prezzi di mercato, qualora la stessa sia stata oggetto di locazione commerciale a società terza realmente operante nel settore del “charter nautico”. Negli ultimi anni, infatti, i cosiddetti “contratti di gestione” sono diventati una prassi consolidata del mercato del charter nautico.


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1) Premessa

Le cronache estive commentano quasi con regolarità, notizie di controlli e contestazioni, da parte degli enti competenti, per illeciti connessi in conseguenza di un utilizzo improprio di imbarcazioni da diporto, impiegate per finalità commerciali di noleggio e locazione.

Tra le contestazioni più frequenti, in particolare, si segnalano:

  • l’esercizio abusivo del noleggio di unità da diporto mediante unità da diporto oggetto di formali contratti di locazione;
  • l’esercizio di attività di trasporto di persone a titolo oneroso con unità da diporto;
  • l’intestazione di unità da diporto a società fittiziamente esercenti la locazione e il noleggio, ma di fatto utilizzate a fini personali dall’imprenditore.

In relazione a tali fattispecie, in aggiunta agli aspetti fiscali per i quali deve essere investito il competente Comando della Guardia di finanza[3], si rende applicabile anche la disciplina della nautica e si procede, quindi, alla contestazione della violazione di cui all’art. 55 del D.Lgs. n. 171/2000, vale a dire: “Esercizio abusivo delle attività commerciali con unità da diporto”, con la comminazione delle previste sanzioni di natura amministrativa.

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2) Utilizzo a fini commerciali delle unità da diporto: la locazione e il noleggio

2.1 - L’utilizzo a fini commerciali delle imbarcazioni da diporto

Come noto, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 171/2005 (Codice della nautica da diporto), s’intende per navigazione da diporto quella eseguita in acque marittime e interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro, nonché quella esercitata a scopi commerciali, anche mediante le navi di cui all’art. 3, della Legge 8 luglio 2003, n. 172[4], ferma restando la disciplina ivi prevista.

Il successivo art. 2, comma 1, del citato Codice, individua i casi in cui l’unità da diporto è utilizzata ai fini commerciali:

  • è oggetto di contratti di locazione e di noleggio;
  • è utilizzata per l'insegnamento professionale della navigazione da diporto;
  • è utilizzata da centri di immersione e di addestramento subacqueo come unità di appoggio per i praticanti immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo;
  • è utilizzata per assistenza all’ormeggio delle unità da diporto nell’ambito delle strutture dedicate alla nautica da diporto;
  • è utilizzata per l'attività di assistenza e di traino delle unità;
  • è utilizzata, nel rispetto della normativa europea, nazionale e regionale di settore, per l'esercizio di attività in forma itinerante di somministrazione di cibo e di bevande e di commercio al dettaglio.

Assume rilievo, per quanto si dirà infra, la norma contenuta nel comma 4, dell’art. 2 in esame, in base alla quale le unità da diporto oggetto di contratti commerciali di noleggio/locazione, possono essere utilizzate esclusivamente per le attività a cui sono adibite.

2.2 - La locazione e il noleggio nella nautica da diporto

Ai sensi dell’art. 42 del Codice, la locazione di unità da diporto è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga verso corrispettivo a cedere il godimento dell’unità a un’altra parte (conduttore) per un periodo di tempo determinato.

Con la stipula del contratto di locazione, l’unità da diporto è detenuta dal conduttore, il quale esercita la navigazione e ne assume la responsabilità e i rischi.

Il locatore, pertanto, consegue un corrispettivo, ma rimane estraneo all’utilizzo dell’unità in navigazione[5].

Il contratto di locazione è redatto per iscritto a pena di nullità e poiché non è soggetto a pubblicità, deve essere mantenuto a bordo durante il rapporto contrattuale, al fine di dimostrare la regolarità dell’impiego dell’unità ed evitarne l’utilizzo promiscuo (commerciale e personale).

L’art. 47 del Codice, invece, disciplina il contratto di noleggio nautico: in particolare, con il contratto di noleggio, l’armatore (noleggiante) si obbliga a mettere a disposizione dell’altra parte (noleggiatore) un’unità da diporto per un determinato periodo di tempo, da trascorrere a scopo ricreativo in zone marine o acque interne di sua scelta, da fermo o in navigazione, a fronte di un corrispettivo pattuito.

L’unità noleggiata rimane, pertanto, nella disponibilità del noleggiante, alle cui dipendenze resta anche l’equipaggio[6]. Pur avendo qualche caratteristica in comune con il contratto di locazione, tuttavia, se ne differenzia nettamente per le diverse connotazioni giuridiche riferite all’impiego dell’unità da diporto che, per quanto concerne il privato-noleggiatore è del tipo turistico, sportivo o ricreativo, mentre per l’armatore(noleggiante) ha effettiva natura commerciale.

Ai sensi dell’art. 49-bis del Codice, poi, al fine di incentivare la nautica da diporto e il turismo nautico, il proprietario, persona fisica o società, non avente come oggetto sociale il noleggio o la locazione, ovvero l'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, di imbarcazioni e navi da diporto iscritte nei registri nazionali, può eseguire, in forma occasionale, attività di noleggio della predetta unità: tale forma di noleggio non costituisce uso commerciale dell'unita.

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3) La disciplina sanzionatoria di cui all’art. 55 del D.Lgs. n. 171/2000

Come accennato, con puntuale riferimento alla disciplina del diporto nautico, nei casi illeciti rilevati, si procede alla contestazione della violazione di cui all’art. 55 del D.Lgs. n. 171/2000.

In particolare, la citata norma, prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa da euro 2.770 a euro 11.017, qualora:

  • siano svolte (comma 1) le attività connesse all’uso commerciale dell’unità da diporto (di cui all’art. 2, comma 1, dello stesso Codice), senza l'osservanza delle disposizioni sancite dal successivo comma 2 dello stesso art. 2 riferite all’obbligo di annotazione nell’ATCN;
  • siano utilizzate (comma 1) unità da diporto per attività diverse da quelle cui sono adibite;
  • sia esercitata (comma 1), con unità da diporto, attività di trasporto di persone a titolo oneroso (di cui agli artt. 396-418 Cod. nav.)[7];
  • sia omessa la dichiarazione (comma 2) prevista dall’art. 2, comma 3, del Codice, afferente all’obbligo di presentazione da parte dell’esercente le attività commerciali in parola con unità da diporto battenti bandiera di uno dei Paesi dell’Unione europea o di un Paese terzo[8].

Per quanto di maggior interesse, si deve richiamare l’attenzione sulla disposizione contenuta nel comma 1 dell’art. 55, riferita alla condotta di utilizzo dell’unità per attività diverse da quelle cui sono adibite.

La norma va letta insieme con la previsione contenuta nel comma 4 del predetto art. 2 del Codice, ove, come visto, è disposto: “Le unità da diporto di cui al comma 1, lettera a), possono essere utilizzate esclusivamente per le attività a cui sono adibite”.

Si deve, peraltro, osservare che la normativa sulla nautica da diporto[9], impone di adibire in via esclusiva alla locazione o noleggio, un’unità da diporto fino a quando dura la sua concreta utilizzazione in tal senso, e ciò significando che, ove cessi tale utilizzo, e previa modificazione dello status amministrativo nei relativi registri, l’unità potrà essere utilizzata per finalità non commerciali.

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4) Analisi di alcuni casi di maggior interesse operativo

4.1 - L’esercizio abusivo dell’attività di noleggio di unità da diporto

Sono oggetto di contestazione, molto spesso, casi in cui le imbarcazioni, a fronte di formali contratti di locazione stipulati con una controparte compiacente, siano di fatto impiegate con equipaggio messo a disposizione dalla società proprietaria e quindi in attività di noleggio.

Solitamente l’unità da diporto, registrata per uso di locazione commerciale, è di fatto utilizzata abusivamente – e in completa evasione d’imposta – per attività di noleggio offrendo servizi turistici a passeggeri anche ignari.

Nella sostanza, la frode si articola:

  • nella simulazione di un contratto di locazione tra una società – appositamente costituita a tale scopo dallo stesso utilizzatore, ovvero destinata allo stesso fine – e la persona fisica utilizzatrice dell’unità da diporto al solo scopo di precostituire una situazione di apparente divergenza dalla realtà fattuale;
  • nell’esecuzione, in completa evasione fiscale[10] e contributiva[11], di attività di noleggio di unità da diporto.

In questi casi, come appare evidente, oltre alle connesse sanzioni amministrative/penali connesse al mancato pagamento delle imposte sugli elementi positivi di reddito occultati all’Erario, trova piena applicazione la norma sanzionatoria ex art. 55, comma 1, del Codice, nella misura in cui, come visto, punisce chiunque “utilizza unità da diporto per attività diverse da quelle cui sono adibite”.

4.2 -  Esercizio di attività di trasporto di persone a titolo oneroso con unità da diporto

L’art. 55 del Codice della nautica da diporto, sanziona anche chiunque eserciti con unità da diporto le attività di trasporto di persone a titolo oneroso di cui agli articoli da 396 a 418 del Codice della Navigazione.

La specifica tematica, da tempo, ha suscitato l’interesse della dottrina specializzata[12] proprio in virtù delle criticità rilevate in relazione alla stipula di contratti di noleggio cc.dd. “a viaggio” che, di fatto, rappresentano un transfer di passeggeri da un porto all’altro[13].

La questione, in sintesi, riguarda la circostanza che la finalità precipua del trasporto di persone in ambito diportistico dovrebbe restare quella propria del diporto e, quindi, lo spostamento via mare dei passeggeri dovrebbe risultare servente a realizzare e perseguire esclusivamente finalità sportive e/o ricreative senza che vi sia un collegamento point to point, senza orari prefissati e/o tassativi di partenza e di rientro a differenza del trasporto “puro” di passeggeri che consiste, invece, nel “viaggio”, vale a dire nel trasferimento di persone tra due o più luoghi ben definiti nell’ambito di una attività svolta con continuità e sistematicità.

Il contratto di noleggio di unità da diporto “a viaggio”, infatti, pur non contemplato dal Codice della nautica da diporto, era ammesso dalla dottrina nell’ipotesi in cui era predeterminato l’itinerario, i tempi di viaggio, gli ormeggi e, dunque, “l’arco temporale” dell’utilizzazione commerciale dell’unità.

Si tratta di fattispecie disciplinata, di contro, dall’art. 384 del Codice della Navigazione che presenta più affinità con il contratto di trasporto passeggeri e come tale va inquadrata in uno ai relativi adempimenti amministrativi e tecnici, con la necessità di iscrizione delle unità negli appositi registri.

Orbene, la disposizione qui in commento, è evidentemente diretta, con lo scopo di sgombrare il campo da ogni dubbio applicativo, a vietare tout court la possibilità di utilizzare l’unità da diporto per il trasporto di persone a titolo oneroso; attività che, pertanto, risulterà assoggettata esclusivamente alle disposizioni del Capo III – Sezione I, del Codice della Navigazione, rubricata: “Del trasporto di persone”. 

In relazione all’ipotesi qui in esame, va richiamata, inoltre, l’attenzione sul contenuto del comma 3, dell’art. 55 del Codice che, nel caso di impiego di unità da diporto per le attività di trasporto di persone a titolo oneroso di cui si è discusso, prevede la sospensione della patente nautica, da uno a tre mesi e, se la violazione è reiterata nel biennio, la revoca della stessa.

In linea con la ricostruzione operata si pone, in ultimo, il contenuto dell’art. 47, comma 2, del Codice della nautica da diporto, in base al quale il contratto di noleggio di unità da diporto non può avere ad oggetto l’attività di collegamento di linea ad orari prestabiliti tra due o più località predefinite.

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4.3 - Intestazione fittizia di unità da diporto a società, ma utilizzate per godimento personale

In ultimo, ma non per importanza – visto che si tratta del fenomeno illecito maggiormente attenzionato dagli Organi di controllo – si deve richiamare l’attenzione sull’indebito utilizzo di imbarcazioni, formalmente intestate a società al solo scopo di permettere ai soci della medesima, nonché ai propri familiari, il godimento della stessa per finalità esclusivamente personali e/o familiari.

Sovente, sono scoperti articolati sistemi di frode, strutturati sulla creazione di aziende fittiziamente operanti nel settore del “chartering nautico”, ma di fatto costituenti un mero “schermo societario”.

In particolare, questo tipo di frode è messa in atto con:

  • l’intestazione di unità da diporto registrata per uso commerciale a una società avente come oggetto sociale la locazione di unità da diporto;
  • la simulazione di contratti di locazione con altra società, appositamente creata per lo scopo, riconducibile agli stessi soci della società proprietaria/armatrice,

al fine di ottenere un risparmio fiscale (sia Imposte dirette che Iva), grazie all’indebita deduzione dal reddito di impresa dei costi di gestione dell’unità da diporto e della detrazione della relativa Iva. 

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 43/E del 2011 (par. 3.3.), ha esaminato l’applicabilità del regime di non imponibilità iva di cui all’art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972 all’attività di noleggio posta in essere dalla società proprietaria di unità da diporto adibita ad uso commerciale nei confronti di propri soci, a canoni non inferiori a quelli di mercato, sottolineando la necessità di indagare ogni singola realtà aziendale attentamente, caso per caso, e in particolare quando:

  • il destinatario finale effettivo della prestazione non sia un’impresa;
  • si riscontri che la forma societaria si riduca di fatto ad uno strumento per acquistare senza iva beni destinati esclusivamente ad essere messi a disposizione dei soci persone fisiche o dei loro familiari, con la ragionevole conseguenza di ritenere non configurabile quale esercizio di una attività economica, la mera messa a disposizione dell’unità da diporto al godimento del socio.

Inoltre, sottolinea l’Agenzia delle entrate, occorre condurre specifiche riflessioni anche in relazione al caso in cui l’attività commerciale consistente in prestazioni di noleggio e locazione dell’imbarcazione, sia svolta nei riguardi dei soci e/o dei familiari e/o affini (o di persone in qualche modo riconducibili al “soggetto imprenditore”) - sempreché il corrispettivo richiesto non sia inferiore al valore normale – ma pure a favore di altri soggetti.

In relazione a tale ultima ipotesi in cui la locazione o il noleggio sia resa sia ai soci a canoni di mercato, sia a soggetti diversi, è introdotto il “criterio della prevalenza quantitativa” con la conseguenza di rendere applicabile il regime di non imponibilità Iva, solo quando risulti verificato che l’attività è svolta prevalentemente nei confronti di soggetti diversi dai soci.

Riguardo alle modalità di riscontro della prevalenza dell’attività compiuta nei riguardi di terzi, l’Agenzia chiarisce come esso possa avvenire sulla base di parametri oggettivi, quali i giorni di utilizzo dell’unità da diporto e l’ammontare dei corrispettivi fatturati[14].

Infine, l’Agenzia delle entrate, in caso di mancato soddisfacimento del requisito della prevalenza secondo i citati criteri “quantitativi”, segnala come – ai fini della possibile applicazione del regime di non imponibilità Iva in parola – possa farsi riferimento a taluni, ulteriori criteri oggettivi concernenti:

  • l’effettivo affidamento dell’unità da diporto a un broker indipendente per il noleggio e/o la locazione nei confronti di soggetti terzi a prezzi di mercato;
  • la concreta pubblicizzazione dell’attività di noleggio e/o locazione dell’unità da diporto su siti internet e riviste specializzate (gratuite o a pagamento);
  • la dimostrazione dell’effettivo svolgimento di attività di negoziazione con soggetti terzi, indipendentemente dall’effettiva stipulazione di contratti (es. dal buon esito delle trattative)[15].

Rientrano nelle ipotesi esaminate anche le cc.dd. “società di comodo”[16] che hanno lo scopo di permettere ai soci l’ottenimento di numerosi vantaggi di carattere fiscale, economico e finanziario quali la separazione del proprio patrimonio da quello della società (con il beneficio della responsabilità limitata), il mancato esborso dell’Iva sui costi riconducibili all’acquisto dell’imbarcazione in leasing, la mancata applicazione delle Accise sul gasolio, la detrazione dell’Iva e delle spese sostenute per mantenere la barca e il suo equipaggio[17].

Le osservazioni contenute nella citata nota di prassi, tuttavia, pur assolutamente utili per quanto si dirà infra, concernono aspetti fiscali connessi in modo specifico al riconoscimento del regime di non imponibilità Iva, ex art. 8-bis del decreto Iva.

Bisogna, dunque, tornare alle questioni afferenti alla disciplina della nautica da diporto.

Nei casi descritti, in via di sintesi, si assiste all’utilizzo di una unità da diporto (formalmente concessa in locazione a fini commerciali) per soddisfare esigenze personali dell’imprenditore e/o dei suoi familiari.

Tale fattispecie, si pone in stridente contrasto con quanto sancito nell’art. 2, commi 1, lett. a) e 4, in ragione del fatto che l’unità da diporto adibita alla locazione commerciale e affidata in locazione a terzi, deve essere utilizzata esclusivamente per l’attività cui è adibita.

E quindi chiaro che se l’unità da diporto risulta utilizzata solo, o in via prevalente, dal proprietario, anche attraverso contratti di locazione o noleggio a prezzo di mercato (ivi compresa l’ipotesi di società “schermo” riconducibile allo stesso), si rende pienamente operante la norma sanzionatoria di cui all’art. 55 del Codice.

Si tratta, esemplificando, dei casi che vedono l’unità da diporto:

  • essere di proprietà di una persona fisica o giuridica, formalmente registrata ad uso commerciale di locazione ed oggetto di contratti simulati di noleggio o locazione in favore di terzi, ma di fatto, esclusivamente o prevalentemente, utilizzata dal proprietario;
  • formalmente affidata in locazione ad una società che esercita attività di noleggio o locazione (società di charter, broker nautico, ecc..), ma utilizzata dal proprietario in via prevalente o esclusiva, attraverso contratti di locazione o noleggio anche a prezzi di mercato con lo stesso proprietario o con altra società “schermo” riconducibile al medesimo.

Al contrario, grazie alla presente disamina, emerge come la violazione dell’art. 55 del “Codice della nautica da diporto”, non possa ritenersi integrata quando:

  • l’unità da diporto, di proprietà di persona fisica o giuridica, sia affidata in locazione, a un congruo prezzo di mercato, a una società di charter o un broker nautico, realmente operanti e indipendenti rispetto al proprietario;
  • l’attività della società locataria/conduttrice sia correttamente dichiarata e pubblicizzata su siti internet e riviste specializzati e offra servizi di charter a titolo principale rivolti a chiunque;
  • la società locataria utilizzi, quindi, l’imbarcazione in attività di noleggio o locazione, prevalentemente verso soggetti diversi dal proprietario;
  • l’imbarcazione sia utilizzata dallo stesso armatore proprietario, in forza di regolare contratto di locazione a valore normale, per un breve periodo dell’anno.

In tali circostanze, infatti, si ritiene non operante il disconoscimento dell’esercizio dell’attività di locazione da parte della società di charter, giacché l’utilizzo dell’unità da parte del proprietario, secondo i normali canoni imprenditoriali e di mercato, non dovrebbe eliminare quella condizione di esclusività nell’utilizzo della stessa (prevista nell’art. 2, comma 4, del Codice) la cui mancanza, come detto, importa l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 55 dello stesso Codice[18].

5) Note

[1] Professore a contratto di Diritto Processuale Tributario presso l’Università Luiss Guido Carli e docente presso la Scuola di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma. Dottore commercialista e Revisore legale.

[2] Appartenente all’Amministrazione finanziaria. Autore di numerosi articoli e monografie in materia tributaria.

[3] Si veda l’art. 36 del D.P.R. n. 600/1973: “I    soggetti  pubblici incaricati  istituzionalmente  di   svolgere attività ispettive    o   di   vigilanza  nonché  gli    organi giurisdizionali,   requirenti  e giudicanti, penali, civili e amministrativi  e,  previa   autorizzazione,  gli  organi   di  polizia giudiziaria  che,   a  causa  o   nell'esercizio delle loro funzioni, vengono  a conoscenza   di  fatti  che   possono  configurarsi  come violazioni  tributarie   devono  comunicarli  direttamente ovvero, ove previste,  secondo le   modalità stabilite  da  leggi   o  norme regolamentari  per   l'inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l'eventuale documentazione atta a comprovarli”.

[4] Si tratta delle navi destinate esclusivamente al noleggio per finalità turistiche.

[5]  Il contratto di locazione delle imbarcazioni e delle navi da diporto è tenuto a bordo in originale o copia conforme.

[6] Il contratto di noleggio è redatto per iscritto a pena di nullità e deve essere tenuto a bordo in originale o copia conforme.

[7]  Nel caso di impiego di unità da diporto per le attività di trasporto di persone a titolo oneroso, è prevista anche la sospensione della patente nautica da 1 a 3 e, se la violazione è reiterata nel biennio, la patente nautica è revocata.

[8]  Sul punto, si deve rilevare come il testo della disposizione contenga un evidente errore nella misura in cui fa rimando al comma 4 dell’art. 2 che, come emerge dalla lettura del medesimo, non contiene alcun obbligo riferito alla presentazione di dichiarazioni.

[9]  Cfr. art. 19, comma 4-bis, del codice della nautica da diporto.

[10]  In molti casi, infatti, sia la persona fisica utilizzatrice che la società armatrice, omettono di adempiere gli obblighi fiscali.

[11]  Dissimulando il noleggio con la locazione, infatti, l’equipaggio, come pure i clienti a bordo, viene qualificato come ospiti con la conseguente omessa formalizzazione del rapporto di lavoro dipendente tra società ed equipaggio.

[12]  Cfr. A. Mignone, “L’utilizzo commerciale delle unità da diporto tra regolamentazione e prassi operativa”, su www.giureta.unipa.it.

[13]  Cfr. V. Corona, “I contratti del diporto nautico”, in V. Franceschelli e F. Morandi, “Manuale di diritto del turismo”, Torino, 2013, p. 265, che osserva come, dal punto di vista pratico, il noleggiante spesso non si limita a mettere a disposizione i soli servizi di navigazione, ma “effettua il trasporto del diportista-passeggero-noleggiatore e dei suoi ospiti», con la conseguenza che sul noleggiante graverebbe la responsabilità del vettore per i sinistri occorsi al passeggero”. Sul punto si veda anche A. Corrado, “I formulari di contratto relativi alla costruzione e alla distribuzione commerciale delle unità da diporto”, in “La responsabilità civile e penale negli sport del turismo”, vol. III “L’acqua, mare, fiumi”, a cura di F. Morandi e U. Izzo, Torino, 2015, p. 212 ss.; F. Pellegrino, “L’utilizzazione a fini commerciali delle unità da diporto”, in “Trattato breve di diritto marittimo”. volume IV, “Navigazione da diporto e viaggio organizzato. Disposizioni processuali”, a cura di A. Antonini, Milano, 2013, p. 109 ss..

[14]  Il requisito della prevalenza dell’attività nei riguardi di terzi, può ritenersi sussistente, per il periodo d’imposta in corso, qualora nel biennio precedente, la percentuale delle operazioni rese a terzi rappresenti la maggioranza delle prestazioni effettuate, sulla base di entrambi i seguenti parametri: a) ammontare dei corrispettivi derivanti dall’attività svolta nei confronti di terzi; b) giorni di utilizzo dell’unità da diporto da parte di soggetti terzi.

[15] Sul punto, anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 53319/2018, ha chiarito che se l’imbarcazione è utilizzata dal socio a valore normale, non è possibile concludere che il noleggio sia in ogni caso da configurarsi come occasionale e, pertanto, escluso dal regime di non imponibilità iva ex art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972. Nel caso di noleggio a favore del socio, dunque, secondo i giudici, il riscontro della prevalenza dell’attività svolta nei confronti dei terzi si desume da parametri oggettivi, quali: i) l’ammontare dei corrispettivi derivanti dall’attività svolta nei confronti di terzi; ii) i giorni di utilizzo dell’unità da diporto da parte di soggetti terzi.

[16] La disciplina delle “Società di comodo” è stata introdotta con la Legge n. 724/1994 allo scopo di scoraggiare la creazione di società di mero godimento. Nell’ottica legislativa, la qualifica di società di comodo allude appunto al fenomeno costituito dall’utilizzo dello schermo societario per l’intestazione e separazione di cespiti patrimoniali e per l’ottenimento della responsabilità limitata. È prevista l’esecuzione di un test di operatività per verificare l’esistenza della condizione di “società di comodo” o “non operative”. Il test verifica che nell’anno di valutazione l’ammontare dei ricavi effettivi sia inferiore ai ricavi presunti, calcolati applicando dei coefficienti di legge ai propri assets patrimoniali. Il legislatore prevede conseguenze negative per le società che non hanno superato il test d’operatività ai fini delle imposte sui redditi ed iva.

[17] In molti casi, tali condotte fraudolente possono innescare, al superamento delle soglie di rilevanza previste, anche la segnalazione alla competente Autorità giudiziaria di ipotesi di reati tributari di “Dichiarazione infedele”, “Dichiarazione fraudolenta” nonché “Emissione di fatture per operazioni inesistenti, ex artt. 2, 3, 4 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000. Frequentemente, infatti, sono riscontrate circostanze illecite riferite a: i) anomalie nei rapporti societari con commistione dei conti bancari utilizzati per pagare le rate del leasing per l'imbarcazione utilizzata nella frode; ii) emissione di fatture non corrispondenti ad un'effettiva prestazione in quanto emesse da una società non avente quale oggetto sociale il diporto nautico e necessità di utilizzare, quale bene strumentale, un'imbarcazione da diporto; iii) nascita della società dettata proprio dalla necessità di acquistare una grossa imbarcazione in regime di esenzione iva, attraverso la stipula del leasing senza corrispondere l'imposta dovuta ed il pagamento delle rate (Cassazione, sentenza n. 34368 del 2017, n. 37024 e n. 53319 del  2018, n. 5809 del 2019).

[18] Sulla base dell’attuale quadro normativo, va peraltro osservato, non è contemplato un espresso divieto per il proprietario di risultare a bordo dell’imbarcazione locata.

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