Speciale Pubblicato il 07/05/2020

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Le prime indicazioni della Fondazione dei Commercialisti sui bilanci 2019-2020

di Dott. Filippo Lo Piccolo

Chiusura dei bilanci 2019 alle prese con l'impatto dell'emergenza Coronavirus: in aiuto un documento della Fondazione dei Commercialisti del 20 aprile



Se i dati sulla emergenza sanitaria sono incoraggianti, i professionisti in questi giorni si trovano a gestire la campagna di approvazione dei bilanci chiusi al 31 dicembre 2019 e ad immaginare l’impatto che il Covid-19 avrà su quelli in chiusura nel 2020.

I due decreti che si sono succeduti – il cd “Cura Italia” Decreto n. 18 del 17 marzo 2020 e il cd “Decreto Liquidità” Decreto n. 23 dell’8 aprile 2020 – hanno dato indicazioni “di legge”. Ma per il trattamento delle poste di bilancio pervengono alcune indicazioni di prassi da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, con il documento di ricerca rubricato “L’impatto dell’emergenza sanitaria sulla continuità aziendale e sull’applicazione dei principi contabili nazionali. Prime indicazioni”.

Tale documento, del 20 aprile 2020, è stato realizzato in collaborazione con SIDREA, Società Italiana dei Docenti di Ragioneria ed Economia Aziendale.

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Nel webinar del 12 maggio 2020 si parlerà del principio contabile OIC 29  - sui "Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, eventi e operazioni straordinarie, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio"

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Il principio di continuità e i bilanci 2019 e 2020

Il tema che viene affrontato è quello legato ai bilanci 2019 e 2020, soprattutto se letto in relazione alla precisazione contenuta all’art. 7 del Decreto Liquidità (che abbiamo già avuto modo di commentare preliminarmente in un precedente articolo).

La disposizione in esso contenuta, letta sempre in combinato disposto con la propria Relazione accompagnatoria (data la scarsa chiarezza del dettato normativo), tende quindi a congelare il principio di continuità per il 2019 e per il 2020 a causa di Covid-19, soprattutto per evitare di valutare le voci secondo criteri non di funzionamento.

Il tema della continuità aziendale è affrontato dal principio contabile nazionale OIC 11, che esprime il fatto che essa debba essere valutata sempre attentamente, con la direzione aziendale che deve fare una attenta “…valutazione prospettica della capacità della azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio”.

Il problema quindi che deve essere affrontato è proprio questo: nel pieno di una pandemia che ha portato alla chiusura, per decreto, di molte realtà imprenditoriali ma soprattutto a forti divieti di spostamento delle persone, la redditività della maggior parte delle imprese risulta fortemente compressa, ed essa incide direttamente sulla loro continuità. In più il governo ha messo in campo misure a sostegno della liquidità delle imprese stesse, ma tali misure sono incerte nel loro ammontare ma soprattutto nella loro realizzazione a brevissimo termine. Pertanto il tema della continuità aziendale va valutato – secondo quanto indicato dalle prassi dei principi contabili e dal documento di ricerca in commento – con criteri ordinari, ma condizionatamente al minor orizzonte temporale legato alla crisi in atto. Questa valutazione, in poche parole, va fatta soprattutto seguendo gli ambiti di operatività.

Il documento di ricerca cita diversi scenari.  Anzitutto va valutato se vi sia o meno il presupposto della continuità.

Nel primo caso, bisogna verificare in che ambito opera l’azienda e quindi se sia soggetta ad incertezze legate proprio alla emergenza sanitaria. È di tutta evidenza che, ad esempio, il settore della grande distribuzione e quello sanitario non abbia particolari incertezze (in quanto sono attività che non hanno subito restrizioni particolarmente pesanti, di fatto non sono state oggetto di chiusura, essendo giustamente classificati quali servizi ed attività essenziali) e quindi a livello di informativa si dovrebbe indicare che Covid-19 non impatta sulla continuità.

Diversamente, per le imprese industriali che invece hanno subito chiusure generalizzate prima in zone rosse poi su tutto il territorio nazionale, vi sono incertezze che vanno indicate nella informativa e va indicato come le aziende hanno reagito alle stesse.

Se viene diversamente rilevato che il presupposto di continuità aziendale è assente, va valutato se esso sia legato direttamente alla emergenza Covid o meno.

Il documento poi entra nel dettaglio delle singole situazioni riguardanti i bilanci 2019, quelli 2020 e gli infra annuali, l’approccio dell’impairment per valutare le poste del 2020, il codice della crisi di impresa.

Per quanto concerne i bilanci 2019, viene di fatto confermato, in termini di approccio, quanto già descritto in precedenti contributi: i valori economici e finanziari dei bilanci 2019 sono cristallizzati, essendo il Covid-19 evento di totale competenza 2020. Si conferma quindi – inoltre – che la rilevanza viene determinata solo sulla parte descrittiva, riguardante i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio. In questa informativa – sempre secondo il documento di prassi in commento – andrebbero indicati alcuni impatti che l’azienda ha rilevato/adottato per le diverse aree di attività: operativa (contrazione ricavi), investimento (ridefinizione delle politiche), finanziamento (moratoria o rinegoziazione), ristrutturazione/cambio del modello di business.

Per quanto concerne bilanci 2020 e infra annuali essi subiranno l’impatto delle misure restrittive dovute all’emergenza sanitaria sia in termini economici che finanziari, producendo, a seconda dei settori colpiti, differenti conseguenze sulla situazione economica e finanziaria e quindi crisi, al netto del fatto che l’entrata in vigore della maggior parte delle norme sulla crisi di impresa sono state rinviate a febbraio 2021. In questa fase, dominata dall’incertezza e da provvedimenti governativi in fieri, la linea di prassi più corretta da seguire è certamente mantenere una continuità nella applicazione dei principi contabili, adottando accorgimenti nelle informative relative alla informativa ai soci delle conseguenze Covid-19, una particolare attenzione all’indicatore EBITDA, un controllo interno nella gestione della liquidità e il trattamento contabile di eventuali risarcimenti statali o agevolazioni ricevute.

Altro tema trattato dal documento di prassi è quello delle perdite durevoli (cfr. OIC 9), che vanno attenzionate soprattutto dal lato della loro recuperabilità nel tempo, quanto mai incerta in questo frangente, con elementi problematici legati al loro valore di carico, al loro valore di mercato (probabilmente non troppo affidabile) ed al loro valore d’uso, legato soprattutto alla aleatorietà dei flussi di cassa attesi. I processi di impairment conseguenti quindi andranno ponderati seguendo questi tre elementi problematici, in stretta correlazione con l’emergenza Covid-19.

In ultima analisi il documento condivide il differimento per l’entrata in vigore della maggior parte delle disposizioni del nuovo codice della crisi di impresa, anche se non tutte le imprese hanno avuto il medesimo impatto negativo della emergenza sanitaria, come già sopra identificato.

Il non aver rinviato la nomina dei revisori delle nano-imprese, a detta di chi scrive, può essere un passo importante per fare arrivare le imprese meno impreparate alla scadenza della nuova entrata in vigore del nuovo codice della crisi.



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