Speciale Pubblicato il 06/04/2017

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Le cessioni gratuite di eccedenze alimentari agli enti senza scopo di lucro

di Dott. Visconti Gianfranco

La nuova disciplina sulla donazione alle organizzazioni senza scopo di lucro di prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale (Legge 166/2016)



La Legge n° 166 del 2016, la c.d. “Legge contro gli sprechi alimentari”, ha introdotto una disciplina sulla donazione alle organizzazioni senza scopo di lucro di prodotti alimentari da utilizzare a fini di solidarietà sociale, vale a dire da distribuire a persone indigenti o bisognose.

In tal modo si persegue anche la finalità di utilizzare le eccedenze, cioè la quota non utilizzata e quindi sprecata di questi prodotti che, altrimenti, finirebbero per diventare rifiuti, coi relativi problemi e costi di smaltimento. La disciplina introdotta è solo in parte completamente nuova, per il resto essa riforma la già esistente disciplina fiscale ed igienico-sanitaria delle cessioni gratuite di merce alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) ed alle organizzazioni non profit che non hanno questa qualifica tributaria.

Questa disciplina riformata verrà trattata nell'articolo "La disciplina fiscale delle cessioni gratuite di merce alle ONLUS ed agli altri enti senza scopo di lucro dopo la riforma della Legge 166/2016", dove sono trattate anche le cessioni gratuite agli enti non profit citati di prodotti farmaceutici o di altro tipo da utilizzare per le stesse finalità.

La parte del tutto nuova di questa disciplina relativa alle eccedenze alimentari, invece, è l'oggetto di questo paragrafo.

L'art. 3 della Legge 166/2016 stabilisce che “gli operatori del settore alimentare possono cedere gratuitamente le eccedenze alimentari a soggetti donatari i quali possono ritirarle direttamente o incaricandone altro soggetto donatario” (1° comma). Quindi, sembrerebbero, non ritirabili da una impresa di trasporto normale, ma questa ulteriore possibilità è contemplata, come vedremo tra poco, dal comma 5° dello stesso articolo.

Per operatori del settore alimentare, ai sensi dell'art. 2 sempre della Legge 166/2016, si intendono tutti i soggetti pubblici e privati, con o senza scopo di lucro, che operano in una delle fasi della filiera produttiva o del canale commerciale (distributivo) del settore alimentare, vale a dire nelle fasi della “produzione, trasformazione, confezionamento, distribuzione (commercializzazione) e somministrazione (cioè la preparazione per il consumo sul posto nei locali dell'esercizio dove il pasto viene preparato) dei prodotti alimentari”.

Per eccedenze alimentari si intendono tutti i prodotti alimentari, agricoli ed agro-alimentari che, fermi restando i requisiti di igiene e sicurezza di essi, restano invenduti o non somministrati per carenza di domanda , sono ritirati dalla vendita perché non conformi ai requisiti aziendali di vendita, in quanto residui di attività promozionali o prossimi al termine minimo di conservazione (1) o alla data di scadenza (2), che rimangono invenduti a causa di calamità naturali oppure per alterazioni dell'imballaggio secondario che non ne inficiano le idonee condizioni di conservazione, ecc.

Per “spreco alimentare” si intende l'insieme dei prodotti alimentari scartati dalla filiera produttiva e dal canale commerciale agroalimentare per ragioni produttive, commerciali o estetiche ovvero per prossimità alla data di scadenza, ancora commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano o animale e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati a diventare rifiuti e, di conseguenza, ad essere smaltiti.

Per “soggetti donatari” si intendono gli enti pubblici, gli altri enti privati senza scopo di lucro , comprese le ONLUS – Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (3), con finalità civiche o solidaristiche che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale (4) oppure attraverso forme di mutualità (5) quindi, praticamente, tutti gli enti non profit .

Infine, per “donazione” si intende, ovviamente, una cessione di beni , cioè di prodotti, a titolo gratuito (6), ma il 1° comma dell'art. 16 della Legge 166/2016 dispone che le cessioni gratuite di beni da essa disciplinate non sono da considerarsi donazioni ai sensi della disciplina civilistica contenuta nel Titolo V del Libro Secondo del Codice Civile che, di conseguenza, non si applica ad esse. Pertanto, tali cessioni (o donazioni) non richiedono la forma scritta per la loro validità.

I soggetti donatari sopra identificati hanno l'obbligo di destinare, in forma gratuita, le eccedenze alimentari ricevute dagli operatori del settore alimentare, idonee al consumo umano, prioritariamente (quindi non esclusivamente) alla donazione a favore di persone indigenti (2° comma dell'art. 3).

Le eccedenze alimentari non idonee al consumo umano possono invece essere cedute, gratuitamente o meno in questo caso, per l'alimentazione degli animali o per l'utilizzo a fini di autocompostaggio o di compostaggio di comunità attraverso il metodo aerobico, vale a dire attraverso l'azione di microrganismi in ambienti ricchi di ossigeno (3° comma).

Gli alimenti che presentano irregolarità di etichettatura che non riguardano la data di scadenza o le sostanze che provocano allergie o intolleranze possono essere cedute gratuitamente ai soggetti donatari (4° comma).

E' consentita la cessione a titolo gratuito ai soggetti donatari delle eccedenze di prodotti agricoli in campo o di prodotti di allevamento idonei al consumo umano o animale. Le operazioni di raccolta o ritiro dei prodotti effettuate direttamente dai soggetti donatari o da loro incaricati sono svolte sotto la responsabilità di chi effettua le attività medesime, nel rispetto delle norme di igiene e sicurezza alimentare (5° comma).

Le cessioni gratuite di eccedenze alimentari di cui all'art. 3 della Legge 166/2016 sono consentite anche oltre il termine minimo di conservazione dei prodotti purché siano garantite l'integrità dell'imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione dei prodotti. Tali eccedenze, nel rispetto dei requisiti di igiene e sicurezza e della data di scadenza dei beni ceduti, possono essere trasformate in prodotti destinati in via prioritaria all'alimentazione umana (per esempio, in pasti da somministrare a persone indigenti) o se no a quella animale (quindi in mangimi) (art. 4, 1° e 2° comma).

In particolare, i prodotti finiti della panificazione (cioè i vari tipi di pane) e i derivati degli impasti di farina prodotti negli impianti di panificazione (per esempio: taralli, biscotti, ecc.) che non necessitano di condizionamento termico che, non essendo stati venduti o somministrati entro le ventiquattro ore successive alla produzione, risultano eccedenti presso le rivendite dei punti vendita alimentari di prossimità o di quelli della grande distribuzione, i produttori artigianali o industriali, gli esercizi di somministrazione inclusi gli agriturismi e la ristorazione collettiva, possono essere ceduti gratuitamente ai soggetti donatari (3° comma).

Per quanto riguarda il regime fiscale delle donazioni o cessioni gratuite di eccedenze alimentari disciplinate dalla Legge 166/2016, soprattutto ai fini delle imposte sul reddito e dell'IVA, rimandiamo a quanto esposto nel terzo e nel quarto paragrafo di questo articolo.

Infine, per incentivare tali cessioni da parte degli operatori del settore alimentare (imprese e altri soggetti senza scopo di lucro), segnaliamo che i Comuni possono prevedere una agevolazione della tassa sui rifiuti (TARI) commisurata alla quantità, debitamente certificata, dei beni ritirati dalla vendita ed oggetto di cessione gratuita agli enti senza scopo di lucro precedentemente indicati (art. 17 della Legge 166/2016).

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Problema della sicurezza igienico – sanitaria dei prodotti ceduti gratuitamente

L'articolo 1° (ed unico) della Legge n° 155 del 2003, modificato dall'art. 13 della Legge 166/2016, prevede che le ONLUS, gli enti pubblici e gli altri enti privati senza scopo di lucro e con finalità solidaristiche che non hanno la qualifica di ONLUS e che promuovono o realizzano attività di interesse generale anche mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale (quindi, praticamente, tutti gli enti non profit) od attraverso forme di mutualità (quindi comprese anche le società cooperative a mutualità prevalente che esercitano queste attività), “che effettuano, a fini di beneficienza, distribuzione gratuita di prodotti alimentari […] agli indigenti, sono equiparati, nei limiti del servizio prestato, ai consumatori finali, ai fini del corretto stato di conservazione, trasporto, deposito ed utilizzo degli stessi”.

Questa norma è stata erroneamente interpretata in passato nel senso che essa esentava gli enti citati dal garantire la presenza di un sistema di autocontrollo igienico-sanitario HACCP obbligatorio per tutte le attività di produzione, preparazione e distribuzione gratuita di prodotti alimentari alle persone bisognose, violando in tal modo l'articolo 2 del Regolamento CE n° 852 del 2004 che non prevede questo nel suo elenco dei soggetti a cui non si applica la normativa sul HACCP ( Hazard analisys and critical control points , cioè del sistema di autocontrollo igienico-sanitario obbligatorio per tutte le attività di produzione, preparazione e distribuzione di prodotti alimentari).

Ciò esponeva l'art. 1° citato ad una dichiarazione di incostituzionalità per violazione del 1° comma dell'articolo 117 della Costituzione che stabilisce il principio che le leggi dello Stato Italiano devono rispettare “ i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ”, comprese, quindi, le norme contenute nei Regolamenti CE. L'art. 1° della Legge 155/2003 veniva interpretata anche, e questa volta correttamente, nel senso che non spetta al soggetto donatore di prodotti alimentari alle ONLUS ed agli altri enti citati l'obbligo di garantire il corretto stato di conservazione, di trasporto, di deposito e di utilizzo degli stessi e delle altre tipologie di prodotti previsti dalla norma dopo che è avvenuta la cessione a titolo gratuito di essi all'ente donatario. Obbligo che, se ci fosse stato, avrebbe agito da deterrente sui soggetti donatori di questi prodotti.

Il problema è stato risolto dalla norma successiva contenuta nel comma 236 dell'art. 1° della Legge n° 147 del 2013 (Legge di stabilità per il 2014), modificata dall'art. 7 della Legge 166/2016, che ha stabilito che le ONLUS e gli altri enti citati nel capoverso precedente che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari ceduti dagli operatori del settore alimentare, inclusi quelli della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, hanno l'obbligo di garantire, nella misura in cui effettuano tali attività, un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti ceduti, anche mediante la predisposizione di specifici manuali nazionali di corretta prassi operativa in conformità all'articolo 8 del Regolamento CE n° 852 del 2004, validati dal Ministero della Salute.

In altre parole, queste ONLUS e gli altri enti non profit di cui sopra devono garantire la presenza di un sistema di autocontrollo igienico-sanitario HACCP il cui funzionamento può essere disciplinato dai manuali citati e che è obbligatorio per tutte le attività di produzione, preparazione e distribuzione gratuita di questi prodotti alimentari a persone indigenti. Quest'obbligo riguarda anche gli operatori del settore alimentare che sono “ tutti i soggetti pubblici o privati, operanti con o senza fine di lucro, che svolgono attività connesse ad una delle fasi di produzione, confezionamento, trasformazione, distribuzione e somministrazione degli alimenti ”, ai sensi della lettera a del 1° comma dell'art. 1° della Legge 166/2016, che donano gratuitamente i prodotti alimentari da distribuire, ma solo finché non avviene la cessione all'ente non profit che effettuerà la distribuzione alle persone indigenti.

L'interpretazione delle norme citate nei due precedenti capoversi e l'obbligo per l'ente donatario di avere un sistema di autocontrollo HACCP è stata confermata, a nostro giudizio, dal 1° comma dell'art. 5 della Legge 166/2016 che prevede che gli operatori del settore alimentare che cedono gratuitamente i prodotti sono responsabili dei requisiti igienico-sanitari degli stessi solo fino al momento in cui avviene la cessione all'ente che li distribuirà agli indigenti ed a cui si applica l'art. 1° della Legge 155/2003.

Dal momento, però, che l'art. 5 citato (o qualche altra norma) non ha modificato in questo senso il comma 236 dell'art. 1° della Legge 147/2013, gli obblighi in esso previsti rimangono validi. I commi 2° e 3° dell'art. 5 citato prevedono inoltre che gli operatori del settore alimentare debbano selezionare i beni (prodotti) da donare in base ai requisiti di qualità ed igienico-sanitari e che debbano evitare commistioni o scambi tra i diversi impieghi previsti dagli artt. 2 e 3 della Legge 166/2016 (per esempio ed in primo luogo, tra quelli per l'alimentazione umana e quelli per l'alimentazione animale).

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(1) Cioè alla data fino alla quale un prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Gli alimenti che hanno superato tale data possono essere ceduti gratuitamente ai sensi dell'art. 4 della Legge 166/2016 garantendo l'integrità dell'imballaggio primario ed idonee condizioni di conservazione.

(2) Che è la data che sostituisce il termine minimo di conservazione nel caso di alimenti velocemente deperibili dal punto di vista microbiologico oltre la quale questi non possono essere più trasferiti o consumati senza pericoli per la salute umana.

(3) Categoria del diritto tributario in cui rientrano le cooperative sociali e, ma non sempre, le organizzazioni di volontariato.

(4) Questi beni o servizi non possono che essere quelli prodotti e scambiati nei settori di attività delle ONLUS previsti dalla lettera a del 1° comma dell'art. 10 del Dlgs 460/1997 ed in quelli delle imprese sociali (che rientrano fra i soggetti donatari) riportati nel comma 1° dell'art. 2 del Decreto Legislativo n° 155 del 2006, che in gran parte coincidono.

(5) Quindi le cooperative a mutualità prevalente che esercitano le attività di utilità sociale citate nella nota precedente a questa. Riteniamo che siano da escludere da questa possibilità le cooperative a mutualità non prevalente perché esse, operando prevalentemente con i terzi e non con i soci, perseguono lo scopo di lucro in misura superiore allo scopo mutualistico. Per tale motivo, la legge riserva le agevolazioni fiscali, come quelle relative all'attività di beni agli indigenti di cui stiamo parlando, alle cooperative a mutualità prevalente.

(6) O, come la si può anche chiamare, una “erogazione liberale di beni” oppure “cessione gratuita di merce”, cioè di beni fisici, tangibili, quindi di “prodotti” che si differenziano perciò dai “servizi” che sono prestazioni d'opera personali, cioè effettuate da una o più persone fisiche a favore di una o più altre persone fisiche, quindi intangibili e che non sono oggetto della disciplina contenuta nella Legge 166/2016.



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