Nel corso di “Tuttolavoro 2018” il convegno organizzato dal Sole 24 Ore con esperti del Governo, studiosi e rappresentanti HR delle maggiori aziende, si è parlato pensioni e di flessibilità in uscita. Sono state fornite sintesi e chiarimenti sulle ultime misure APE, APE SOCIALE, e RITA che consentono di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro o comunque di godere di una indennità-ponte anche senza smettere di lavorare , a molte categorie dai lavoratori precoci, agli usurati, ai caregivers e ai disabili, sia nel pubblico che nel privato e anche ai lavoratori autonomi.
Particolarmente interessante l'intervento del dott. Stefano Patriarca che a margine dei chiarimenti sulle nuove misure, ha dato alcuni dati sulla flessibilità previdenziale attiva ad oggi . Il consigliere della Presidenza del Consiglio in materia di previdenza ha sottolineato come già oggi la flessibilità sia presente e lo sia stata anche troppo, nel panorama previdenziale italiano. I dati dicono addirittura che le pensioni italiane sono pagate oggi per la maggior parte (esattamente il 51%) a lavoratori che sono andati in pensione prima dell'età per la pensione di vecchiaia.
L'età media alla quale gli attuali pensionati sono usciti dal mondo del lavoro è di 60 anni . Per il 2019 la previsione è che il 50% di chi andrà in pensione avrà meno di 63 anni
Le misure attive fin dagli anni 70 come le pensioni baby (istituite dal Governo Rumor, ministro del tesoro La Malfa, 1973) e le pensioni di anzianità (garantite ancora oggi a 4,5 milioni di persone) pesano sul bilancio INPS in media per ben 95 miliardi l'anno, contro i 32 miliardi delle pensioni di vecchiaia.
I dati della spesa previdenziale 2017 , su un totale di circa 205 miliardi, sono di 134 miliardi per le pensioni di anzianità, 54 per le pensioni di vecchiaia,38 miliardi circa di assegni ai superstiti.
Proprio questa enorme spesa non consente oggi di rinunciare all'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita. Solo le misure di indennità-ponte basate su meccanismi "finanziari" come APE volontario e Rita, che coinvolgono la previdenza integrativa e le stesse pensioni dei lavoratori, sono sostenibili con un impatto molto limitato sul bilancio dello stato. In quest'ottica è da sostenere anche l'ingresso dei Fondi pensione e degli enti bilaterali alla partecipazione all'Ape aziendale , con il recente ampliamento apportato con la legge di bilancio.
Questa sembra essere la via privilegiata che potrà aiutare il sostegno del sistema previdenziale nel futuro cui va affiancata una adeguata programmazione di flussi di lavoratori immigrati (ad oggi la Ragioneria dello stato conta sull'apporto contributivo di 150mila lavoratori l'anno)
Il dott. Patriarca ha inoltre ricordato che comunque già oggi con le riforme sul pensionamento anticipato dei lavori gravosi e l'APE SOCIALE, i lavoratori edili o siderurgici e chi fa i turni di notte, in presenza di adeguata contribuzione possono andare in pensione a 63 anni senza aggravi sul proprio assegno.