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PRESCRIZIONE CONTRIBUTI INPS E COMPENSI PROFESSIONALI: CHIARIMENTI DALLA CASSAZIONE

Prescrizione contributi INPS e compensi professionali: chiarimenti dalla Cassazione

La Suprema Corte chiarisce i criteri per la validità della notifica degli avvisi di addebito e per la liquidazione delle spese legali nei giudizi in tema previdenziale

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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30478 del 19 novembre 2025, ha nuovamente affrontato due profili di particolare interesse per datori di lavoro, consulenti del lavoro e professionisti impegnati nel contenzioso previdenziale: 

  1. da un lato, i requisiti di validità della notifica degli avvisi di addebito emessi dall’INPS ai sensi dell’art. 30 del D.L. n. 78/2010, e 
  2. dall’altro, i criteri di liquidazione dei compensi professionali nella determinazione delle spese di lite con riferimento ai parametri stabiliti dal D.M. n. 55/2014 (e successive modifiche).

Il provvedimento si inserisce nel consolidato orientamento sulla prescrizione dei crediti contributivi, disciplinata dall’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335/1995, ribadendo la necessità che l’ente previdenziale provi in modo puntuale e completo l’avvenuta notifica dell’atto interruttivo. Parallelamente, l’ordinanza richiama alla corretta applicazione dei parametri ministeriali nella liquidazione delle spese di giudizio, soprattutto nei procedimenti previdenziali, dove opera un regime specifico di scaglioni e minimi tariffari.

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1) Il caso: l’opposizione all’avviso e le decisioni delle Corti

La vicenda origina dall’opposizione proposta dal contribuente avverso un avviso di addebito relativo a contributi risalenti al 2009. La Corte d’Appello di Roma, in riforma parziale della decisione di primo grado, aveva accolto l’opposizione ritenendo maturata la prescrizione del credito contributivo. 

Secondo i giudici di merito, l’INPS non aveva dimostrato l’avvenuta notifica dell’atto interruttivo, in quanto:

  • l’avviso di ricevimento risultava privo di timbro postale;
  • non era indicata la data di notifica;
  • non era presente il riferimento univoco all’avviso di addebito oggetto dell’impugnazione.

La Corte territoriale aveva inoltre condannato l’INPS al pagamento delle spese processuali, liquidando gli importi per i due gradi di giudizio sulla base dei parametri applicati, ma al di sotto dei minimi previsti dalla tariffazione ministeriale.

Contro tale decisione entrambe le parti proponevano ricorso per Cassazione: il contribuente contestava la liquidazione delle spese, mentre l’INPS – con ricorso incidentale – lamentava l’erroneità della valutazione sulla prova della notifica.

L’inammissibilità del ricorso incidentale dell’INPS

La Corte di Cassazione ha esaminato prioritariamente il ricorso incidentale presentato dall’INPS, dichiarandolo inammissibile. Secondo la Suprema Corte, la censura dell’ente risultava:

  • generica, poiché nulla contestava sull’elemento ritenuto decisivo dalla Corte d’Appello, ossia l’assenza del timbro postale sull’avviso di ricevimento;
  • non riconducibile a un vizio di legittimità, ma a un diverso apprezzamento del fatto, non ammissibile in sede di legittimità se non nei limiti dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.;
  • priva di adeguata deduzione sulla decisività dell’errore denunciato.

La Cassazione ha quindi confermato la valutazione dei giudici di merito sulla mancata prova dell’avvenuta notifica, con conseguente maturazione della prescrizione del credito contributivo ai sensi della L. n. 335/1995.

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2) Il ricorso sulla liquidazione delle spese

Diverso esito ha avuto il ricorso principale del contribuente. Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse liquidato compensi inferiori ai minimi previsti dai parametri del D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018.

La Cassazione ha accolto il motivo, rilevando che:

  • per il primo grado, considerato lo scaglione di valore compreso tra 26.000,01 e 52.000 euro, i minimi tariffari ammontavano a una somma superiore ai 3.000 euro liquidati;
  • per il secondo grado, in relazione allo scaglione tra 1.100,01 e 5.200 euro, i minimi erano anch’essi superiori ai 950 euro riconosciuti.

La Superiore Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, disponendo il rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, affinché provveda a rideterminare correttamente le spese dei giudizi di merito e quelle del processo di legittimità.

Infine, la Corte ha dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’INPS, dell’ulteriore contributo unificato in relazione all’inammissibilità del ricorso incidentale.

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