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ESONERO CONTRIBUTIVO CENTRI ESTIVI: I LIMITI PER ASD/ SSD

Esonero contributivo centri estivi: i limiti per ASD/ SSD

La Suprema Corte ribadisce che l’affiliazione al CONI non basta per qualificare un’attività come sportiva dilettantistica ai fini dell’esonero contributivo ex art. 67 TUIR.

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La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza n. 28325 del 24 ottobre 2025 (udienza del 17 settembre 2025), è tornata a pronunciarsi sul delicato tema del trattamento contributivo delle prestazioni rese nell’ambito di attività sportive dilettantistiche, riaffermando i principi che limitano l’applicazione dell’esonero previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera m), del TUIR.

La questione riguarda l’individuazione dei presupposti necessari affinché i compensi erogati da associazioni o società sportive possano essere qualificati come “redditi diversi” e, quindi, esclusi dall’obbligo contributivo previdenziale. La Corte ha sottolineato che l’esenzione non scatta automaticamente in presenza dell’affiliazione al CONI, ma richiede la prova dell’effettivo esercizio di attività sportiva dilettantistica senza fini di lucro.

Il pronunciamento riveste particolare importanza per le associazioni sportive che operano nel settore dell’animazione estiva e per gli enti convenzionati con le amministrazioni locali.

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1) Il caso: accertamento contributivo per i collaboratori dei centri estivi

La controversia trae origine dal verbale di accertamento dell’11 novembre 2013, con il quale l’INPS e l’INAIL contestavano a una associazione sportiva dilettantistica omissioni contributive relative a 141 collaboratori impiegati nei centri estivi organizzati in convenzione con un Comune toscano tra il 2008 e il 2013.

L’associazione aveva sostenuto che i compensi corrisposti rientrassero nell’ambito dell’art. 67, comma 1, lett. m), del TUIR, disposizione che prevede l’esenzione per i compensi erogati “nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche” da parte di organismi riconosciuti dal CONI. Tale interpretazione, secondo la difesa, avrebbe dovuto essere confermata anche alla luce dell’art. 35, comma 5, del D.L. 207/2008, che estende la nozione di attività sportiva dilettantistica anche alla formazione, didattica, preparazione e assistenza all’attività sportiva.

La Corte d’appello di Firenze aveva però respinto l’opposizione, ritenendo che le attività svolte nei centri estivi — consistenti principalmente in animazione, intrattenimento e vigilanza dei minori — non potessero essere assimilate a vere e proprie attività sportive dilettantistiche.

Inoltre, i rapporti con i collaboratori erano stati qualificati come rapporti di lavoro subordinato, escludendo così la possibilità di applicare la deroga contributiva prevista per le collaborazioni sportive.

2) Decisione di merito e sentenza della Cassazione

La Suprema Corte ha confermato integralmente la decisione di secondo grado, dichiarando inammissibili i motivi di ricorso dell’associazione sportiva. 

I giudici di legittimità hanno ribadito che la verifica sull’esistenza dei presupposti per l’esonero contributivo è questione di fatto rimessa al giudice di merito e non può essere riesaminata in Cassazione se non per vizi di motivazione, nella specie non dedotti

Richiamando un consolidato orientamento (Cass. nn. 20293/2025, 24642/2025, 11375/2020, 24365/2019), la Corte ha precisato che l’art. 67 TUIR, in combinato disposto con l’art. 69 TUIR, comporta effetti esonerativi anche in materia previdenziale solo se il soggetto che invoca il beneficio dimostra:

  • che i compensi non derivano da attività professionali o subordinate;
  • che le prestazioni sono rese in favore di un’associazione effettivamente dilettantistica e priva di fini di lucro;
  • che le prestazioni stesse si inseriscono nel vincolo associativo e non in un rapporto contrattuale distinto;
  • che l’attività non ha carattere abituale o professionale.

L’affiliazione al CONI, da sola, non costituisce prova sufficiente: occorre dimostrare la sostanziale natura dilettantistica dell’attività, il rispetto delle clausole statutarie e l’effettiva destinazione delle somme a finalità associative e non lucrative. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano accertato che l’associazione svolgeva attività ludico-educative e di custodia, estranee all’organizzazione di gare o manifestazioni sportive dilettantistiche, escludendo quindi il requisito dell’“esercizio diretto” dell’attività sportiva.

La Corte ha inoltre chiarito che non poteva applicarsi l’art. 61, comma 3, del D.Lgs. 276/2003, che esclude dal campo dei contratti a progetto le collaborazioni sportive dilettantistiche, proprio perché non era stato dimostrato che si trattasse di tale tipologia di rapporto. Parimenti, è stata ritenuta inapplicabile la disposizione di favore introdotta dall’art. 35, comma 8-quater, del D.Lgs. 36/2021, la quale esclude il recupero contributivo per i rapporti sportivi instaurati prima del 1° luglio 2023, non trattandosi nel caso concreto di rapporti “di lavoro sportivo” in senso tecnico.

In conclusione, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le pretese contributive dell’INPS e dell’INAIL e condannando l’associazione al pagamento delle spese processuali. La pronuncia riafferma un principio chiaro: solo l’effettivo esercizio di attività sportive dilettantistiche, con finalità associative e non lucrative, può giustificare l’esonero contributivo previsto dal TUIR, mentre restano escluse le attività di natura meramente ricreativa o educativa svolte da enti affiliati al CONI.

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