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ERRORI DEL COMMERCIALISTA SULLA DICHIARAZIONE: CONSEGUENZE

Errori del commercialista sulla dichiarazione: conseguenze

La Cassazione ribadisce il perimetro della responsabilità del commercialista e del contribuente per errori nella dichiarazione

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Con la Ordinanza n 22742/2025 la Cassazione ha statuito che è compito del contribuente verificare che il commercialista incaricato trasmetta correttamente in via telematica la dichiarazione dei redditi all’agenzia delle Entrate, ritenendo fondato il ricorso dell’agenzia delle Entrate contro un contribuente per indebita compensazione orizzontale. 

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1) Errori del commercialista sulla dichiarazione: conseguenze

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 22742/2025, è tornata a chiarire un principio fondamentale:

  • il contribuente non è automaticamente sollevato dalle sanzioni tributarie se non dimostra di aver vigilato sull’operato del professionista incaricato.

Il ricorso prende le mosse da un contenzioso tra l’Agenzia delle Entrate e un contribuente, a seguito di un avviso di recupero per indebita compensazione orizzontale.

Quest’ultima sarebbe stata eseguita non direttamente dal contribuente, ma da un soggetto incaricato esclusivamente per l’impugnazione di una cartella esattoriale.

Il nodo da sciogliere è se può il contribuente essere sanzionato per un comportamento scorretto commesso da un professionista, se lui stesso non ha materialmente partecipato all’illecito.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale ha accolto parzialmente il ricorso del contribuente, annullando le sanzioni per assenza dell’elemento soggettivo.

Anche in appello, la Corte tributaria di secondo grado ha confermato la decisione, ritenendo che il contribuente fosse estraneo all’operazione contestata e che la responsabilità sanzionatoria non potesse essergli imputata.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza di secondo grado, sollevando una questione giuridica centrale: a chi spetta l’onere della prova dell’assenza di colpa, quando un adempimento fiscale viene demandato a un consulente esterno?

Secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe mal interpretato l’art. 5 del D.Lgs. 472/1997, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., che regola appunto l’onere della prova.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte tributaria regionale in diversa composizione.

La Cassazione afferma che il contribuente non può limitarsi a dichiararsi estraneo ai fatti, deve dimostrare di aver vigilato diligentemente sull’operato del professionista, anche se la condotta di quest’ultimo non è penalmente rilevante.

La Corte richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui:

  • la responsabilità per le violazioni tributarie presuppone colpevolezza, anche sotto forma di negligenza,
  • la prova dell’assenza di colpa grava sul contribuente.

La sola denuncia del professionista non basta a escludere la colpa, se non è accompagnata da elementi che dimostrino di aver esercitato un controllo effettivo sull’operato del consulente.

Questa ordinanza rafforza un principio essenziale: 

  • la delega a un professionista non esonera il delegante da responsabilità, salvo che venga provata l’assenza di colpa.

Va però evidenziato che, benchè se il commercialista sbaglia paga il cliente in prima battuta, si può invocare la responsabilità contrattuale.

Il commercialista è comunque responsabile del suo operato, in base al generale principio della responsabilità contrattuale.

Il contribuente costretto a pagare l'Erario potrà poi legittimamente rifarsi sul professionista davanti al Tribunale, chiedendo il rimborso del danno subito.

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