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APPALTO GENUINO SOLO SE C’È REALE AUTONOMIA GESTIONALE

Appalto genuino solo se c’è reale autonomia gestionale

La Cassazione chiarisce i requisiti per distinguere l’appalto lecito dalla somministrazione illecita di manodopera

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Con la recente sentenza n. 18945/2025 (depositata il 10 luglio 2025), la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro ,ha accolto il ricorso presentato da alcuni dipendenti trasferiti a seguito della cessione del ramo d’azienda riguardante il recupero crediti. 

La richiesta riguardava la ricostituzione del rapporto di lavoro con il datore originario, ritenendo non genuino il contratto di appalto con il nuovo soggetto e lamentando la violazione della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 6 dell’Accordo Sindacale del 23 marzo 2009.

1) Il caso e i rilievi della Cassazione sull’appalto "leggero"

I lavoratori coinvolti avevano inizialmente svolto l’attività di recupero crediti all’interno dell’azienda cedente, che successivamente aveva affidato il servizio a un’impresa terza, determinando il passaggio alle dipendenze di quest’ultima ai sensi dell’art. 2112 del codice civile. 

Secondo quanto dedotto, il soggetto subentrato non avrebbe operato in piena autonomia, ma sotto il controllo organizzativo e gestionale del precedente datore di lavoro.

Sia in primo che in secondo grado, le istanze erano state rigettate: i giudici avevano ritenuto legittimo l’appalto e infondata la pretesa fondata sulla clausola sindacale, non ritenuta vincolante nei singoli rapporti individuali di lavoro.

La Suprema Corte ha riconosciuto la fondatezza di molte delle censure sollevate dai ricorrenti. In particolare, ha evidenziato che l’appalto in questione non poteva essere qualificato come “leggero” sulla base del solo numero elevato di addetti trasferiti, della loro professionalità e del valore delle retribuzioni. 

Ai sensi dell’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003, un appalto è genuino solo se l’appaltatore:

  1. è dotato di una reale autonomia organizzativa, 
  2. utilizza propri mezzi, 
  3. assume il rischio d’impresa e 
  4. dirige effettivamente il personale.

Secondo la Cassazione, andava valutata la coesione funzionale del gruppo ceduto, il possesso di un know-how specifico e soprattutto il grado di dipendenza gestionale del nuovo datore dal precedente. Elementi di prova rilevanti, come l’obbligo per i dipendenti di rivolgersi ancora al soggetto cedente per ferie e permessi, erano stati esclusi dalla Corte d’appello in maniera immotivata, pur trattandosi di circostanze potenzialmente decisive per dimostrare l’assenza di autonomia gestionale.

Inoltre, la Corte ha ritenuto erronea la decisione dei giudici di merito di non ammettere prove testimoniali offerte, alcune delle quali specifiche e circostanziate, nonché supportate da documentazione, e finalizzate a dimostrare la gestione operativa da parte dell’impresa committente.

2) Il rinvio e i principi affermati dalla Corte

Accogliendo cinque dei sette motivi di ricorso, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte d’Appello competente, in diversa composizione, per un nuovo esame alla luce dei principi enunciati. È stato chiarito che nei contratti di appalto "leggero"  o ad alta intensità di manodopera è necessario verificare con rigore l’effettiva autonomia dell’appaltatore e il contenuto concreto della prestazione.

Con questa pronuncia, si rafforza l’orientamento giurisprudenziale volto a evitare che operazioni formalmente configurate come appalti si traducano, in sostanza, in mere esternalizzazioni di personale prive di autonomia organizzativa. La verifica sostanziale dei poteri esercitati sul personale coinvolto assume un ruolo centrale nel giudizio di legittimità.

La causa, ora, dovrà essere riesaminata con attenzione alla reale struttura e funzionamento del servizio ceduto, valutando se sussistano i requisiti richiesti dalla normativa per escludere ipotesi di codatorialità o interposizione illecita.

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