Una recente sentenza del TAR Lombardia (n. 1635/2025 del 12 maggio) ha affrontato un caso rilevante in materia di appalti pubblici e corretto utilizzo dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL).
La controversia è sorta nell’ambito di una procedura pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e domiciliare per il triennio 2025–2027, con eventuale proroga biennale.
Nel bando, la stazione appaltante aveva indicato in maniera generica come riferimento il “CCNL Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo”, senza però specificare la data di sottoscrizione del contratto. In fase di partecipazione, l’impresa aggiudicataria aveva dichiarato di applicare il contratto richiesto, ma in sede di verifica successiva ha esplicitato l’adozione di un CCNL sottoscritto nel 2018 e scaduto nel 2021.
Questo contratto risultava superato dal rinnovo firmato il 5 giugno 2024, il quale conteneva aggiornamenti importanti sia sul piano retributivo che normativo.
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1) La decisione del TAR e il principio di equivalenza
Il TAR ha ritenuto illegittima l’aggiudicazione sulla base della violazione dell’art. 11 del D.lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) e dell’articolo 9 del disciplinare di gara. In particolare, è stato sottolineato come l’impresa non abbia fornito alcuna “dichiarazione di equivalenza” tra il contratto applicato e quello vigente, prevista espressamente dal Codice. Né la stazione appaltante ha proceduto ad alcuna verifica autonoma di corrispondenza tra i livelli di tutela offerti dai due contratti.
Il giudice amministrativo ha chiarito che il contratto utilizzato dall’aggiudicataria era ormai privo di efficacia, avendo perso la sua ultrattività con la firma del rinnovo 2024. Inoltre, il nuovo CCNL conteneva tutele aggiuntive su vari aspetti: classificazione del personale, congedi per violenza di genere, assistenza sanitaria integrativa e tutela della maternità.
Il principio di equivalenza, secondo il TAR, non può essere limitato alla sola componente economica, ma deve includere anche quella normativa. Deve inoltre risultare evidente che eventuali differenze siano marginali e non compromettano i diritti fondamentali dei lavoratori.
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2) Le conseguenze: annullamento dell’appalto e subentro
La sentenza ha comportato quindi l’annullamento dell’aggiudicazione, l’ordine di subentro dell’impresa ricorrente e la condanna alle spese per il Comune e per l’aggiudicataria.
Il collegio ha richiamato anche le più recenti linee guida dell’ANAC (Delibera n. 14/2025), che confermano la centralità del principio di equivale
Questa pronuncia consolida un orientamento volto a rafforzare il ruolo delle stazioni appaltanti nel controllo della corretta applicazione dei CCNL, al fine di garantire l’equità tra i partecipanti e la tutela dei lavoratori.
- Da un lato, si ribadisce l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare in modo trasparente l’applicazione dei contratti aggiornati;
- dall’altro, si impone alla PA un’attenta verifica della conformità degli stessi anche sotto il profilo normativo.
In sintesi, l’applicazione di un contratto scaduto, in assenza di specifica dichiarazione di equivalenza, può rappresentare una grave irregolarità, con conseguente esclusione dalla procedura di gara.
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