La recente sentenza del Tribunale di Brindisi chiarisce l’applicazione dell’articolo 112 del Codice della crisi: il concordato preventivo in continuità può essere omologato anche con il solo voto favorevole di una classe di creditori “interessata”.
Un cambiamento importante per imprese, professionisti e creditori pubblici.
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1) Un nuovo equilibrio tra consenso e continuità
Il concordato preventivo in continuità aziendale, previsto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), si conferma uno degli strumenti più evoluti di risanamento aziendale.
La logica è semplice ma ambiziosa: preservare la continuità dell’impresa anche in presenza di uno stato di crisi, consentendo la prosecuzione dell’attività economica e la salvaguardia dei posti di lavoro, a condizione che la proposta di concordato risulti più conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale.
Con la riforma operata dal D.Lgs. 136/2024, l’articolo 112 del Codice della crisi ha introdotto in modo più chiaro il meccanismo della “ristrutturazione trasversale” (cross-class cram down), che consente al tribunale di omologare il piano anche se non tutte le classi di creditori approvano la proposta.
La novità è rilevante perché, in passato, l’assenza di consenso della maggioranza delle classi comportava automaticamente l’impossibilità di omologare il concordato.
Oggi, invece, è sufficiente il voto favorevole di una sola classe di creditori, la cosiddetta golden class, purché “interessata” ai sensi del comma 2 dell’articolo 112.
La pronuncia del Tribunale di Brindisi (sentenza n. 72 del 7 luglio 2025), destinata ad avere un impatto pratico significativo, ha offerto un’interpretazione chiara di questo principio, aprendo un nuovo scenario operativo per professionisti e imprese.
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2) La golden class: chi decide davvero nel nuovo concordato
Il caso deciso dal Tribunale di Brindisi riguardava una società che aveva presentato un concordato in continuità con 15 classi di creditori, di cui soltanto 4 avevano espresso voto favorevole.
Il piano, tuttavia, è stato omologato grazie al voto positivo di una sola classe, ritenuta “interessata”, che sarebbe stata almeno parzialmente soddisfatta anche nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione.
Il giudice ha richiamato espressamente il comma 2, lettera d) dell’articolo 112 CCI, secondo cui la proposta è approvata:
“...dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.”
In altre parole, non è necessario che la classe che esprime voto favorevole sia quella “pregiudicata” o “maltrattata”, cioè quella che subisce un trattamento peggiore rispetto alla regola della priorità assoluta, ma basta che sia una classe “interessata”, cioè che abbia una prospettiva di soddisfacimento anche nel rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione.
È questa, in sintesi, la golden class: quella che, pur non rappresentando la maggioranza, può “trascinare” l’intero piano verso l’omologazione.
Esempio pratico
Immaginiamo una società con tre classi principali:
- i creditori privilegiati (banche ipotecarie);
- i creditori chirografari (fornitori);
- i dipendenti (creditori con trattamento speciale).
Se il piano prevede una soddisfazione anche parziale dei creditori privilegiati, e questi approvano la proposta, il tribunale può omologare il concordato anche se le altre classi votano contro.
Ciò perché la classe dei privilegiati, in quanto “interessata”, rappresenta la golden class.
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3) Il criterio europeo: come nasce la golden class
L’interpretazione fornita dal Tribunale di Brindisi trova fondamento nella Direttiva (UE) 2019/1023 sulla ristrutturazione preventiva, che ha introdotto a livello europeo il principio del cram down interclass.
Il considerando n. 54 della direttiva prevede infatti che, in mancanza di approvazione della maggioranza delle classi, il piano possa comunque essere omologato se approvato da almeno una classe di creditori interessati o pregiudicati, a seconda di quanto stabilito dal diritto nazionale.
Il legislatore italiano, nel recepire la direttiva, ha scelto un modello “morbido”: invece di richiedere il voto di una classe “maltrattata” (come avviene in altri ordinamenti), ha optato per la formula più ampia dei creditori interessati, ossia coloro che avrebbero comunque ricevuto qualcosa anche nel rispetto dell’ordine delle prelazioni.
Questa impostazione, secondo molti commentatori, favorisce la ristrutturazione e agevola l’omologazione di piani che, pur non godendo di un consenso diffuso, risultano economicamente e giuridicamente sostenibili.
Si tratta, dunque, di un meccanismo che privilegia la funzionalità del piano rispetto alla volontà collettiva, ponendo il tribunale in una posizione più attiva nella valutazione della convenienza e della fattibilità.
Nel modello inglese di cross-class cram down (introdotto con il Corporate Insolvency and Governance Act 2020), il tribunale può imporre l’approvazione del piano anche contro il voto negativo di alcune classi, ma solo se:
- almeno una classe “maltrattata” approva il piano;
- e il tribunale ritiene che i creditori contrari non riceverebbero un trattamento peggiore rispetto all’alternativa realistica di liquidazione.
L’Italia, al contrario, non richiede la prova di un trattamento peggiorativo, ma si accontenta della valutazione oggettiva di interesse economico alla continuità. Questo approccio, più flessibile, amplia le possibilità di salvataggio per le imprese in difficoltà.
4) Il ruolo dei creditori pubblici: un’eccezione importante
Un punto critico della sentenza di Brindisi riguarda l’esclusione della golden class pubblica: se la classe “interessata” è composta da Agenzia delle Entrate o enti previdenziali, il loro voto conta solo se espressamente favorevole, non se ricavato per effetto del cram down fiscale o previdenziale (articoli 88, commi 4 e 5 CCI).
In altre parole, non basta il silenzio o il mancato voto: per considerare validamente approvata la proposta ai fini dell’omologazione trasversale, occorre che l’Agenzia o l’INPS esprimano un sì esplicito.
Caso pratico
Se una società propone un concordato che prevede il pagamento del 60% dei debiti tributari e previdenziali e l’Agenzia non risponde entro i termini, il suo voto non può essere automaticamente computato come favorevole ai fini della ristrutturazione trasversale.
Senza una manifestazione positiva, quella classe non può fungere da golden class, anche se formalmente “interessata”.
Per i professionisti che assistono imprese in crisi, ciò significa che occorre gestire con attenzione il rapporto con i creditori pubblici, promuovendo interlocuzioni preventive e documentando la sostenibilità del piano.
Il mancato coinvolgimento attivo di tali soggetti rischia, infatti, di compromettere l’intera procedura di omologazione.
5) Le implicazioni pratiche per imprese e consulenti
La decisione del Tribunale di Brindisi, pur essendo di merito, apre la strada a un nuovo modo di concepire il consenso nel concordato preventivo. Le implicazioni operative per professionisti, imprese e creditori sono molteplici:
a) Per le imprese
- La soglia di approvazione si abbassa: il piano può essere omologato anche con il voto positivo di una sola classe, purché “interessata”.
- Diventa fondamentale la strategia di formazione delle classi: occorre individuare con precisione quali gruppi di creditori abbiano un interesse concreto alla continuità, poiché da essi può dipendere il destino della proposta.
- Si riduce il rischio di blocco del piano dovuto a minoranze oppositive o coalizioni di creditori contrari.
b) Per i professionisti (advisor, legali, commercialisti)
- Cambia il modo di costruire e motivare la relazione ex articolo 87 CCI: il professionista attestatore deve valutare non solo la fattibilità economico-finanziaria, ma anche la corretta identificazione della golden class e la legittimità della ristrutturazione trasversale.
- È utile predisporre una mappatura dei creditori e dei relativi interessi (prelazione, grado di soddisfacimento, rischi di pregiudizio), così da prevenire contestazioni in sede di omologa.
- La consulenza deve integrare tecnica legale e sensibilità negoziale: convincere la golden class può essere più determinante che ottenere il consenso diffuso.
c) Per i creditori
- I creditori “minori” devono essere consapevoli che, in presenza di una golden class favorevole, il loro dissenso può essere superato dal giudice.
- Tuttavia, conservano strumenti di tutela: possono impugnare l’omologazione solo dimostrando che il piano arreca loro un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto alla liquidazione giudiziale.
L’introduzione del concetto di golden class e la possibilità di omologazione “ridotta” segnano un cambio di paradigma nella gestione delle crisi d’impresa.
Il legislatore, in linea con l’orientamento europeo, punta su una logica di efficienza e pragmatismo, riducendo il peso del consenso formale in favore di una valutazione sostanziale della convenienza e sostenibilità del piano. Per le imprese in difficoltà, questo rappresenta un’opportunità concreta di rilancio anche in presenza di dissensi parziali; per i professionisti, una sfida di competenza e responsabilità nella costruzione di piani coerenti e giuridicamente solidi. Il messaggio è chiaro: nel concordato del futuro non conta quanti dicono sì, ma chi dice sì.
E in un sistema che premia la continuità, la “classe d’oro” dei creditori interessati può davvero fare la differenza tra il fallimento e la rinascita.
Riferimenti normativi e giurisprudenziali
- Artt. 88, commi 4–5 CCI (cram down fiscale e previdenziale)
- D.Lgs. 136/2024, art. 112, comma 2
- D.Lgs. 14/2019, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza
- Direttiva (UE) 2019/1023, considerando n. 54
- Tribunale di Brindisi, sentenza n. 72 del 7 luglio 2025