La Corte di Cassazione, Sezione V Civile, con la sentenza n. 17991 depositata il 2 luglio 2025, ha ribadito un principio di fondamentale importanza in materia di imposte indirette, affermando che la tassazione di un atto, anche ai fini dell'imposta di donazione, deve essere ancorata esclusivamente agli effetti giuridici da esso prodotti, conformemente all'articolo 20 del d.P.R. n. 131/1986 escludendo, per l’effetto, che un'operazione di aumento di capitale possa qualificare una liberalità indiretta.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da una società contribuente avverso una pronuncia della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, annullando la pretesa impositiva.
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1) Aumento di capitale, la riserva, sovrapprezzo non costituisce liberalità
La controversia trae origine da un avviso di liquidazione emesso dall'Agenzia delle Entrate per il recupero dell'imposta di donazione dovuta dalla contribuente in relazione alla registrazione di una delibera di una società partecipata recante aumento del capitale sociale.
Tale aumento era stato sottoscritto da due società terze mediante conferimento di rami d'azienda, con imputazione di un importo meramente nominale a capitale e della restante, ingente parte a riserva sovrapprezzo.
L'Amministrazione finanziaria, valorizzando la sproporzione delle prestazioni corrispettive, aveva riqualificato l'operazione quale negotium mixtum cum donatione, ritenendo che le caratteristiche sintomatiche del negozio gratuito sotteso generassero un arricchimento di controparte, identificato nel socio preesistente e non conferente.
I giudici di secondo grado avevano avallato tale impostazione.
La Suprema Corte, accogliendo i primi due motivi di ricorso e dichiarando assorbiti i restanti, ha cassato la sentenza impugnata e deciso la causa nel merito.
La ratio decidendi si fonda sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 20 e 25 del d.P.R. n. 131/1986.
I giudici di legittimità hanno censurato l'operato del giudice di merito per aver erroneamente ricondotto l'operazione al regime dell'atto gratuito, travalicando gli effetti giuridici propri dell'atto registrato – un aumento di capitale sociale – per fondare la tassazione su una presunta sostanza economica e su un arricchimento imputato a un soggetto estraneo agli effetti diretti della delibera.
La Corte ha chiarito che la costituzione di una riserva da soprapprezzo è un atto tipico societario, funzionale a incrementare il patrimonio della società conferitaria e non a realizzare una liberalità.
Pertanto, l'atto impositivo, nell'identificare la sua causa petendi in un arricchimento correlato alla sproporzione, ha finito per derogare agli effetti giuridici propri dell'atto registrato.
La Corte ha cristallizzato il proprio orientamento nel seguente principio di diritto: «L'interpretazione dell'atto, soggetto ad imposta di donazione, in virtù del rinvio operato dal d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 55, primo comma, e 60, va svolta ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, così che deve tenersi conto degli effetti giuridici dell'atto presentato per la registrazione e non anche della sostanza economica dell'operazione negoziale.»
La pronuncia in commento consolida un orientamento giurisprudenziale che pone un argine all'utilizzo dell'articolo 20 del Testo Unico dell'Imposta di Registro come strumento di riqualificazione a fini impositivi basato su elementi extratestuali.
Per gli operatori, la sentenza offre un rilevante presidio di certezza giuridica nelle operazioni di finanza straordinaria.
Viene confermato che un'operazione di aumento di capitale con conferimento in natura e contestuale costituzione di una riserva sovrapprezzo non può essere automaticamente assimilata a una donazione indiretta sulla base della sola sproporzione economica.
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