Il 16 aprile 2025 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della UE la novella Direttiva (UE) 2025/794 che modifica il calendario degli obblighi dettati dalla Direttiva (UE) 2022/2464, ovvero la Corporate Sustainability Reporting Directive (nota anche con l’acronimo «CSRD»), nonchè quelli contenuti dalla Direttiva (UE) 2024/1760, ovvero la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (meglio conosciuta con l’acronimo «CSDDD»).
Per quel che qui interessa, con riferimento alla CSRD, l’odierno Legislatore europeo con la Direttiva de quo non “tocca” gli obblighi per le grandi imprese e gli enti di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti che, quindi, devono comunicare le informazioni di Sostenibilità a partire dagli esercizi con inizio il 1° gennaio 2024 o successivi così come già previsto, rimanendo altresì invariato anche quanto previsto per le società extra-UE (con obbligo di segnalazione nel 2029 sull'anno di esercizio 2028).
Diversamente interviene per le altre categorie di imprese, spostando la scadenza di due anni, ovvero al 1° gennaio 2027 o 2028, a seconda dei casi ovvero:
- per le altre grandi imprese, anche non quotate, che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: più di 250 dipendenti, 25 milioni di euro di stato patrimoniale e 50 milioni di euro di ricavi, per le quali cioè l'obbligo è rinviato per gli esercizi con inizio dal 1° gennaio 2027 o successivi (invece del 2025 originario);
- per le PMI quotate, escluse le microimprese, per gli enti piccoli e non complessi, le imprese di assicurazione captive e riassicurazione captive, per le quali l’obbligo è rinviato agli esercizi con inizio dal 1° gennaio 2028 o successivi (invece del 2026 originario).
Per quanto riguarda, invece, la CSDDD, l’odierno Legislatore europeo prevede espressamente all’art. 2 della Direttiva (UE) 2025/794, che «Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 26 luglio 2027, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni (…)».
Relativamente, poi, alla obbligatorietà, è prevista la proroga di un anno in questi termini:
- società con oltre 3.000 dipendenti e fatturato netto superiore a 900 milioni di euro, l’obbligo scatta dal 26 luglio 2028;
- società costituite in Paesi terzi con fatturato netto superiore a 900 milioni nell’UE, l’obbligo scatta dal 26 luglio 2028 mentre
- per tutte le altre società soggette alla CSDDD l’obbligo scatta dal 26 luglio 2029.
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1) La novella Direttiva (UE) 2025/794: un Paradosso
In un precedente contributo [1] si spiega in maniera diffusa perchè gli obblighi previsti dalla CSRD, ma ciò vale anche per la CSDDD, sono obblighi diffusi che non vengono per nulla intaccati dalla novella Direttiva (UE) 2025/794, la quale anzi appare un Paradosso o meglio ancora una contraddizione logico-giuridica.
Infatti, la tecnica legislativa scelta dal Legislatore eurounitario per la predisposizione delle richiamate Direttive “gemelle”, CSRD e CSDDD, non ferma in alcun modo la “valanga” della Sostenibilità, in considerazione del fatto che sul mercato già si “muovono” le aziende che hanno iniziato la loro transizione, le quali a loro volta chiedono l’avvio della transizione alle imprese della loro supply chian e così di seguito.
L’effetto domino oramai ha avuto inizio e, quindi, il recente intervento della UE volto alla posticipazione è evidentemente un Paradosso, risulta cioè un ossimoro rispetto alla scelta di tecnica legislatore a monte fatta dallo stesso Legislatore europeo.
Infatti, alla base delle due richiamate Direttive vi è l’istituto del c.d. private lawmarking[2], per cui il private lawmaker «(..) è, e rimane, un soggetto privato, ma le sue regole hanno effetto normativo, che si estende ben oltre la c.d. self-regulation (..) le regole del private lawmaker operano secondo un “sistema a cascata” che determina “un effetto contagio a catena” diffuso, o anche “effetto valanga”, lungo tutta la filiera produttiva-distributiva “principale” ed a sua volta sulle filiere produttivo-distributive di ciascuna impresa facente parte della supply chain principale (..)»[3].
Ed il private lawmaker, direttamente obbligato [per es. le c.d. big companies rientranti nello slot dell’anno fiscale 2024, ma anche quelle dello slot dell’anno fiscale 2025, perché la novella Direttiva del 2025 non è stata recepita dall’Italia, restando quindi invariato il calendario contenuto nel D. Lgs. 125/2024] e sottoposto a sanzioni (v. D. Lgs. 125/2024), ha già predisposto necessariamente un adeguato sistema di gestione organizzativa nonchè di monitoraggio dei processi interni e dei rischi che ricomprende garanzie contrattuali da parte dei partners commerciali, i quali a loro volta, sono tenuti ad adoperarsi per ottenere analoghe garanzie dalle loro controparti contrattuali nella value chain.
Ergo ogni private lawmaker agisce sulla scorta del sistema già predisposto, soprattutto nei confronti delle imprese facenti parte della propria filiera, e le sue regole hanno un effetto normativo divenendo la principale fonte di regolazione del diritto dei contratti commerciali e finanziari e così producendo un “sistema a cascata” che produce un “effetto contagio” lungo tutta la filiera produttivo-distributiva.[4]
Se così è come è, appare lampante come la novella Direttiva (UE) 2025/794 (oltretutto non ancora recepita in Italia come detto) costituisca un autentico paradosso o meglio ancora un autentico controsenso logico-giuridico, che fa fatica persino a “posticipare” realmente ed effettivamente il calendario degli obblighi dettati dalla CSRD (ed anche dalla CSDDD), proprio perché sono oramai tantissimi i private lawmakers sul mercato e quindi inarrestabile l’effetto domino “avviato”.
Identico ragionamento va applicato, infine, alla CSDDD, nella quale il Legislatore ha reso ancora più esplicita la scelta tecnico-giuridica effettuata per declinare l’obbligo di Sostenibilità: nella predetta normativa è molto più trasparente il riferimento al c.d. “contratto a cascata” o private lawmarking.
A ciò si aggiunga che, al contrario di quanto si pensi, la Sostenibilità non è una tematica solo comunitaria, perché variamente declinata “condiziona” molti Paesi del Mondo, financo la Cina, e fatta propria dalle più grandi multinazionali.
Ed allora non vi possono essere e/o non vi potranno essere in prospettiva rapporti commerciali/industriali/finanziari disconnessi dai profili della Sostenibilità.
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2) Il sentimento di investitori e aziende: conclusioni
Milita in tal senso l’ultimo (in termini temporali) documento del 4 luglio 2025, rubricato «Omnibus initiative: Sustainability rules are essential for European competitiveness»[5] e sottoscritto da ben 198 firmatari, fra cui 84 investitori e istituzioni finanziarie, 29 aziende, 42 fornitori di servizi e 43 organizzazioni di supporto.
L’iniziativa, che fa seguito ad altre precedenti iniziative similari, coordinata da organismi di riferimento come Eurosif, IIGCC, PRI, CLG Europe, Global Reporting Initiative (GRI) ed E3G, ribadisce la necessità di preservare il framework normativo in materia di Sostenibilità, considerato che le regole sulla Rendicontazione di Sostenibilità, i piani di transizione climatica, gli obiettivi scientifici e la due diligence aziendale sono pilastri imprescindibili per raggiungere non solo i prefissati obiettivi economici, ma anche gli obiettivi socio-ambientali della UE.
In particolare, i firmatari segnalano alle Autorità Europee, fra tutti, i seguenti punti di “valore” ovvero:
- come il principio della doppia materialità sia considerato dai mercati (e segnatamente da quelli finanziari) essenziale per rispondere alle esigenze informative degli investitori e garantire comparabilità fra aziende e portafogli;
- come la trasparenza favorisca l’attrattività dei mercati europei per i capitali orientati alla Sostenibilità e sostiene la crescita di settori innovativi come il cleantech;
- come siano oramai tante le aziende già attive nella rendicontazione, per cui ogni intervento creerebbe incertezza nei mercati, non solo europeo ma anche internazionali;
- come la CSDDD permetta di gestire al meglio i rischi operativi, reputazionali e finanziari legati alle violazioni dei diritti umani o danni ambientali, rafforzando la resilienza aziendale;
- come la due diligence basata sul rischio, contemplata dalla Legislazione europea, sia in linea con le best practis internazionali e soprattutto consenta alle aziende di meglio individuare e concentrarsi sui punti critici della propria catena di fornitura.
Sostanzialmente, i 198 firmatari inequivocabilmente confermano la bontà del set normativo europeo in tema di Sostenibilità, così come “strutturato”, chiedendo alla UE di non arretrare sulla strada della Sostenibilità, per garantire la necessaria stabilità così da favorire la transizione verso un’economia più giusta, resiliente e competitiva.
E tutto ciò non fa altro che rafforzare l’obbligo diffuso di Sostenibilità.
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3) Note
[1] c.f.r. Roi M., Il contratto, l’autonomia contrattuale e la Sostenibilità, 20.06.2025, v. https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/16692-sostenibilita-e-contratto-nel-mutato-orizzonte-teorico-dogmatico.html
[2] c.f.r Roi M., op.cit
[3] c.f.r Roi M., op.cit
[4] c.f.r Roi M., op.cit
[5] c.f.r. «Omnibus initiative: Sustainability rules are essential for Euopean competitiveness» v. https://www.eurosif.org/wp-content/uploads/2025/06/Joint-statement-Omnibus.pdf
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