La risposta a interpello 16.6.2025, n. 156/E, ha escluso l’applicazione della regola di reverse charge per la realizzazione di un impianto fotovoltaico nel settore dell’agricoltura.
Il problema è stato sollevato da un produttore agricolo che voleva realizzare un impianto fotovoltaico su di un terreno.
Questi già disponeva di un impianto totalmente integrato su serre per il quale le operazioni di acquisto e di installazione erano state assoggettate alla disciplina di inversione contabile ai fini dell’IVA ai sensi dell’art. 17 del d.p.r. 26.10.1972, n. 633.
La realizzazione dell’investimento era integrata “nell’attività agricola (cosiddetto agrivoltaico avanzato secondo le direttive del MASE e DM Agrivoltaico)” precisando che l’impianto poteva essere installato:
- “in ambito agricolo con finalità di sfruttamento agrivoltaico su di un terreno utilizzato in parte per l’attività agricola e in parte per la produzione di energia con pannelli fotovoltaici montati su pali all’altezza di tre metri;
- su terreno agricolo, ma non rientra tra quelli che possono essere considerati “a terra funzionali a edifici” in quanto non integrato a strutture edilizie.
Secondo il MiTE (Ministero della transizione ecologica), nella linea guida del 27.6.2022:
- per “impianto fotovoltaico “si intende” un impianto che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola o pastorale sul sito di installazione”;
- per “sistema agrivoltaico avanzato” si intende un sistema complesso composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ad opportune scelte tecnologiche, integri attività agricola e produzione elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area”.
1) Agricoltura: no reverse charge per impianti fotovoltaici
L’art. 17, 6° comma, lett. a-ter), del d.p.r. 26.10.1972, n. 633, prevede l’applicazione del regime di reverse charge per le “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative a edifici”.
L’argomento relativo agli immobili è già stato affrontato con le circolari del 29.12.2006, n. 37/E, al punto 2, del 27.3.2015, n. 14/E, al punto 1, e del 22.12.2015, n. 37/E, al punto 8.
Il problema fondamentale è il concetto di edificio che è limitato ai soli “fabbricati” e non ai beni immobili. Pertanto, la norma considera i fabbricati ad uso abitativo e ad uso strumentale, “ivi compresi quelli di nuova costruzione, nonché alle parti di essi (ad es., singolo locale di un edificio)”.
Inoltre, sono compresi anche gli edifici in corso di costruzione rientranti nella categoria catastale F3 e le “unità in corso di definizione” rientranti nella categoria catastale F24” (circolare n. 14/E citata).
In questa cornice, sono escluse dall’art. 17 le prestazioni di servizi che hanno per oggetto, ad esempio, “terreni, parti del suolo, parcheggi, piscine, giardini, ecc., salvo che questi non costituiscano un elemento integrante dell’edificio steso (ad es., piscine collocate sui terrazzi, giardini pensili, impianti fotovoltaici collocati sui tetti, ecc” (circolare n. 14/E citata).
Diversamente, l’attività di installazione di impianti fotovoltaici “integrati” o “semi-integrati” agli edifici e quelli a terra (anche se questi sono posizionati all’esterno dell’edificio ma sono funzionali o serventi ad esso) è soggetta alla disciplina di reverse charge, con esclusione degli impianti che sono accatastati come autonoma unità immobiliare (vedasi la circolare 19.12.2013, n. 37/E).
Se, come nel quesito, gli impianti vengono installati su un terreno agricolo, manca il collegamento funzionale con un edificio per cui le prestazioni sono soggette all’IVA.