La Corte costituzionale con la sentenza n.75 del 9 Aprile-27 Maggio 2025 (G.U. 1ª Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 22 del 28/05/2025) è tornata a occuparsi della deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali ai fini IRES, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 23/2011, come sostituito dall'art. 1, comma 715, della legge del 27 dicembre n. 147/2013 2013, nella parte in cui – per gli anni 2014, 2015 e 2018 – prevede che la percentuale di IMU deducibile ai fini IRES è pari al 20%.
Le questioni sono state sollevate dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Cagliari (ord. n. 166/2024) e dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (ord. n. 173/2024), in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 53 Cost., denunciando la violazione dei principi di capacità contributiva, ragionevolezza, uguaglianza, tutela della libertà economica e divieto di doppia imposizione.
Entrambe le Corti rimettenti ritenevano che la deducibilità parziale al 20% dell’IMU costituisse una ingiustificata compressione del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), poiché andava a tassare un reddito lordo, non effettivo, penalizzando imprese proprietarie di immobili strumentali rispetto a quelle che non lo sono.
Inoltre, veniva lamentata una disparità di trattamento (art. 3 Cost.) e l’assenza di una ratio sufficiente a giustificare la limitazione alla deducibilità di un costo certo e strumentale, come l’IMU su beni aziendali.
Anche il principio di libertà economica (art. 41 Cost.) veniva invocato, in quanto il regime impositivo avrebbe disincentivato gli investimenti immobiliari produttivi.
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1) IMU e deducibilità ai fini IRES: decisione n 75/2025 Corte Costituzionale
La Corte costituzionale ha rigettato le questioni, riconoscendo come il regime normativo oggetto di una progressiva evoluzione normativa volta a correggere eventuali squilibri derivanti dalla totale indeducibilità originariamente prevista.
In particolare, si rimanda alla sentenza n.262 del 2020, ove era stata già dichiarata illegittima l’indeducibilità totale dell’IMU. Occorre ricordare che l’originaria e previgente disciplina dell’indeducibilità totale dell’IMU per i beni strumentali dalla base imponibile dell’IRES (dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Cost. sent. 262/2020), si poneva all’interno di un complesso disegno normativo. A partire dal 2013 il legislatore aveva avviato un percorso di progressiva deducibilità.
2) IMU e deducibilità ai fini IRES: il percorso di riforma
Il primo intervento concreto del legislatore, volto a rimediare gli effetti prodotti dall’originario art. 14 del d.lgs. n. 23 del 2011, che prevedeva la totale indeducibilità dell’IMU, è rappresentato dall’art. 1, commi 715 e 716, della legge n.147 del 2013. Il comma 715 stabilisce che l’imposta municipale relativa agli immobili strumentali è deducibile ai fini della determinazione del reddito di impresa e ai fini dell’imposta sui redditi (comma 716) nella misura del 20% per i periodi di imposta 2011-12. Per il periodo di imposta 2013 l’aliquota di cui al comma 715 è elevata al 30%. Sono poi seguite ulteriori modifiche.
L’art.3, comma 1, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito e, poi, con l’art. 1, commi 4, 772, 773, della legge n. 160 del 2019, le percentuali sono state rimodulate nei seguenti termini: 50% per il periodo d’imposta successivo al 31/12/2018; 60% per il periodo d’imposta successivo al 31/12/2019 e 31/12/2020; 100% per il per il periodo d’imposta successivo al 31/12/2021.
La successione delle norme tra il 2011 ed il 2022 ha portato alla deducibilità totale dell’IMU, tuttavia la Corte Costituzionale, nella sentenza n.262 del 2020 ha dato atto al citato ripensamento del legislatore rispetto alla disciplina che prevedeva l’indeducibilità totale dell’IMU sui beni strumentali dalla base imponibile IRES. Rappresenta un primo passo di un adeguamento graduale per ovviare agli effetti distorsivi di un’articolata riforma del sistema impositivo degli enti locali. Tale evoluzione è coerente con le esigenze di equilibrio di bilancio pubblico (art. 81 Cost.) e rappresenta un compromesso tra equità fiscale e sostenibilità finanziaria.
È lecito domandarsi, tuttavia, se in assenza di una riforma organica del sistema impositivo locale e statale – come auspicato già nel 2013 – la soluzione graduale adottata rappresenti un'effettiva risposta sistemica o, piuttosto, una soluzione di compromesso dettata da vincoli contabili e dalla difficoltà di riforma.
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