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DESTINAZIONE D’USO IMMOBILI ETS (ART. 71 CTS): CHIARIMENTI DEL MINISTERO

Destinazione d’uso immobili ETS (art. 71 CTS): chiarimenti del Ministero

La norma afferma il principio della “compatibilità con tutte le destinazioni d’uso”, ovvero l’indifferenza di queste ultime per gli ETS

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Con Nota n. 17314 del 17 novembre 2022, il Ministero del lavoro fornisce chiarimenti in merito alla corretta applicabilità dell’art. 71, comma 1 CTS in materia di compatibilità delle sedi degli ETS e dei locali in cui si svolgono le corrispondenti attività istituzionali, con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica

1) Art. 71 Codice del Terzo Settore: profilo soggettivo di applicazione

Nel quesito rivolto all’Amministrazione si domandava “se la norma in parola riguarda(sse) esclusivamente le strutture già esistenti, ancorché con diversa destinazione urbanistica, o (potesse) essere interpretata estensivamente anche per la realizzazione di nuove strutture in cui svolgere le attività istituzionali (in questo caso sportive) dell’Ente, in zone omogenee con diversa destinazione di PRG e, quindi, in deroga agli strumenti urbanistica”. 

In primis la nota evidenzia che sia necessario definire l’ambito di applicazione dell’art. 71 comma 1 CTS sotto il profilo soggettivo

Infatti, l’individuazione dei soggetti interessati dall’applicazione della disposizione in esame risulta decisiva ai fini di una corretta definizione dei suoi effetti e della relativa durata.

Sul punto, va precisato che il comma 1 in esame può essere applicato solamente:

  • agli enti qualificati come Enti del Terzo Settore secondo la definizione dettata dall’art. 4 comma 1 CTS, ovvero quegli enti che presentano le caratteristiche indicate dalla suddetta norma e sono iscritti nel RUNTS.
  • agli enti già iscritti nei pregressi registri speciali (ODV e APS), i cui dati sono stati comunicati al RUNTS e la cui iscrizione è in attesa di perfezionamento; 
  • agli enti iscritti all’anagrafe delle Onlus fino al momento della prevista abrogazione del d.lgs. n. 460/1997. 

Non rientrano invece nel terzo settore le ASD, le SSD e gli altri enti iscritti nel registro Coni se non in possesso della qualifica di Ente del Terzo settore come sopra definita.

Nel caso di specie sotteso al quesito proposto, si tratta di un ente indicato come Associazione Sportiva Dilettantistica: tale qualificazione non costituisce requisito sufficiente per l’applicazione dell’art. 71 comma 1 CTS. 

Pertanto, il preventivo accertamento della qualifica del predetto ente come ETS è presupposto ineludibile ai fini dell’applicazione della norma in parola; né sarebbe ammissibile il riconoscimento di un effetto retroattivo all’eventuale successivo acquisto della qualifica di ETS da parte dell’ente. 

2) Art. 71 CTS: profilo oggettivo di applicazione

Per introdurre la questione dell’applicabilità sul piano oggettivo dell’art. 71 comma 1 CTS, è opportuno soffermarsi brevemente sui seguenti aspetti generali: la definizione dei possibili ambiti applicativi della norma in esame richiede, infatti, un chiarimento in merito alla sua natura. 

Al riguardo – precisa la nota ministeriale in oggetto - occorre partire dal richiamo alle finalità perseguite dalla legge delega per la riforma del terzo settore, la n. 106/2016, ed esplicitate all’art. 1 della medesima. 

In particolare, il legislatore, con la riforma del terzo settore, ha voluto, “in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale” (art. 118 u.c. Costituzione), promuovere e favorire le associazioni private che realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”

È alla luce di tale ratio legis che deve essere interpretata la disposizione in oggetto indicata: essa stabilisce una specifica tutela degli spazi utilizzati dagli ETS per lo svolgimento delle attività di interesse generale contro possibili scelte urbanistiche degli enti locali che potrebbero incidere negativamente su tali attività. 

In altri termini, come già affermato dalla giurisprudenza amministrativa di merito (TAR Lombardia, Milano, n. 1269 del 1° luglio 2020 e TAR Abruzzo, n. 519 del 25 ottobre 2019), il legislatore ha riconosciuto la superiorità del valore sociale dell’utilizzo degli spazi pubblici da parte degli ETS rispetto alle decisioni in merito alla destinazione urbanistica degli spazi medesimi.

Tale orientamento è stato successivamente confermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. VI, n. 3803 del 15 giugno 2020) secondo la quale “la norma (e già l’antecedente di cui all’art. 32, comma 4, l. n. 383 del 2000) in considerazione della meritevolezza delle finalità perseguite dalle associazioni di promozione sociale, consente […] che le relative sedi e i locali adibiti all’attività sociale siano localizzabili in tutte le parti del territorio urbano e in qualunque fabbricato a prescindere dalla destinazione d’uso edilizio ad esso impressa specificamente e funzionalmente dal titolo abilitativo”

Dalle considerazioni svolte, si evince che la finalità perseguita dall’art. 71 comma 1 CTS non è quella di disciplinare l’uso del territorio in quanto tale, ma di prevedere un trattamento speciale in favore di certe categorie di soggetti (Consiglio di Stato, sez. V, n. 1737 del 1° marzo 2021). 

Pertanto, il comma in parola si qualifica come una norma di natura derogatoria e non come una norma con natura urbanistica vera e propria.

3) Cambio di destinazione di uso dei locali degli ETS

Nel  quesito proposto si chiede anche se l’art. 71 comma 1 CTS consenta “il cambio di destinazione d’uso dei locali in cui si svolgono le attività istituzionali degli enti del Terzo Settore”, lasciando intendere che l’applicazione del comma 1 avrebbe l’effetto di determinare un cambio di destinazione d’uso dei locali, avente carattere permanente, ovvero in grado di spiegare effetto anche successivamente, ad esempio nei confronti di successivi utilizzatori dei locali e delle strutture, privi della qualificazione di ETS.

La nota ministeriale chiarisce che questa interpretazione appare non condivisibile per due ordini di ragioni.

  1. sul piano soggettivo l’applicabilità dell’art. 71 comma 1 CTS è chiaramente limitata agli enti qualificati come ETS secondo la normativa vigente. Riconoscere il cambio di destinazione d’uso, quale effetto della disposizione in parola, significherebbe eludere la suddetta circostanza in quanto la norma avrebbe un’applicazione non meramente temporanea, ovvero limitata al tempo di utilizzo dei locali da parte di un ETS, ma permanente, ovvero in grado di estendere gli effetti anche a beneficio di un ente non qualificabile come ETS che in futuro si trovi ad utilizzare i medesimi locali svolgendovi analoga attività
  2. si tratterebbe di un’interpretazione difforme dalle finalità della norma in quanto la stessa, introducendo, come visto, una disciplina di natura speciale e derogatoria in favore di determinate categorie di soggetti, non potrebbe anche consentire un’estensione della sua applicabilità a soggetti altri con conseguente sua trasformazione in norma di carattere generale.

In altri termini, la norma afferma il principio della “compatibilità con tutte le destinazioni d’uso”, ovvero l’indifferenza di queste ultime, assicurando la possibilità agli ETS di utilizzarle proprio senza dover chiedere e ottenere il cambio di destinazione. 

D’altro canto, il favor per gli ETS previsto dall’art. 71 comma 1 CTS non può essere inteso come una deroga generalizzata alle disposizioni in materia di titoli abilitativi edilizi o come un’autorizzazione preventiva a qualsiasi attività costruttiva eseguita per iniziativa degli Enti del Terzo settore.

4) Conclusioni

In conclusione, si ribadisce che il senso della disposizione de quo è quello secondo cui gli enti del Terzo settore, al fine di svolgere le proprie attività statutarie nei locali dei quali hanno la disponibilità, non necessitano di modificarne la destinazione d’uso, non di consentire agli stessi un diritto a poter modificare, in virtù dell’art. 71, tale destinazione, al di fuori delle disposizioni che disciplinano la materia. 

Di conseguenza si verificherebbe il pieno riespandersi della normativa urbanistica ove l’ente dovesse perdere la propria qualifica, o qualora i locali dovessero essere utilizzati per altro fine o da altro soggetto non qualificato.

Inoltre la disposizione in esame non pregiudica l’applicabilità di altre disposizioni poste a tutela di beni costituzionali ugualmente protetti quali la salute e la sicurezza degli utilizzatori e dei terzi.

Si richiama anche recente orientamento del Consiglio di Stato (sentenza, n. 1737 del 1° marzo 2021) che individua, quale limite alla portata e agli effetti dell’art 71 comma 1 CTS, il potere dell’Amministrazione di valutare l’aggravio del carico urbanistico e la presenza di elementi significativi quali la dotazione del titolo edilizio per gli interventi di trasformazione.

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