Ormai da tempo dottrina e prassi si interrogano alla ricerca di un collegamento tra crescita, valore d’impresa e grado di attenzione dei fattori ESG.
Il 10 dicembre scorso la Fondazione Nazionale Commercialisti ha pubblicato un documento (Shared Value ed Enterprise Value) con il quale, oltre a riassumere lo stato attuale degli studi in materia, ha, dopo aver elaborato alcuni dati raccolti da un campione di aziende quotate in Italia, avanzato un’ipotesi di modello per la valutazione dell’impresa che contempla altresì l’impatto dei fattori ESG.
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1) ESG documento della Fondazione Commercialisti
Innanzitutto, va chiarito che allo stato attuale dottrina e prassi esprimono giudizi molto differenti tra di loro in materia: difatti, mentre alcuni ritengono che l’attenzione ai fattori ESG rappresenti un vantaggio competitivo, altri ne dimostrano con i propri modelli esattamente il contrario.
Le evidenze empiriche rilevate dallo studio condotto portano a ritenere che non sia possibile sposare una o l’altra tesi senza incorrere in errori.
Il vantaggio competitivo consiste nella differenza tra benefici e costi di una scelta gestionale, pertanto, la sua misura dipende da molteplici fattori che non possono essere semplicemente standardizzati per tutte le casistiche imprenditoriali: a giocare un ruolo rilevante è, infatti, la modalità con cui tali scelte gestionali vengono rese operative.
In tale ambito risulta essenziale comprendere che i fattori ESG in alcuni casi coincidono con elementi fondamentali per la continuità aziendale, quali la fidelizzazione dei clienti, la motivazione del personale, il clima aziendale, il valore della filiera, l’equilibrio nella governance, …., mentre, in altri, rappresentano dei valori, recepiti dalle Istituzioni mondiali come fondamentali per la sostenibilità ambientale e sociale, entrati nella gestione aziendale grazie alla sensibilità personale degli imprenditori o a seguito dell’istituzione di vincoli normativi più o meno stringenti, quali la lotta contro il cambiamento climatico, la pulizia dell’acqua, la green energy,... .
Ogni azienda ha un suo metodo per declinare tali valori e, pertanto, la loro adozione nella gestione aziendale può dare risultati estremamente differenti da caso a caso.
Comprendere questo fatto significa fare un passo avanti nell’adozione di tecniche manageriali moderne in grado di intercettare quei fattori qualitativi essenziali capaci di garantire la sopravvivenza a medio lungo termine degli enti collettivi.
Oggi occorre tenere monitorati alcuni elementi che sfuggono alla normale contabilità e che potrebbero esprimere, al di là dei numeri economico/patrimoniali, la capacità dell’azienda di crescere e di assicurarsi una continuità nel medio lungo termine.
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2) Parametro ESG e rischio finanziario
Lo studio prosegue ipotizzando l’inserimento di un parametro ESG nella valutazione del tasso di rischio della formula del “Discounted cash flow”.
Il tentativo è molto interessante perché assimila la mancanza di attenzione ai fattori ESG a un fattore aggiuntivo di rischio finanziario determinante una maggiore onerosità dei capitali.
Un successivo passo al quale già molte Istituzioni e categorie professionali stanno lavorando, è la definizione di un parametro comunemente accettato e accettabile dalla gran parte degli operatori che permetta al modello studiato dal FNC di determinare il rischio aggiuntivo ESG attraverso componenti certe, accertabili e condivise dalla moltitudine degli operatori.
La strada per l’elaborazione di uno standard comune è ancora lunga, poiché a oggi le maggiori agenzie di rating ESG portano, attraverso l’utilizzo dei loro algoritmi, per realtà tra loro similari risultati notevolmente diversi.
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