Speciale Pubblicato il 26/03/2024

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Competenza Giudice Tributario in riscossione tributi locali

di Dott. Roberto Bianchi , Dott. Luca Procopio , Avv. Edoardo Ferragina

Riscossione dei tributi locali affidata ad ADE-R: qual è il giudice tributario territorialmente competente?



Si analizza la questione della competenza territoriale del giudice tributario in casi di riscossione coattiva dei tributi locali effettuata dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADE-R), in particolare quando l'ente impositore locale si trova in una differente circoscrizione territoriale dall'Agente della riscossione. Di seguito, l'interpretazione normativa e le implicazioni di una sentenza della Corte Costituzionale, valutando come queste influenzino la determinazione della competenza territoriale, con un focus su recenti pronunce giurisprudenziali e sulla rilevanza pratica per i contribuenti nel contestare atti di riscossione.

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Riscossione dei tributi locali affidata ad ADE-R: qual è il giudice tributario territorialmente competente?

Quando il contribuente riceve la notifica di un atto della riscossione emesso dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione in qualità di Agente della riscossione per un determinato ambito provinciale e che si riferisce a tributi iscritti a ruolo da parte di un Ente locale appartenente ad un ambito differente, si pone la questione di quale sia il giudice tributario territorialmente competente: la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (di seguito, semplicemente “CGT”) nella cui circoscrizione ha sede il suddetto Agente o la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado nella cui circoscrizione ha sede l’Ente impositore locale?

La risposta a tale interrogativo non è affatto scontata, sebbene il comma 1 dell’art. 4 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, rubricato “Competenza per territorio”, stabilisca che “Le corti di giustizia tributaria di primo grado sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che hanno sede nella loro circoscrizione”.

In effetti, alla luce del solo tenore letterale della norma testé trascritta, il giudice tributario territorialmente competente sembrerebbe essere sempre coincidere con la CGT nella cui circoscrizione ricade l’ambito provinciale di operatività dell’Agente della riscossione che ha emesso l’atto della riscossione avente ad oggetto tributi iscritti a ruolo da parte di un Ente locale ricadente in un differente ambito provinciale, pure laddove il contribuente nel proporre ricorso abbia sollevato anche o solo questioni attinenti la legittimità totale o parziale della pretesa impositiva.

Tuttavia, il tenore letterale della norma processuale in esame non appare sufficiente, dovendosi l’interprete misurare, in primo luogo, con la sentenza n. 44 del 3.3.2016 della Corte Costituzionale, con la quale, in riferimento all’art. 24 della Costituzione ed a fronte della fattispecie concreta in cui una contribuente impugnava degli avvisi di accertamento emessi su delega di un Comune da una società iscritta nell’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. 18.12.1997, n. 446[1], è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 4 del D.Lgs. n. 546 del 1992 “nella parte in cui prevede che per le controversie proposte nei confronti dei soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446 del 1997 è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i medesimi soggetti hanno sede, anziché quella nella cui circoscrizione ha sede l’ente locale impositore”.

Il giudice rimettente, rispetto al parametro dell’art. 24 della Costituzione, censurava l’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 in quanto “nell’ipotesi in cui il concessionario abbia sede in un luogo significativamente distante da quello in cui ha sede l’ente impositore, il contribuente si vedrebbe costretto a instaurare un giudizio in un luogo lontano da quello ove è ubicato l’immobile censito dall’ente impositore”, e la Consulta ha ritenuto fondata la predetta censura, spiegando, nello specifico, le seguenti motivazioni

a)il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, [ha – n.d.r.] individuato un criterio attributivo della competenza che concretizza «quella condizione di “sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione garantito dall’art. 24 della Costituzione” suscettibile “di integrare la violazione del citato parametro costituzionale”, se si considera che “poiché l’ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell’individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo «spostamento» richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione, garantito dal parametro evocato, è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di «sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione» (sentenze n. 117 del 2012, n. 30 del 2011, n. 237 del 2007 e n. 266 del 2006) o comunque a «rendere “oltremodo difficoltosa” la tutela giurisdizionale»”; 

b)lo stesso legislatore, all’art. 52, comma 5, lettera c), del d.lgs. n. 446 del 1997, ha precisato che l’individuazione, da parte dell’ente locale, del concessionario del servizio di accertamento e riscossione dei tributi e delle altre entrate (determinante ai fini del radicamento della competenza) «non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente». Ebbene, il fatto che il contribuente debba farsi carico di uno «spostamento» geografico anche significativo per esercitare il proprio diritto di difesa integra un considerevole onere a suo carico”; 

c)il rapporto esistente tra l’ente locale e il soggetto cui è affidato il servizio di accertamento e riscossione comporta che, ferma la plurisoggettività del rapporto, il secondo costituisca una longa manus del primo, con la conseguente imputazione dell’atto di accertamento e riscossione a quest’ultimo”.

Ora, la declaratoria di parziale incostituzionalità dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 non ha interessato la locuzione <<agenti della riscossione>> e ciò potrebbe costituire un elemento interpretativo per confermare che a fronte dell’impugnazione di un atto della riscossione coattiva emesso da una determinata articolazione provinciale dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione è sempre territorialmente competente la CGT nella cui circoscrizione ricade l’ambito provinciale di operatività dell’agente della riscossione, pure laddove il tributo è stato iscritto a ruolo da un Ente locale.

[1]  Tale disposizione così recita: <<Presso il Ministero delle finanze è istituito l’albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni>>.

Riscossione dei tributi locali affidata ad ADE-R: le recenti pronunce giurisprudenziali

Tuttavia, a sommesso avviso di chi scrive, la soluzione esegetica appena rassegnata non è appagante laddove il contribuente nel ricorso proposto sollevi anche vizi di illegittimità totale o parziale della pretesa impositiva (ad esempio: i) mancata notifica dell’atto impositivo presupposto; ii) avvenuto pagamento totale o parziale credito tributario; iii) non ricorrenza del presupposto impositivo laddove il precedente avviso di accertamento non è stato ricevuto o se l’Ente impositore locale aveva precedentemente notificato un semplice “invito bonario” non obbligatoriamente impugnabile e iv) maturata prescrizione), dovendosi dare maggior peso alla circostanza che l’argomentazione secondo cui occorre evitare che “il contribuente si ved[a - n.d.r.] costretto a instaurare un giudizio in un luogo lontano da quello ove è ubicato l’immobile censito dall’ente impositore”, svolta dal giudice rimettente rispetto all’art. 24 della Costituzione e che la Consulta ha condiviso rilevando che “poiché l’ente locale non incontra alcuna limitazione di carattere geografico-spaziale nell’individuazione del terzo cui affidare il servizio di accertamento e riscossione dei propri tributi, lo «spostamento» richiesto al contribuente che voglia esercitare il proprio diritto di azione […] è potenzialmente idoneo a costituire una condizione di «sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione» […] o comunque a «rendere “oltremodo difficoltosa” la tutela giurisdizionale»”, mantiene intatta la propria validità giuridica anche nell’ipotesi in cui un Comune affidi la riscossione coattiva dei propri tributi all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con la conseguenza che la preminente esigenza costituzionale di evitare al contribuente un potenziale difficoltoso esercizio del diritto di difesa e la coerenza intrinseca al sistema processuale tributario dovrebbero indurre ad interpretare il comma 1 del citato art. 4 nel senso che in tema di impugnazione degli atti di riscossione dei tributi locali emessi dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione la competenza territoriale spetta alla CGT nella cui circoscrizione è situata la sede dell’Ente locale impositore, qualora il contribuente nel proprio ricorso abbia contestato anche o soltanto la legittimità totale o parziale della pretesa impositiva. 

Ad oggi, tale posizione interpretativa sembrerebbe trovare conforto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in cui vi è un espresso richiamo alla sentenza n. 44 del 2016 della Corte Costituzionale. Nello specifico, ci si riferisce alle seguenti pronunce: 

a) sentenza 21.11.2018, n. 30054 della sezione tributaria, in cui, a fronte di un ricorso proposto dal contribuente per contestare l’illegittimità di una cartella di pagamento emessa dall’allora Equitalia Gerit – Agente della Riscossione per la provincia di Roma in quanto non preceduta dalla notifica da parte del Comune di Milano degli avvisi di accertamenti asseritamente emessi con riferimento alla “TARSU”, il Supremo Collegio ha statuito che il contribuente avrebbe dovuto adire l’allora Commissione Tributaria Provinciale di Milano e non quella di Roma, rilevando che «alla luce della pronuncia di incostituzionalità n. 44/2016, la competenza territoriale delle commissioni tributarie provinciali è determinata in base alla localizzazione, nella circoscrizione dell’organo giudicante, della sede dell’ente impositore che ha emesso l’atto che si impugna e contro cui si propone il ricorso»; 

b) ordinanza 31.10.2019, n. 28064 della sezione tributaria, in cui (I) si è statuito che “Solo con riguardo ai tributi degli enti locali […] non trova applicazione” la regola secondo cui “Nel processo tributario, qualora il contribuente impugni la cartella di pagamento facendo valere, anche in via esclusiva, vizi propri del ruolo, non notificato precedentemente e, quindi, conosciuto solo tramite la cartella, è territorialmente competente, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’Agente del servizio di riscossione” e che solonella riscossione coattiva dei tributi (non locali) […] l’attribuzione della competenza territoriale alle commissioni tributarie provinciali secondo il criterio della sede dell’agente della riscossione non comporta alcuna menomazione della tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost.”, e (II) si è ritenuto che il precedente costituito dalla sentenza n. 30054 del 2018 ha statuito “conformemente alla pronuncia della Consulta”; 

c) ordinanza 24.6.2021, n. 18132 della sezione tributaria, in cui sono stati richiamati, in chiave adesiva, la sentenza n. 30054 del 2018 e l’ordinanza n. 28064 del 2019, rimarcando che in quest’ultima “è stato sottolineato che, al di fuori del campo dei tributi locali, riguardati dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, resta ferma la statuizione per cui “Nel processo tributario, qualora il contribuente impugni la cartella di pagamento facendo valere, anche in via esclusiva, vizi propri del ruolo, non notificato precedentemente e, quindi, conosciuto solo tramite la cartella, è territorialmente competente, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’Agente del servizio di riscossione, pure se non coincidente con quella in cui ha sede l’Ufficio tributario che ha formato il ruolo”; 

d) ordinanza 10.2.2023, n. 4115 della sesta sezione civile, in cui, richiamandosi la precedente ordinanza n. 28064 del 2019, si è ribadito come “non valga solo in caso di tributi locali” la regola secondo cui “Nel processo tributario, qualora il contribuente impugni la cartella di pagamento facendo valere, anche in via esclusiva, vizi propri del ruolo, non notificato precedentemente e, quindi, conosciuto solo tramite la cartella, è territorialmente competente, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, la Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ricade la sede dell’Agente del servizio di riscossione”.

L’opinione qui espressa trova rispondenza anche nella sentenza 21.7.2023, n. 2734 della CGT di Milano, sez. 4, vertente sul seguente caso concreto: il contribuente riceveva la notifica di un’intimazione di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione in qualità di agente della riscossione per la provincia di Pavia, che richiamava come “atto presupposto” una cartella di pagamento emessa dallo stesso “agente” e i cui crediti tributari consistevano nella “tassa sullo smaltimento rifiuti” e nel connesso “tributo provinciale” iscritti a ruolo dal Comune di Milano con riferimento all’anno 2011. Nel successivo ricorso, il contribuente ha, tra l’altro, “eccepito la prescrizione (quinquennale) del credito di cui alla cartella di pagamento indicata nell’intimazione di pagamento impugnata, nonché la decadenza dell’Amministrazione Finanziaria dal poter impositivo” e, pertanto, anche vizi attinenti alla pretesa impositiva.

I giudici di prime cure, in via preliminare e richiamando la sentenza n. 44 del 2016 della Corte Costituzionale, respingevano l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dall’Agenzia delle Entrate - Riscossione in favore della CGT di Pavia.

Ora, siccome l’incertezza sulla tematica processuale qui brevemente esaminata è alta spiace che nella recente riforma del processo tributario si sia persa un’occasione per intervenire una volta per tutte sul comma 1 dell’art. 4 del d.lgs. n. 546 del 1992, soprattutto ove si consideri l’introduzione nel successivo art. 14 del nuovo comma 6 bis in forza del quale il contribuente, per i ricorsi notificati dal 5 gennaio 2024, se impugna un atto della riscossione coattiva contestando l’omessa notifica dell’atto impositivo presupposto deve proporre ricorso nei confronti dell’agente della riscossione e dell’ente impositore. 

Unica nota positiva, si fa per dire, è che l’eventuale errore nell’individuazione della CGT territorialmente competente, tra quella nella cui circoscrizione ha sede l’agente della riscossione e quella nella cui circoscrizione ricade la sede dell’Ente impositore locale, non determina l’inammissibilità del ricorso e, pertanto, non compromette in sé e per sé l’azione giurisdizionale del contribuente, avendo quest’ultimo tutt’al più l’onere, previsto dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, di riassumere il processo dinanzi alla CGT ritenuta come competente da quella erroneamente adita “entro il termine fissato nella sentenza o in mancanza nel termine di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa”.



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