Speciale Pubblicato il 17/01/2022

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Regime impatriati e telelavoro: solo con oltre 183 giorni in Italia

di Soro Dott. Paolo

Il regime speciale per i lavoratori impatriati si applica anche per chi svolge l’attività in telelavoro alle dipendenze di un datore di lavoro straniero, ma a certe condizioni



Il regime speciale per i lavoratori impatriati si applica anche nei confronti di coloro che svolgono l’attività in modalità di telelavoro alle dipendenze di un datore di lavoro / committente straniero. Peraltro, le imposte sono dovute nella misura agevolata prevista dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, soltanto con riguardo a quegli anni in cui si presta effettivamente l’attività in Italia per oltre 183 giorni, come richiesto dall’articolo 2 del TUIR ai fini della qualificazione della residenza fiscale. 

Nell’interpello n. 3/2022, l’Agenzia delle Entrate ritorna a occuparsi di lavoratori impatriati, ribadendo che allo speciale trattamento fiscale hanno diritto anche coloro che svolgono materialmente in Italia l’attività in modalità di telelavoro per conto di un datore che non ha sede nel nostro Paese. 

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Il concetto di residenza fiscale e modello convenzionale

La precisazione che risulta di sicuro interesse nel parere espresso dalla Direzione Centrale è quella afferente ai problemi interpretativi in tema di residenza fiscale, laddove si abbia a che fare con nazioni che, a differenza dell’Italia, prevedono tale status soltanto a decorrere dal giorno in cui se ne verificano le condizioni, e non con riguardo all’intero anno solare.( Abbiamo già avuto modo di trattare l’argomento in altro nostro precedente contributo :"Residenza Fiscale Italia-Svizzera..")

Invero, a parte Italia, Spagna e pochi altri Paesi, nella maggior parte degli Stati (in forza a principi assai più equi e condivisibili), la residenza fiscale si attribuisce a decorrere dal giorno in cui si accerta il verificarsi delle condizioni stabilite dalla normativa locale. Questo fatto può evidentemente comportare due situazioni: 

  1. Periodi dell’anno in cui il soggetto risulta avere una doppia residenza fiscale

Esempio: Bianchi si trasferisce in Francia, acquistandone la residenza fiscale, il 1° ottobre 2021. In Italia, però, resta considerato fiscalmente residente per tutto l’anno 2021. Risultato: dal 1° ottobre al 31 dicembre 2021, Bianchi risulta avere la residenza fiscale sia in Italia che in Francia. 

  1. Periodi dell’anno in cui il soggetto risulta non avere residenza fiscale in alcuno Stato

Esempio: Bianchi si trasferisce in Francia, acquisendone la residenza fiscale, il 1° maggio 2021, contestualmente si iscrive all’AIRE. In Italia non sarà considerato fiscalmente residente nell’anno 2021. Risultato: dal 1° gennaio al 30 aprile 2021, Bianchi non risulta avere la residenza fiscale, né in Italia, né in Francia. 

Le ovvie conseguenze saranno che: 

Attenzione, però, a non fare confusione (come, invece, parrebbe aver fatto l’odierna istante): le regole indicate all’articolo 4 del modello convenzionale servono esclusivamente per dirimere i casi in cui una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti. Ciò è necessario per conseguire lo scopo previsto dai trattati internazionali: ossia, quello appunto d’impedire un’ingiusta doppia tassazione per gli stessi redditi prodotti.

 In nessun caso, le disposizioni indicate in tale articolo potranno essere utilizzate per variare i criteri che le rispettive normative interne prescrivono al fine di determinare la residenza fiscale delle persone (o delle società), normative che d’altronde tutte le convenzioni internazionali salvaguardano sempre: 

“Ai fini della presente Convenzione, l'espressione «residente di uno Stato contraente» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata a imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga”. 

I quesiti sottoposti nell'interpello n. 3 2022

L’istante è una cittadina italiana che si è iscritta nell’anagrafe nazionale il 6 settembre 2021. In precedenza, era iscritta all’AIRE fin dal 2015 e ha lavorato in Svizzera alle dipendenze di un datore di lavoro locale. Attualmente, continua a lavorare per conto del medesimo datore elvetico, ma svolge la sua attività in modalità smart-working, restando fisicamente presente in Italia per la maggior parte dell’anno. 

Ciò premesso, l’istante chiede se possa beneficiare del regime speciale impatriati e se, per quanto riguarda il periodo che va dal 6 settembre 2021 al 31 dicembre 2021, è corretto – come ella ritiene – che debba essere considerata fiscalmente residente in Italia, in ossequio alla previsione di cui all’articolo 4 della Convenzione Italia / Svizzera, che testualmente recita: 

“La persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all'altro Stato contraente, cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L'assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell'altro Stato a decorrere dalla stessa data”. 

Seguendo l’anzidetto ragionamento, ad avviso dell'istante, il 2021 sarà il primo anno di decorrenza del regime speciale per i lavoratori impatriati, in quanto potrà fruire di questo regime anche per i redditi conseguiti nel periodo 06/09/2021 – 31/12/2021, tenuto conto che per la maggior parte di tale periodo fiscale la sua attività lavorativa è prestata in Italia e, fin dal predetto periodo, è da considerarsi fiscalmente residente in Italia. 

La conclusione cui perviene l’istante non pare poter essere condivisa, per i seguenti tre principali motivi: 

  1. La convenzione fa comunque salve le regole domestiche concernenti i requisiti per la residenza fiscale. 
  2. La normativa italiana (articolo 2 del TUIR) stabilisce che è considerato fiscalmente residente chi è iscritto all’anagrafe nazionale, o ha la residenza/domicilio effettivo nello Stato per oltre la metà dell’anno.
  3. La speciale disposizione qui oggetto di analisi prescrive che il regime di favore si applica ai soggetti che, a decorrere dal 30 aprile 2019, trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi.

La risposta dell'Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle entrate risponde ai quesiti restando all’interno del perimetro tracciato dalle norme appena sopra richiamate. 

Quanto alla possibilità per l’istante di beneficiare del regime speciale agevolato stabilito a favore dei lavoratori impatriati dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, la risposta è senz’altro affermativa. 

Richiamando anche la sua circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Amministrazione finanziaria ricorda che, al fine di essere beneficiario del particolare regime di favore, occorre la sussistenza di taluni parametri oggettivi e soggettivi:

Ovvero 

L'agevolazione è fruibile per un quinquennio a decorrere dal periodo d’imposta in cui i lavoratori trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi d’imposta successivi. 

Inoltre, non è richiesto che l'attività sia svolta per conto di un'impresa operante sul territorio dello Stato. Pertanto, possono accedere all'agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all'estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o d’impresa) siano stranieri (non residenti). 

Tutte le predette condizioni risultano rispettate nel caso prospettato. Per cui, l’istante ha diritto di usufruire del regime di favore, sempre ovviamente che quanto affermato dalla stessa istante corrisponda al vero e sia corretto (valutazione di merito che non può risultare oggetto d’esame in sede d’interpello). 

La risposta è, viceversa, negativa con riferimento al secondo quesito posto, relativo al primo anno di beneficio del regime.

Preliminarmente, con riguardo all’obbligatoria condizione che prescrive lo svolgimento dell'attività lavorativa «prevalentemente» nel territorio italiano, l’Ufficio cita l'articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto ministeriale recante le disposizioni di attuazione del regime speciale in esame (decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 26 maggio 2016), in base al quale tale condizione deve essere verificata in relazione a ciascun periodo d'imposta e risulta soddisfatta se l'attività lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco dell'anno.

Nel computo dei 183 giorni rientrano, non solo i giorni lavorativi effettivi, ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi in senso stretto. Per contro, non sono computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all'estero, essendo in questo caso l'attività lavorativa prestata fuori dal territorio dello Stato. 

In sostanza, si deve sempre avere riguardo all’attività effettivamente prestata dal soggetto in Italia per il predetto periodo minimo annuale (cosa che evidentemente esula dalla circostanza che il lavoro sia svolto in modalità smart-working). 

Orbene, in relazione al periodo d'imposta a partire dal quale trova applicazione il regime speciale, non assume rilevanza la disposizione volta a dirimere conflitti di doppia residenza e ripartire la potestà impositiva tra i due Stati contraenti, contenuta nell'articolo 4, paragrafo 4, della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Svizzera, occorrendo fare riferimento esclusivamente alla legge domestica e, in particolare, alle disposizioni contenute nell’articolo 2 del TUIR. Pertanto, qualora l'istante abbia effettuato il trasferimento della residenza il 6 settembre 2021, si potrà considerare fiscalmente residente nel territorio dello Stato, solamente a partire dal 1° gennaio 2022. 

Di conseguenza, l'istante potrà beneficiare dell'agevolazione fiscale di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015, per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2022 (anno nel quale trasferisce formalmente la residenza fiscale in Italia) e per i successivi quattro periodi d’imposta. 

Il tutto, fermo restando che:

“La verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l'effettiva residenza fiscale di un soggetto, riguarda elementi di fatto che, come precisato con circolare n. 9/E del 1° aprile 2016, non possono essere oggetto d’istanza d’interpello, ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212”. 

A parere di chi scrive, le conclusioni enunciate dall’Agenzia delle entrate nella concreta fattispecie paiono senz’altro condivisibili, anche alla luce dei ragionamenti dettagliatamente sviluppati in precedenza. 

 


1 FILE ALLEGATO:
Risposta a interpello del 07.01.2022 n. 3

TAG: Lavoro estero 2023