Speciale Pubblicato il 21/01/2020

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Attività di home restaurant e segnalazione certificata di inizio attività SCIA

di Scaglia Dott. Alessio

SCIA si, SCIA no per l'attività di Home restaurant: il punto alla luce della recente giurisprudenza in attesa che la materia venga regolamentata



Il mondo degli home restaurant continua a far parlare di sé. Come noto, la materia non conosce una specifica normativa di rango legislativo e, pertanto, occorre fare riferimento alla normativa per le fattispecie analoghe e agli atti interpretativi emanati dall’Autorità Amministrativa.
Una delle questioni maggiormente controverse in questo settore concerne l’obbligo di presentare una segnalazione certificata di inizio attività (c.d. SCIA) presso il Comune ove ha sede l’immobile nel quale si intende svolgere l’attività di home restaurant.

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La Scia obbligatoria per l'attività professionale di Home restaurant

Sul punto è nota la posizione del Ministero dello Sviluppo Economico che, con la oramai famosa risoluzione 10 aprile 2015, n. 50481 (sostanzialmente riconfermata dalla risoluzione 6 novembre 2017, n. 493338), ha affermato a chiare lettere che l’attività di home restaurant è da ricondurre all’alveo applicativo della normativa sulla somministrazione di alimenti e bevande e, conseguentemente, la sussistenza dell’obbligo, in capo al soggetto intenzionato a svolgere tale attività, di presentare la SCIA qualora l’esercizio avvenga in zone tutelate e l’obbligo di chiedere una specifica autorizzazione al Comune qualora l’attività si svolga in zone non tutelate.

La giurisprudenza amministrativa ha assunto una posizione conforme a quella sostenuta dal Ministero: infatti, secondo T.A.R. Campania – Napoli, sentenza 8 giugno 2018, n. 3883, l’attività di home restaurant, proprio perché non specificamente disciplinata, deve essere ricondotta all’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
L’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto attività imprenditoriale, è soggetta a SCIA ai sensi dell’art. 19, l. 241/1990. In ogni caso, ogni Regione ha una specifica disciplina delle attività commerciali che, comunque, prevede l’obbligo della SCIA per i soggetti che esercitano attività di somministrazione di alimenti e bevande.

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La Scia non obbligatoria se l'attività è occasionale ed episodica

Successivamente è intervenuto un parere del Ministero dell’Interno che, confermando la ricostruzione operata dal Ministero dello Sviluppo Economico, ha avuto modo di precisare: “salvo che non sia svolta in modo del tutto occasionale ed episodico, in quanto rivolta ad un pubblico indistinto, non può che essere classificata – allo stato della legislazione e in assenza di disciplina specifica – quale esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande, perciò soggetto alla relativa disciplina commerciale, fiscale, igienico-sanitaria e di pubblica sicurezza”.
Ora, è evidente che il discrimine fondamentale per capire se l’attività di home restaurant sia soggetto o meno alla SCIA risiede nel fatto che questa attività venga svolta, citando le parole del Ministero, “in modo del tutto occasionale ed episodico”.
In assenza di una apposita disciplina dell’attività di home restaurant, occorre indagare caso per caso ogni fattispecie.

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Il punto della Giurisprudenza

In questa materia iniziano a registrarsi anche i primi pronunciamenti da parte dell’Autorità Giudiziaria che viene investita in merito alla legittimità delle sanzioni irrogate nei confronti di coloro che hanno avviato l’attività di home restaurant senza aver presentato la SCIA.

Nello specifico, il Giudice di Pace di San Miniato, con la sentenza dd. 23 maggio 2019, depositata in data 31 luglio 2019, n. 139, ha accolto l’opposizione presentata da un cittadino avverso l’ordinanza ingiunzione a lui notificata per la violazione delle norme regionali (art. 43 della Legge Regione Toscana n. 28/2005, ora art. 48, L.R.T. n. 62/2018) che impongono, a chi esercita attività di somministrazione di alimenti e bevande, di presentare la SCIA al Comune.

Il Giudice di Pace ha ritenuto l’opposizione meritevole di accoglimento per due ordini di motivi:

1) Il Comune non ha assolto l’onere probatorio dei fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria: in altri termini, il Comune non è stato in grado di dimostrare che la persona sanzionata (ossia il ricorrente) svolgesse effettivamente attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico. Dalla lettura della sentenza si evince, infatti, che l’unico elemento a sostegno della tesi per cui il soggetto svolgesse attività di somministrazione di alimenti e bevande era dato dal fatto che questi avesse pubblicizzato su un sito internet la propria attività di home restaurant: secondo il Giudice di Pace questo dato non può essere sufficiente a dimostrare che l’attività sia da qualificare come aperta al pubblico;

2) Non esiste una specifica disciplina dell’attività di home restaurant e il parere del Ministero dello Sviluppo Economico, non avendo rango legislativo, non possiede forza cogente né valore normativo. Inoltre, tale parere si applicherebbe solamente alle attività svolte in zone tutelate e, quindi, non nel caso di specie.

La sentenza è stata accolta in modo favorevole da coloro che propugnano la tesi per cui la somministrazione di alimenti e bevande sarebbe libera e non soggetta all’obbligo di SCIA, mentre vi è stata una reazione dura da parte della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che ha evidenziato come una sola sentenza non possa formare giurisprudenza a livello nazionale.

La sentenza appare condivisibile nella misura in cui afferma il principio per il quale compete all’autorità che ha emesso la sanzione l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della stessa, ossia dimostrare in modo tangibile l’avvenuta violazione: nel caso di specie, sembra che l’unico elemento addotto dal Comune a sostegno della propria pretesa fosse la pubblicizzazione, tramite un sito internet, dell’attività di home restaurant svolta dal ricorrente. L’assenza di qualsiasi altro elemento istruttorio volto a dimostrare che quel soggetto ha svolto l’attività in modo non occasionale consente di ritenere corretto l’annullamento della sanzione.

Appare meno condivisibile, invece, il passo motivazionale dove si afferma che l’ordinanza debba essere annullata perché fondata solamente su una mera interpretazione del MISE che non può avere alcuna forza cogente.

Infatti, non si può sottacere che la sanzione è stata irrogata dal Comune per violazione della normativa regionale che impone, a chi esercita attività di somministrazione di alimenti e bevande, di presentare la SCIA. Come già detto, la normativa sulla somministrazione di alimenti e bevande (l. 25 agosto 1991, n. 287) non contempla alcuna diversificazione in merito ad attività svolta in modo occasionale e non occasionale. Pertanto, anche quest’ultima (che connoterebbe in modo specifico l’home restaurant) deve essere ricondotta sotto tale disciplina.
Per tale ragione, l’annullamento della sanzione, sotto il profilo dell’interpretazione sistematica delle norme applicabili alla presente fattispecie, forse, avrebbe richiesto un maggiore approfondimento.
Si rende, dunque, sempre più impellente la necessità che il legislatore intervenga in modo chiaro a disciplinare l’attività di home restaurant in modo che tutti gli operatori economici coinvolti possano avere un quadro normativo chiaro al quale poter fare riferimento e sul quale poter fare affidamento.

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Sentenza Giudice di Pace San Miniato

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