Speciale Pubblicato il 18/08/2017

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Quando l’accesso civico generalizzato cede il passo alla privacy.

di Modesti dott. Giovanni

Quando l’accesso civico generalizzato cede il passo alla privacy.



Un recente provvedimento del  Garante, assunto al  Registro dei provvedimenti n. 254 del 31 maggio 2017,  ribadisce che il ricorso all’accesso civico generalizzato non vale  per conoscere dati, provvedimenti e informazioni riguardanti i procedimenti disciplinari  intentati da una amministrazione pubblica nei confronti di un proprio dipendente.

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Il quadro normativo

Premesso che il d. lgs. n. 33/2013 prevede che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).
Va considerato che tale forma di accesso  trova una serie di argini , richiamati nell’art. 5 bis del decreto sopra richiamato,  per cui l'accesso civico è rifiutato, fra l'altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) e che «l'amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso» (art. 5, comma 5).

Il caso

La decisione del Garante è stata adottata in occasione  di una richiesta di parere pervenuta dal responsabile della prevenzione della corruzione di un Comune,  nell'ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un'istanza di accesso civico.
A fondamento del diniego espresso dall’ente locale alla istanza in questione si faceva presente che
- «la conoscenza da parte di chiunque dei dati e documenti richiesti con l'accesso generalizzato, avente ad oggetto gli atti relativi [al] dipendente, p[uò] arrecare un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali in conformità alla disciplina legislativa in materia»;
- «dalla conoscibilità del dato o del documento richiesto da parte di chiunque, poss[o]no derivare conseguenze – anche legate alla sfera morale, relazionale e sociale – nei riguardi dell'interessato, o di altre persone alle quali esso è legato da un vincolo affettivo, tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla previsione di cui all'art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013, in base alla quale i dati e i documenti forniti al richiedente l'accesso civico sono considerati come "pubblici"»;
- «Ai fini della valutazione dell'impatto sfavorevole che potrebbe derivare all'interessato e/o ai suoi congiunti dalla conoscibilità da parte di chiunque, delle informazioni richieste, si è tenuto conto della natura dei dati personali oggetto della richiesta (procedimento disciplinare) e, in particolare, della funzione pubblica esercitata dalla persona cui si riferiscono i predetti dati […]».

La decisione

Il Garante ha richiamato le Linee guida dell’ANAC dove si legge che «La disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede che ogni trattamento – quindi anche una comunicazione di dati personali a un terzo tramite l'accesso generalizzato – deve essere effettuato "nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all'identità personale […]", ivi inclusi il diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, all'oblio, nonché i diritti inviolabili della persona di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Nel quadro descritto, anche le comunicazioni di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, dell'art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della giurisprudenza europea in materia».
Nelle stesse Linee guida si legge che «Nel valutare l'impatto nei riguardi dell'interessato, vanno tenute in debito conto anche le ragionevoli aspettative di quest'ultimo riguardo al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti, ad esempio nel caso in cui le predette conseguenze non erano prevedibili al momento della raccolta dei dati. Per verificare l'impatto sfavorevole che potrebbe derivare all'interessato dalla conoscibilità da parte di chiunque delle informazioni richieste, l'ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato deve far riferimento a diversi parametri, tra i quali, anche la natura dei dati personali oggetto della richiesta di accesso o contenuti nei documenti ai quali si chiede di accedere, nonché il ruolo ricoperto nella vita pubblica, la funzione pubblica esercitata o l'attività di pubblico interesse svolta dalla persona cui si riferiscono i predetti dati» .
Nel caso specifico, poiché l’esigenza conoscitiva rappresentata dall’istante poteva trovare soddisfazione nella conoscenza dei fatti connessi alla emergenza finanziaria che ha coinvolto il Comune in questione senza rendere necessaria l’acquisizione di informazioni riguardanti il procedimento disciplinare nei riguardi del dipendente coinvolto in tale situazione, il Garante ha ritenuto che l'amministrazione abbia correttamente respinto l'istanza di accesso civico.
Ad ulteriore sostegno di questo suo orientamento il Garante ha fatto presente che gli atti riguardanti un procedimento disciplinare sono preclusi, salvo specifiche eccezioni, anche quando l’accesso avvenga ai sensi della legge n. 241/90 (cd. accesso documentale)



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