Speciale Pubblicato il 12/09/2016

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Contabilità in nero o presso terzi: accertamento valido

di Brandi Dott. Francesco

La Cassazione 17420 del 30.8.2016 ribadisce che le presunzioni derivanti da contabilità in nero fondano validamente l'accertamento analitico-induttivo



La casssazione  civile con ordinanza n. 17420 del 30 Agosto 2016 ha stabilito che  in tema di accertamento delle imposte sui redditi, le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza ai fini della formazione del proprio convincimento e la "contabilità in nero", costituita ad esempio da documenti informatici anche rinvenuti presso terzi, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, legittimamente valutabile in relazione all'esistenza delle operazioni non contabilizzate e quindi a maggiori redditi.

IL CASO

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Ctr della Campania che, ribaltando il verdetto di primo grado, aveva accolto l’appello di un contribuente e annullato l’avviso di accertamento.

L’atto impositivo si era fondato su documentazione extracontabile (in particolare si trattava di alcuni files informatici) rinvenuta presso un fornitore del contribuente accertato, di cui si contestava l’idoneità a supportare un atto impositivo.

Secondo la Ctr, in particolare,  il rinvenimento di meri files informatici, contenuti su supporto magnetico, presso un soggetto diverso dal contribuente, in assenza di riscontri oggettivi esterni, aventi carattere di precisione, gravità e concordanza, non poteva ex se comprovare l'esistenza di contabilità occulta e differente da quella formale.

Col successivo ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè degli artt. 2697 e 2729 c.c. in quanto la Ctr aveva erroneamente affermato la carenza dei presupposti per procedere ad accertamento analitico-induttivo, ritenendo non idonea la documentazione extracontabile posta a base dell’atto impugnato.

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Indice

IL CASO

IL COMMENTO

  1. Accertamento analitico-induttivo: presupposti
  2. Accertamenti basati sulla contabilità parallela e su elementi rinvenuti presso terzi
  3. L'ordinanza  annotata

IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

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2. ACCERTAMENTI BASATI SULLA CONTABILITA’ PARALLELA E SU ELEMENTI ISTRUTTORI RINVENUTI PRESSO TERZI

Gli appunti riportati su agende, i brogliacci, le contabilità parallele rinvenute anche in locali diversi da quelli societari o professionali legittimano di per sé stessi il ricorso all’accertamento induttivo, essendo dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti sia dal D.P.R. n. 600 del 1973 (per le imposte dirette) che dal D.P.R. n. 633 del 1972, per l’Iva, ferma restando la prova contraria da fornirsi ad opera del contribuente. Per giustificare tale assunto la Suprema corte ha ritenuto che vanno ricomprese tra le scritture contabili disciplinate dagli articoli 2709 e seguenti del codice civile tutti i documenti che registrino in termini quantitativi o monetari i singoli fatti d'impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta. Sicché gli appunti del contribuente rinvenuti in sede di verifica possono essere ricondotti nel novero dei documenti riepilogativi e costitutivi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell'impresa, legittimandone l'utilizzo quale elemento indiziario fornito dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, per la valutazione della contabilità che contempla ogni e qualsiasi documento dal quale si rilevino i fatti di gestione (Cass. sent. n. 5947 e n. 23585 del 2009 e n. 25610 del 2006). Del resto la regolarità formale e “l’ufficialità” delle scritture contabili è richiesta solo al fine di consentire all’imprenditore di utilizzarle come mezzo di prova contro i terzi, in base all’art. 2710 c.c. (cfr. Cass. sent. n. 19598 del 2003).

Per quanto concerne gli elementi istruttori acquisiti presso soggetti terzi rispetto al contribuente accertato, la loro legittimità e quella dei successivi atti impositivi trova un diretto fondamento normativo.

Ai fini Iva, l’art. 54, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede, infatti, che “l’ufficio può … procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture …, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti …”. Di identico contenuto è la previsione di cui all’art. 39, primo comma lett. c), del D.P.R. n. 600 del 1973, dettata in materia di imposte sui redditi.

La giurisprudenza di legittimità, preso atto del quadro normativo, ha assunto un consolidato orientamento favorevole alle tesi dell’Amministrazione Finanziaria, stabilendo che non vi è alcuna preclusione all’utilizzo da parte della stessa di dati e notizie acquisite in sede di controllo presso un soggetto diverso dal destinatario dell’avviso di accertamento.

(...)

Ma vi è di più. L’acquisizione di tale documentazione comporta l’inversione dell’onere della prova, spettando al contribuente dimostrare che la stessa non è in grado di giustificare l’azione di accertamento.



TAG: Accertamento e controlli Giurisprudenza