Speciale Pubblicato il 27/04/2015

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E' dichiarazione fraudolenta se il fornitore sconfessa la fattura

di Miglino Dott.ssa Carmen

Cassazione penale n.16338/2015 sul reato di dichiarazione fraudolenta art. 2 D.Lgs.74/2000: il ruolo della testimonianza di terzi



La condanna per il reato di dichiarazione fraudolenta è legittima, se gli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza trovano riscontro nelle dichiarazioni del terzo, che ha disconosciuto la fattura di cui all’imputazione; specie se il terzo non ha alcun interesse a rendere dichiarazioni mendaci, in quanto, non essendo soggetto operativo, non ha necessità di occultare redditi. A chiarirlo la sentenza 20 aprile 2015 n. 16338 della Terza Sezione Penale della Cassazione. 
IL CASO
Un imprenditore - a seguito di rito abbreviato e previo riconoscimento delle attenuanti generiche – veniva condannato alla pena di mesi 8 di reclusione per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 D.Lgs. n. 74/2000.
In particolare, la Corte di Appello di Torino, nel confermare la sentenza del G.u.p., riteneva che l’imputato, al fine di evadere le imposte sul valore aggiunto, si fosse avvalso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti; circostanza questa che aveva trovato conferma nelle dichiarazioni di un fornitore.
L’imputato, pertanto, depositava il ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, l’erronea valutazione delle dichiarazioni del terzo, in quanto soggetto interessato a negare la vendita del materiale di cui alla fattura in contestazione. Tal dichiarazioni, eccepiva il ricorrente, non poteva essere posta da sola a fondamento dell'affermazione di responsabilità, avendo il fornitore l’interesse ad occultare un'eventuale propria irregolarità, vale a dire l'omessa annotazione in contabilità e la conseguente violazione degli obblighi fiscali in relazione al prezzo incassato.

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Scarica il commento completo con il testo integrale della sentenza : Reato di dichiarazione fraudolenta  - Cassazione penale n. 16338/2015 (PDF - 8 pagine)
Sommario:
IL CASO
IL COMMENTO
     1. LA DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER  OPERAZIONI              INESISTENTI: BENE GIURIDICO PROTETTO E SOGGETTO ATTIVO
     2. LA CONDOTTA
     3. LA SENTENZA ANNOTATA
IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA
 
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1. LA DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI: BENE GIURIDICO PROTETTO E SOGGETTO ATTIVO

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti è previsto e punito dall’art. 2, d.lgs. n. 74/2000; trattasi della fattispecie sanzionatoria più grave fra quelle regolate dalla normativa di riforma del sistema penale tributario, posto che la stessa crea non poche difficoltà nell’accertamento dell’imposta dovuta all’Erario ed è connotata da una particolare fraudolenza, consistente nell’uso di fatture o di altri documenti per dichiarare passività inesistenti.
Come per le altre ipotesi delittuose di cui al d.lgs. n. 74/2000, il bene giuridico tutelato dalla fattispecie in esame coincide con l’interesse dell’Erario alla percezione dei tributi, a differenza di quanto disposto dalla previgente legge del 1982, che proteggeva principalmente l’interesse del Fisco al corretto svolgersi dell’azione di accertamento tributario. Soggetto attivo del reato può essere unicamente colui il quale è contribuente ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, oppure è amministratore, liquidatore o rappresentante del contribuente soggetto ad imposizione (art. 1, comma 1, lett.c), d.lgs. n. 74/2000).
(...)

LA SENTENZA ANNOTATA
(...)
Gli Ermellini hanno respinto il ricorso confermando la condanna dell’imprenditore per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000; a giudizio della Corte, i giudici di merito non hanno fondato l'affermazione di responsabilità dell’imputato sulle sole dichiarazioni dell’amministratore della società emittente. Anzi, dall’attività di verifica della Guardia di Finanza era emerso che detta società emittente, negli anni dal 2004 al 2007, non aveva mai realizzato operazioni attive e tanto era confermato dalla mancanza di annotazione in contabilità di fatture (quindi anche di quella – con imponibile di 350 mila euro - apparentemente emessa in favore dell’imputato).
Pertanto, nel caso di specie, scrivono gli Ermellini, le dichiarazioni del terzo, che ha disconosciuto la fattura di cui all'imputazione, sono state soltanto il riscontro agli accertamenti oggettivi della GdF. (....)


TAG: Accertamento e controlli Giurisprudenza