Speciale Pubblicato il 26/11/2014

Tempo di lettura: 4 minuti

Impresa familiare e società, incompatibilità sostanziale

di Dott. Bertolaso Piero

L'importante sentenza n. 23676/2014 della Cassazione a S.U sulla natura dell' impresa familiare,commentata dal punto di vista tributario



IL CASO
Con ricorso depositato il 3 maggio 2006 il sig. S.P. chiamava in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino i sigg. B.L. e B.A., figli di sua sorella affermando che:
Ritenuta la sussistenza dei requisiti dell'impresa familiare ex art. 230 bis cod. civ., chiedeva il pagamento della somma di Euro 11.362,00 a titolo di mantenimento e di Euro 71.233,00 per il valore degli incrementi a lui spettante; oltre alla percentuale degli utili.
I nipoti eccepivano l'insussistenza dell'impresa familiare perché incompatibile con la struttura societaria, e contestavano le affermazioni sullo svolgimento concreto del rapporto.
IL COMMENTO
1. IMPRESA FAMILIARE: DISCIPLINA CIVILISTICO-FISCALE
La Corte di Cassazione a Sezione Unite  nella sentenza annotata affronta una tematica ampiamente dibattuta sia in giurisprudenza che in dottrina – anche ripercorrendone in parte i numerosi orientamenti sino ad oggi intervenuti – vertente sulla compatibilità dell’impresa familiare, nel caso di esercizio dell’attività in forma societaria.
Per impresa familiare si intende quella in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo (art. 230 bis cod. civ.). Ancorché la norma apparentemente riecheggi quella del piccolo imprenditore di cui all'art. 2083 cod. civ., l'impresa familiare non si caratterizza per natura e dimensioni, ma prende in considerazione il lavoro del familiare in una qualunque impresa o in collegamento con l'impresa.
L'impresa familiare può, quindi, avere ad oggetto qualunque attività (agricola, commerciale, civile), salvo quelle espressamente vietate dalla legge (ad esempio attività bancaria e assicurativa, che vanno esercitate in forma societaria) e non incontra alcun limite riguardo alle dimensioni.
L'impresa familiare è, comunque, un'impresa individuale e, di conseguenza, si applica la disciplina ordinaria dell'impresa, salvo le specifiche norme dirette a regolamentare e tutelare il lavoro dei familiari nell'impresa e nella famiglia.
La disciplina speciale vale per quel che sono i rapporti interni tra l'imprenditore e i familiari partecipanti, mentre per quanto riguarda i rapporti esterni la disciplina è quella relativa a qualsiasi impresa individuale. Invero l'art. 230 bis cod. civ. non ha introdotto un nuovo modello di impresa, ma è solo diretto a tutelare il lavoro dei familiari dell'imprenditore al di fuori di qualsivoglia regolamentazione pattizia.
Ai fini civilistici, l'impresa familiare nasce di fatto in ragione della collaborazione del familiare nell'impresa, cioè su un rapporto di collaborazione non fondato su un vincolo contrattuale, ma sulla solidarietà familiare. La fonte dell'impresa familiare è, pertanto, nella legge in ragione dei rapporti familiari e del lavoro nella famiglia o nell'impresa. Qualora l'impresa familiare sia stata costituita con atto scritto, chi intende contestarne l'esistenza, per essere rimasto ineseguito l'accordo che vi ha dato origine, ha l'onere di provare tale aspetto, dimostrando che è in realtà mancata quella effettiva collaborazione che dell'impresa familiare costituisce elemento essenziale.
Ai fini tributari, l'impresa familiare diviene rilevante solo se risulta da atto pubblico o scrittura privata autenticata anteriore al periodo d'imposta.
L'atto deve inoltre indicare le generalità del titolare e dei collaboratori familiari e del rapporto di parentela o affinità con l'imprenditore ed essere sottoscritto dal titolare e da tutti i collaboratori familiari.
L’art. 5 del Tuir così disciplina tale istituto, ai fini delle II.DD.:
“I redditi delle imprese familiari di cui all'art. 230-bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell'ammontare risultante dalla dichiarazione annuale dell'imprenditore, possono essere imputati a ciascun familiare che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La disposizione si applica a condizione:
  1. che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;
  2. che la dichiarazione annuale dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo d'imposta;
  3. che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione annuale, di avere prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente”.
Con la sentenza della Cassazione, 5 settembre 2012, n. 14908, la Corte si pronunzia sulla vicenda che riguarda la prova dell'esistenza dell'impresa familiare e la quota di partecipazione agli utili dei familiari partecipanti, respingendo il ricorso del titolare dell'impresa e ribadendo che l'atto di predeterminazione delle quote di partecipazione agli utili dell'impresa, sia esso una mera dichiarazione di verità o un negozio giuridico (non incompatibile con la configurabilità dell'impresa familiare), è idoneo ad assolvere l'onere della prova sia dell'esistenza dell'impresa familiare, sia delle quote di partecipazione dei familiari (in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato) agli utili dell'impresa.
(...)  

L'articolo continua dopo la pubblicità

Scarica gratis  il commento  del dott. Bertolaso!
 
Il documento fa parte dell'abbonamento I COMMENTI DI FISCOETASSE, in promozione fino al 30 novembre 2014



TAG: Giurisprudenza Lavoro Autonomo Accertamento e controlli