Con il pronto ordini del 9 gennaio 2023, il CNDCEC risponde a dubbi sulla denominazione sociale e quorum decisionale di una STP.
In particolare, venivano posti i seguenti quesiti:
1) posto che l'art. 10, comma 5, della Legge n. 183/20 11 prevede che "la denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società tra professionisti'', tale previsione può considerarsi assolta con l'indicazione nella denominazione sociale dell'acronimo "S.T.P.?;
2) posto che l'art. 10, comma 4, lett. b), della Legge n. 183/201 prevede che "In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci''.
Si chiede se tale norma implichi, oltre che la necessità di prevedere statutariamente che ai soci professionisti siano attribuiti almeno i due terzi dei diritti di voto complessivamente esercitabili, anche:
- la necessità di prevedere statutariamente per le decisioni dei soci un quorum decisionale di due terzi, cioè che i soci possano adottare decisioni solo con il voto favorevole di almeno i due terzi dei voti complessivamente esercitabili (onde consentire che i voti dei soci non professionisti eventualmente esistenti possano essere determinanti nella formazione delle decisioni dei soci solo qualora siano in accordo con una parte significativa dei voti dei soci professionisti);
- l'impossibilità di prevedere statutariamente per le decisioni dei soci un quorum decisionale superiore ai due terzi (onde evitare che i soci non professionisti eventualmente esistenti possano bloccare le decisioni volute dai soci professionisti); si pensi ad esempio ad una STP in forma di società a responsabilità limitata che abbia tre soci, due professionisti ed uno non professionista, con uguale partecipazione al capitale ed agli utili ed uguale diritto di voto (un terzo ciascuno): ove lo statuto prevedesse per le decisioni dei soci un quorum decisionale del 70%, il socio non professionista avrebbe di fatto un diritto di veto.
Il CNDCEC risponde come segue:
- in merito al primo quesito si osserva che come precisa l’art. 10, comma 5, della legge n. 183/2001, la denominazione sociale della STP, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti. L’art. 9, comma 3, del D.M. n. 34/2013, colmando una lacuna della legge n. 183/2011, in occasione del procedimento di iscrizione della STP nella sezione speciale dell’Albo, accenna alla ragione sociale della società costituita e svolgente l’attività professionale con il modello delle società di persone.
Ne consegue che la STP, a seconda dei casi, indicherà nell’atto costitutivo la propria ragione sociale o la propria denominazione sociale formata secondo i criteri indicati nel codice civile per il tipo societario concretamente adottato, con la necessaria e ulteriore precisazione che si tratta di società tra professionisti. In tale prospettiva, si ritiene consentito utilizzare l’acronimo STP, con l’avvertenza che, né l’indicazione per esteso di società tra professionisti, né l’acronimo STP sono sostituitivi della precisazione del tipo societario adottato. - in merito al secondo quesito, si precisa che la regola enunciata nell’art. 10, comma 4, lett. b), legge n. 183/2011 impone che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale degli stessi sia tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o nelle decisioni dei soci, vale a dire che, nel rispetto delle regole proprie del tipo societario scelto in sede di costituzione della STP, i soci professionisti abbiano a disposizione un numero di voti almeno pari ai due terzi di quelli complessivi, in modo da favorire che la gestione della STP e l’assunzione delle decisioni più delicate sotto il profilo inerente all’attività professionale siano sottratte all’influenza del socio investitore o del socio per prestazioni tecniche. Pertanto, ancorché il socio non professionista non potrà mai disporre di più di un terzo dei voti, non chiarendo la legge che quello riservato ai professionisti è un quorum determinante per l’adozione delle decisioni o le deliberazioni dei soci, in alcune evenienze, il voto del socio investitore (o per prestazioni tecniche) potrebbe essere determinante per il raggiungimento del quorum previsto per l’assunzione della decisione.
Il CNDCEC in merito al quorum richiama l’Informativa n. 60 dell’8 luglio 2019, tramite la quale, il Consiglio Nazioanale, aderendo all’impostazione che tende a privilegiare i profili concorrenziali, ha chiarito che, pur ammettendo che sia consentita la costituzione di una STP in cui le maggioranze dei 2/3 in termini di numero di soci professionisti e di partecipazione al capitale possano non necessariamente ricorrere cumulativamente, sarà comunque indispensabile, tramite patti parasociali e/o clausole statutarie in base agli strumenti offerti dal codice civile, limitare la capacità decisionale dei soci non professionisti, in modo tale da evitare che questi ultimi possano influire sulle scelte strategiche della STP e sullo svolgimento delle prestazioni professionali.
Tali ultime prerogative, infatti, devono sempre essere mantenute in capo ai soci professionisti ai quali va comunque garantita la maggioranza dei 2/3 nelle deliberazioni e/o decisioni societarie, in modo tale da riservare a costoro il controllo della società.
Alla luce di tanto, nonostante la formulazione letterale del richiamato art.10 legge n. 183/2011 non consenta di addivenire a interpretazioni univoche, considerata la ratio della disposizione di legge che è stata, come accennato, di evitare che i soci non professionisti possano influire sulle scelte strategiche della STP1, si ritiene preferibile suggerire che, tramite previsioni di statuto, non venga “snaturato” il principio per cui il potere decisionale resti nelle mani dei soci professionisti.