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PRIMA CASA: NON SPETTA SE L'IMMOBILE NON È STATO COSTRUITO PER TEMPO

Prima casa: non spetta se l'immobile non è stato costruito per tempo

La Cassazione rigetta l'agevolazione prima casa se la categoria catastale non è stata variata nei tre anni dal rogito: i dettagli della Ordinanza n 25790-2025

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Cin l’ordinanza n. 25790-2025, la Cassazione ha chiarito che non è possibile applicare le agevolazioni “prima casa” all'acquisto di un immobile in corso di costruzione per mancata ultimazione dei lavori entro tre anni dalla data dell’atto, visto che la permanenza dell'immobile nella classificazione catastale F/3 suffraga la mancata ultimazione nel termine triennale, anche qualora il contribuente vi trasferisca la residenza e attivi le utenze

1) Prima casa: non spetta se l'immobile non è stato costruito per tempo

I soggetti ricorrenti hanno acquistato un immobile in costruzione, usufruendo delle agevolazioni fiscali "prima casa", con aliquota Iva al 4 per cento.
L'Agenzia delle entrate, a seguito di controlli, ha contestato la decadenza dalle agevolazioni poiché i lavori non erano stati ultimati entro il termine previsto di tre anni dalla data dell'atto.

Ciò rilevato ha emesso due avvisi di liquidazione con cui ha revocato l'aliquota Iva agevolata e recuperato l'imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine.

I contribuenti dopo essersi ricorsi alla CTP chiedendone l'annullamento, sono ricorsi alla CTP, visto il mancato accoglimento delle loro pretese.
Anche i giudici di secondo grado hanno confermato la revoca delle agevolazioni, poiché i contribuenti non avevano ultimato i lavori né regolarizzato catastalmente l'immobile entro tre anni dall'atto d'acquisto.

Nel ricorso in Cassazione i contribuenti sostengono che la mancata ultimazione dei lavori entro tre anni non sia una causa di decadenza prevista dalla legge e ritengono che l'elemento determinante per mantenere le agevolazioni, in caso di immobile in corso di costruzione, sia l'effettivo utilizzo dello stesso come abitazione principale: in questo senso, sottolineano che hanno prodotto prove documentali del trasferimento di residenza e delle utenze attive, mai contestate dall'ufficio.
La Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo corretta la decisione dei giudici regionali che hanno ritenuto la legittimità dell'avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ricorrendo la violazione dell'obbligo da parte del contribuente di ultimare la ristrutturazione entro i tre anni e, quindi, di richiedere l'attribuzione di una categoria e della relativa rendita, essendo l'immobile classificato come F/3, il che non può costituire motivo di aggiramento dei termini di accertamento da parte dell'ufficio.

Secondo la Cassazione la persistenza della categoria catastale F, non è idonea per usufruire di agevolazione “prima casa”, essendo una categoria “fittizia”.

Inoltre la  suprema Corte ha respinto l’ulteriore censura dei contribuenti, che hanno contestato la decisione dei giudici regionali  i quali non si sono pronunciati per l’incostituzionalità dell’articolo 75 del Dpr 633/1972. 

Secondo i ricorrenti, la norma nella parte in cui prevede che “il venti per cento dei proventi delle sanzioni pecuniarie è devoluto ai fondi costituiti presso l'amministrazione o il corpo cui appartengono gli accertatori, con le modalità previste con decreto del Ministro per le finanze” violerebbe il principio di imparzialità della Pubblica amministrazione poiché determinerebbe un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra l'interesse pubblico e quello economico dell'accertatore.
Nel respingere tale motivo, la Corte di Cassazione ritiene che, da un lato la norma citata attenga alla discrezionalità del legislatore, dall'altro, la destinazione delle somme e i presupposti dell'attività accertatrice, sono improntati a meccanismi automatici, predeterminati e obbligatori, come tali del tutto esulanti dal potere di scelta dell'organo accertatore, quindi non si può nemmeno porre un profilo di conflitto di interesse.

L'azione amministrativa, spiega la Cassazione, è comunque soggetta a principi di correttezza, legalità e buona amministrazione, che fungono da parametro di controllo idoneo a evitare, anche in astratto, la possibilità di una distorsione dell'esercizio del potere in favore di un interesse privato, arbitrario e non verificabile.

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