La Corte costituzionale, con la Sentenza n. 138 del 2025, si è pronunciata sul giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 80, comma 4 secondo periodo, del Dlgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), sollevato dal Consiglio di Stato.
Secondo il citato comma 4, il mancato pagamento di un debito tributario definitivamente accertato superiore al limite previsto dall’articolo 48-bis del Dpr n. 602/1973, che ricordiamo è di 5.000 euro, costituisce una grave violazione, con conseguente automatica esclusione dalle gare d’appalto.
Il Consiglio di Stato aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all’articolo 3 Costituzione, per contrasto con il principio di ragionevolezza e proporzionalità, perché il citato articolo 48-bis ha una ratio squisitamente esattiva, che riguarda l’attivazione di meccanismi compensativi e la sospensione dei pagamenti della PA, ritenendo che applicare tale soglia fissa, come causa di esclusione automatica per gli appalti, porta a risultati paradossali e sproporzionati.
Nella fattispecie oggetto di causa, un operatore economico era stato escluso per un debito fiscale di soli 18.000 euro in una gara d’appalto del valore di oltre 9,5 milioni di euro, con una sproporzione non giustificata dalla ratio legis intrinseca nella previsione del Codice degli appalti, ovvero la garanzia di affidabilità dell’operatore.
Secondo il giudice rimettente, la misura fissa di 5.000 euro dovrebbe essere integrata con il criterio di correlazione al valore dell’appalto, sull’esempio di quanto avviene per le violazioni fiscali non definitivamente accertate.
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