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COSTI NON ANCORA CERTI: CONDIZIONE DI DEDUCIBILITÀ DALLA CASSAZIONE

Costi non ancora certi: condizione di deducibilità dalla Cassazione

La Cassazione cambia rotta sulla deducibilità dei costi non ancora certi

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Con la sentenza n. 24485 depositata il 4 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per la fiscalità d’impresa: quando un costo o un ricavo legato a una controversia giudiziaria può essere imputato a bilancio ai fini fiscali.

La decisione introduce un principio interpretativo che si discosta sensibilmente dalla prassi consolidata dell’Amministrazione finanziaria e dalla precedente giurisprudenza di legittimità, riconoscendo rilievo prioritario al requisito della “certezza” rispetto a quello della competenza temporale.


La vicenda trae origine da un accertamento per l’anno d’imposta 2014, notificato a una azienda speciale comunale, nata da una scissione parziale.

L’Agenzia delle Entrate contestava due voci:

  • a deduzione nel 2014 di un costo da risarcimento derivante da una sentenza di primo grado del 2009, poi riformata in appello nel 2014;
  • l’omessa contabilizzazione nel 2014 del risarcimento attivo per danni indiretti stabilito nella sentenza di secondo grado, ma ancora oggetto di contestazione da parte della compagnia assicurativa.

La CTR aveva avallato la tesi dell’Ufficio, ritenendo che:

  • la sentenza del 2009, pur non definitiva, fosse esecutiva e che quindi il relativo costo dovesse essere imputato all’anno 2009;
  • le somme attive da risarcimento dovessero essere tassate nel 2014, a prescindere dalle contestazioni pendenti.

Vediamo la decisione della Corte di Cassazione, in controtendenza rispetto all'orientamento consolidato.

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1) Costi non ancora certi: principio Cassazione sulla deducibilità

La Corte di Cassazione ha censurato integralmente la motivazione della CTR, riaffermando che la sola esecutività formale non implica automaticamente la certezza fiscale del componente.

In particolare:

  • la sentenza del 2009 era stata sospesa dalla Corte d’Appello nel 2010 e successivamente riformata,
  • la certezza dell’obbligo di pagamento è maturata solo nel 2014, anno della sentenza definitiva.
  • le somme attive per risarcimento non dovevano essere tassate nel 2014, poiché contestate in modo non pretestuoso dalla compagnia assicurativa (sulla base della mancata copertura assicurativa dei danni indiretti).

Questo approccio rafforza l’idea che la contabilizzazione fiscale dei componenti da contenzioso non può avvenire automaticamente in base alla sentenza di primo grado, ma solo quando vi sia ragionevole certezza sia dell’an (esistenza del debito o credito) che del quantum (ammontare).

La Corte formula un principio che ha valenza generale, destinato a incidere in modo rilevante sulla prassi contabile e fiscale:Quando gli elementi attivi e passivi che concorrono a formare il reddito sono portati da un provvedimento emesso in seguito ad un giudizio di cui sia parte il contribuente, quest’ultimo non è tenuto a contabilizzarli se essi sono messi in discussione mediante la proposizione di mezzi di impugnazione ammissibili e non manifestamente infondati, dovendo la contabilizzazione essere effettuata solo quando quegli elementi siano divenuti ragionevolmente certi sia nell’an che nel quantum.”


La pronuncia non solo smentisce la posizione dell’Agenzia delle Entrate, ma si pone in contrasto con precedenti decisioni della stessa Corte di Cassazione.

Con questa decisione, invece:

  • il momento rilevante per la deducibilità o tassazione non è più la data della sentenza, ma il momento in cui il componente è “ragionevolmente certo”.
  • si introduce una valutazione sostanziale e prudenziale del principio di competenza.

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Fonte immagine: Chat gpt
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