L’intelligenza artificiale non è più un’ipotesi del futuro: oggi è già una realtà concreta anche nella professione forense. A confermarlo sono i risultati di una ricerca svolta in collaborazione tra l’Ordine degli Avvocati di Milano e Il Sole 24 Ore, presentata il 20 maggio 2025 durante la settimana “Talk to the Future”, evento organizzato dall’Ordine forense milanese. I principali risultati sono stati presentati in questi giorni da alcuni articoli nel quotidiano.
Vediamo i dati principali emersi dallo studio e dagli incontri presso l'Ordine.
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1) AI negli studi legali: i dati della ricerca
Lo studio ha mostrato come, in appena un anno, l’utilizzo abituale dell’AI da parte degli avvocati sia cresciuto dal 32,9% al 54,5%, con punte che superano il 74% tra i professionisti più giovani.
I dati rilevano una diffusione trasversale dell’AI a tutte le fasce d’età, anche se con modalità d’uso differenti:
- La maggior parte degli avvocati usa strumenti di intelligenza artificiale per semplificare le operazioni ripetitive o per ottenere sintesi di testi, mentre
- resta ancora limitato l’uso per la redazione di atti giuridici.
Inoltre, la contrattualistica si conferma il settore del diritto che più beneficia delle tecnologie intelligenti, al contrario dell’ambito giudiziario, che viene percepito come più esposto a rischi o resistenze.
Ecco i dati piu interessanti organizzati nella tabella seguente:
Indicatore | Valore |
---|---|
Avvocati che usano abitualmente l’AI (2025) | 54,5% |
Under 35 che usano l’AI | 74,4% |
Studi con >10 professionisti | 70% |
Uso dell’AI per sintesi testi (Under 35) | 80% |
Uso per ricerca giurisprudenziale (Over 55) | 47% |
Influenza dell’AI sulla preparazione dei casi | 72,9% |
Beneficio in contrattualistica (2025) | 69,2% |
Studi senza misure privacy AI | 40% (52% nei piccoli studi) |
Scettici sull’adozione dell’AI nei tribunali | 57% |
2) Differenze generazionali e tra tipologie di studi. il nodo Privacy
Una parte interessante dello studio riguarda la diversa modalità di utilizzo in base all’età degli avvocati. I professionisti sotto i 35 anni usano l’AI soprattutto per sintetizzare testi (80%), mentre questa percentuale scende al 42% tra gli over 55. Il trend si inverte per le ricerche giurisprudenziali, dove gli anziani superano i giovani (47% contro il 25%). Questi dati fanno emergere una predisposizione dei più giovani all’automazione di attività più operative, mentre i senior restano legati a strumenti di supporto più tradizionali.
Lo studio evidenzia anche differenze significative sia quantitative che qualitative, legate alla dimensione dello studio legale.
Negli studi con più di dieci professionisti, il tasso di utilizzo abituale dell’AI è del 70%, mentre tra i piccoli studi o i singoli professionisti, resta più contenuto.
Inoltre, circa il 40% degli avvocati dichiara di non aver ancora adottato misure specifiche per la protezione dei dati e della privacy quando impiega sistemi di AI.
La percentuale sale al 52% nei piccoli studi, segnalando un ritardo nell’adeguamento alle misure di sicurezza digitale.
Questo puo essere un serio fattore di rischio con cui fare i conti.
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3) AI negli studi legali: opportunità, vantaggi e prospettive
Nonostante il trend positivo nella diffusione dell’AI, permangono ostacoli e criticità.
In particolare, gli avvocati esprimono scetticismo sull’effettiva capacità del sistema giudiziario di adottare queste tecnologie in tempi rapidi. Il 57% degli intervistatirevede “molti ostacoli” all’introduzione dell’AI nelle istituzioni giudiziarie, per motivi che vanno dalla complessità normativa alla mancanza di competenze specifiche.
D’altro canto, l’uso crescente dell’intelligenza artificiale è visto anche come una leva di efficienza e competitività, soprattutto se affiancata da una formazione continua e da una cultura della consapevolezza. Come sottolineato dal presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, Antonino La Lumia, «l’AI non va temuta, ma concepita come uno strumento cooperativo».
Per evitare che le differenze di accesso alle tecnologie alimentino nuove disuguaglianze tra grandi e piccoli studi, è auspicabile un maggiore impegno delle istituzioni forensi per favorire l’adozione di piattaforme condivise e programmi di aggiornamento professionale.
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