Il diritto al lavoro ha fondamento costituzionale nell'art. 4: se, da un lato, la Repubblica promuove le condizioni che lo rendono effettivo, dall'altro, ogni cittadino ha il compito di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività che concorra al progresso della società.
In futuro, però, sarà ancora possibile ambire all'applicazione estesa del principio costituzionale?
Oppure la rivoluzione tecnologica rischia concretamente di annullare garanzie occupazionali e traguardi raggiunti da lotte sindacali e contratti collettivi?
Una ricerca del FMI presentata all'ultimo World Economic Forum ha spiegato che circa il 60% dei posti di lavoro si dovranno in futuro confrontare con strumenti AI, e che l’introduzione delle intelligenze artificiali potrebbe tradursi in calo della domanda di lavoro e conseguente riduzione degli stipendi.
Non è esclusa la scomparsa di alcune professioni, alimentando diseguaglianze economiche e nuove tensioni sociali.
Sulla stessa linea d'onda un'analisi Goldman Sachs: l'AI sarà in grado di incrementare del 7% il PIL globale, ma con il rischio di perdere ben 300 milioni di posti di lavoro.
Il fine della crescita globale, della maggior produttività e della riduzione dei costi, giustifica i mezzi?
E in riferimento all'Europa quali prospettive ci sono? In Italia che cosa ci si può aspettare?
Per rispondere a queste e altre domande leggi l'approfondimenti di Claudio Garau Automazione e licenziamento: il futuro incerto del diritto al lavoro su Blastonline.it
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