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VIOLAZIONE DELLE MISURE RESTRITTIVE DELL’UNIONE EUROPEA

Violazione delle misure restrittive dell’Unione europea

La Direttiva (UE) 2024/1226 tra nuove fattispecie penali e responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001

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Con il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 151 è stata annunciata l’approvazione, in esame definitivo, dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2024/1226, relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell’Unione europea e alla modifica della direttiva (UE) 2018/1673. Il provvedimento rappresenta un passaggio di particolare rilievo nel processo di rafforzamento dell’enforcement delle sanzioni economiche dell’Unione europea, incidendo in modo diretto sull’assetto penalistico nazionale e introducendo un quadro più strutturato e coerente di repressione delle violazioni delle misure restrittive.

La direttiva 2024/1226 si inserisce in un contesto unionale caratterizzato da un utilizzo sempre più pervasivo delle sanzioni economiche quali strumenti della politica estera e di sicurezza comune. Le recenti esperienze applicative hanno messo in evidenza come la marcata eterogeneità dei regimi sanzionatori nazionali costituisse un elemento di vulnerabilità del sistema, riducendo l’effettività delle misure restrittive e incentivando fenomeni di disallineamento applicativo tra Stati membri.

L’intervento normativo non si limita, dunque, a una razionalizzazione della disciplina esistente, ma attua una precisa scelta di politica penalistica, valorizzando la rilevanza delle misure restrittive quali strumenti di tutela di interessi sovranazionali e riconducendo le relative violazioni a fattispecie penali autonome, collocate nel codice penale. In tale prospettiva, il decreto costituisce il punto di arrivo di un percorso avviato su impulso unionale e sviluppatosi secondo il consueto iter di recepimento delle direttive europee.

1) Il quadro previgente e i limiti dell’assetto sanzionatorio nazionale

Nel sistema italiano previgente, la disciplina delle violazioni delle misure restrittive dell’Unione europea risultava frammentata e, in larga parte, adattata a schemi normativi concepiti per finalità differenti. Un ruolo centrale era svolto dal D.Lgs. 221/2017, adottato in attuazione della normativa europea in materia di esportazioni e controlli sui beni a duplice uso, che aveva esteso il proprio ambito applicativo anche a talune violazioni delle misure restrittive UE.

Tale estensione rispondeva all’esigenza di garantire un presidio sanzionatorio in assenza di una disciplina penale specificamente dedicata alle sanzioni economiche internazionali. Tuttavia, il decreto 221/2017 nasceva per disciplinare un ambito – quello del dual use – fondato su un regime di controllo e autorizzazione preventiva, nel quale l’operazione economica è lecita salvo diniego dell’autorità competente. Le misure restrittive UE, invece, operano attraverso divieti diretti e immediatamente applicabili, che colpiscono beni, servizi, soggetti o operazioni in funzione di obiettivi di politica estera e sicurezza comune (come dimostrato, ad esempio, dall’evoluzione del Regolamento n. 833/2014 nei confronti della Federazione Russa).

In altri termini, mentre la normativa dual use presuppone una valutazione ex ante dell’operazione economica, affidata all’autorità competente, le misure restrittive impongono obblighi e divieti immediatamente vincolanti, la cui violazione prescinde da qualsiasi procedimento autorizzatorio. La sovrapposizione, all’interno del D.Lgs. 221/2017, di disposizioni riferite a logiche di controllo amministrativo e di sanzioni per la violazione di divieti unionali ha così progressivamente mostrato i propri limiti, soprattutto con riferimento a fattispecie complesse quali l’elusione delle sanzioni, l’impiego indiretto di fondi o risorse economiche congelate, l’omessa comunicazione alle autorità competenti o le operazioni di importazione vietata.

2) Il superamento dell’art. 20 del D.Lgs. 221/2017

In questo contesto si colloca la scelta, chiaramente emergente dallo schema di decreto sottoposto a parere parlamentare, di superare il fulcro sanzionatorio rappresentato dall’art. 20 del D.Lgs. 221/2017 per quanto concerne le violazioni delle misure restrittive dell’Unione europea. Tale disposizione, che aveva sino ad oggi costituito il principale riferimento penale per la violazione dei regolamenti UE in materia di sanzioni economiche, è destinata all’abrogazione, ferma restando la perdurante applicabilità delle previsioni del decreto 221/2017 in materia di beni a duplice uso.

La scelta del legislatore appare coerente con l’obiettivo di separare in modo netto la disciplina delle misure restrittive da quella dei controlli sulle esportazioni, attribuendo alle prime un autonomo statuto penalistico, non più ancillare rispetto a un testo normativo concepito per finalità differenti.

3) Le nuove fattispecie penali e la collocazione nel codice penale

Il nucleo centrale del nuovo impianto normativo risiede nell’introduzione, nel codice penale, di una autonoma categoria di reati rubricata come “Delitti contro la politica estera e la sicurezza comune dell’Unione europea”. Tale collocazione codicistica conferisce alle misure restrittive una tutela penale diretta e sistematica, qualificando la loro violazione come lesione di interessi pubblici di rango sovranazionale.

All’interno di tale ambito viene delineato un nuovo Capo I-bis, volto a raccogliere in modo organico le fattispecie penali connesse alla violazione delle misure restrittive UE. Le condotte sanzionate comprendono non solo la violazione diretta dei divieti imposti dai regolamenti europei – quali l’importazione o l’esportazione di beni vietati, la messa a disposizione di fondi o risorse economiche a soggetti designati o il mancato congelamento di beni – ma anche comportamenti elusivi e indiretti, idonei ad aggirare l’efficacia delle misure restrittive.

Rientrano così nell’area del penalmente rilevante anche l’inosservanza degli obblighi informativi nei confronti delle autorità competenti, la violazione delle condizioni eventualmente previste nei provvedimenti autorizzativi rilasciati in deroga ai divieti unionali, nonché le condotte volte a schermare la titolarità effettiva di fondi e risorse economiche. In tal modo, il nuovo impianto normativo mira a presidiare l’intero ciclo di attuazione delle misure restrittive, colpendo non solo la violazione finale del divieto, ma anche le strategie di aggiramento sistematico delle sanzioni UE.

4) La rilevanza delle violazioni colpose

Un ulteriore profilo di particolare rilievo è rappresentato dalla previsione di ipotesi di violazione colposa delle misure restrittive dell’Unione europea. L’estensione della rilevanza penale anche a condotte non sorrette da dolo amplia sensibilmente l’area del penalmente rilevante e rafforza l’effetto preventivo della disciplina, in linea con l’impostazione della direttiva 2024/1226.

Sotto il profilo sistematico, tale scelta valorizza una concezione “organizzativa” della colpa, nella quale errori, omissioni o carenze nei sistemi di controllo interno assumono autonoma rilevanza, soprattutto in contesti aziendali complessi e ad alto rischio sanzionatorio. In questa prospettiva, la violazione colposa può derivare non solo da condotte materiali, ma anche da assetti organizzativi inadeguati.

5) Responsabilità degli enti, impatto sulla compliance e controlli: il ruolo dell’autorità doganale

Coerentemente con le indicazioni della direttiva, le violazioni delle misure restrittive vengono ricondotte anche nell’ambito della responsabilità da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/2001. Le sanzioni a carico delle imprese risultano commisurate al fatturato globale dell’ente e accompagnate da sanzioni interdittive, con un impatto potenzialmente rilevante sulla continuità aziendale.

In tale contesto, gli operatori economici saranno chiamati ad intervenire anzitutto attraverso una puntuale mappatura dei rischi (risk assessment) connessi alle violazioni delle misure restrittive dell’Unione europea, quale presupposto indispensabile per l’adeguamento dei modelli di organizzazione, gestione e controllo. La revisione dei modelli 231 non potrà limitarsi a un’integrazione formale del catalogo dei reati presupposto, ma dovrà muovere da un’analisi sostanziale dei processi aziendali esposti al rischio sanzionatorio.

Sotto questo profilo, un utile punto di partenza operativo potrà essere individuato nei presidi già richiesti dalla normativa unionale vigente. In particolare, il Regolamento (UE) n. 833/2014, come modificato, ha introdotto – a decorrere dal 26 dicembre 2024 – specifici obblighi in capo agli operatori dell’Unione che esportano prodotti comuni ad alta priorità elencati nell’allegato XL. Tali operatori, a prescindere dal mantenimento di una presenza in Russia, sono tenuti ad adottare misure appropriate per individuare e valutare i rischi di esportazione in Russia o per un uso in Russia di tali beni o tecnologie, assicurando che le valutazioni siano adeguatamente documentate e periodicamente aggiornate.

Il medesimo quadro normativo richiede, inoltre, l’attuazione di politiche, controlli e procedure idonei ad attenuare e gestire efficacemente tali rischi, in proporzione alla natura e alle dimensioni dell’operatore, nonché l’estensione di analoghi presidi di controllo alle persone giuridiche, entità o organismi stabiliti al di fuori dell’Unione che siano di proprietà o sotto il controllo dell’operatore UE e che vendano, esportino, forniscano o trasferiscano i prodotti di cui all’allegato XL.

Questi obblighi, pur nati in un contesto regolatorio specifico, offrono indicazioni metodologiche di immediata rilevanza anche ai fini dell’adeguamento dei modelli 231, delineando un approccio strutturato alla gestione del rischio sanzioni UE fondato su valutazione preventiva, documentazione delle scelte organizzative e controllo delle operazioni transfrontaliere. In tale prospettiva, l’integrazione tra compliance sanzionatoria e responsabilità degli enti assume una funzione centrale nel nuovo assetto delineato dallo schema di decreto.

Sul versante dei controlli, il nuovo assetto normativo si innesta su un quadro già in evoluzione. Il D.Lgs. 141/2024 ha attribuito all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli specifici poteri di verbalizzazione non solo in materia di fiscalità di confine e corretto esercizio dei regimi doganali, ma anche in relazione alle violazioni di divieti e restrizioni. Accanto alla Guardia di finanza, l’autorità doganale è quindi destinata a svolgere un ruolo centrale anche nell’accertamento delle nuove fattispecie penali.

Il rafforzamento del profilo extra-tributario dell’azione di controllo conferma il progressivo affiancamento tra tutela fiscale e tutela dell’ordine pubblico economico, segnando un passaggio decisivo verso un modello più integrato e coerente di enforcement delle sanzioni economiche dell’Unione europea.

Fonte immagine: Foto di Pexels da Pixabay
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